Religione

Che fine ha fatto Dio? La Salerno-Reggio Calabria come metafora della fede

5 Dicembre 2015

Davanti alle contraddizioni della storia, davanti alla spartizione del potere, in mezzo all’immondizia che ha invaso gli spazi sacri (come se da lungo tempo nessuno passasse più a raccoglierla), davanti ai tradimenti più o meno meschini che continuiamo a perpetrare solo per il gusto di vedere la sofferenza dell’altro, ti chiedi ragionevolmente dove sia finito Dio. Forse si è stancato di noi?

Penso che Luca avesse davanti a sé una situazione non molto diversa dalla nostra. Forse non a caso inizia il suo racconto da un lettura storica del suo tempo, ma una lettura che nasconde una profonda visione critica dietro l’apparente freddezza del dato storico: Luca ci presenta infatti un modo diviso, la spartizione del potere, un conflitto permanente per assicurarsi il proprio pezzo di mondo.

E persino il potere religioso è presentato come ambiguo, doppio: Luca sa bene che solo Anna è il vero sommo sacerdote in carica, eppure parla di Anna e Caifa, perché sa bene che, nonostante Caifa non sia più sommo sacerdote, continua ad esercitare una forte influenza. Il Sommo sacerdote è uno, ma qui viene presentato come doppio. È il potere religioso stesso ad essere diventato ambiguo.

È in una storia concreta, problematica e complessa, dunque, che Dio parla. In un momento preciso del tempo, in una situazione reale, molto simile a quella di ogni tempo. Quasi come se Luca volesse invitarci a vedere anche il nostro tempo, quel tempo concreto di ogni lettore, come il tempo possibile, propizio, dentro cui Dio è capace di parlare.

Dio è la parola impossibile: colui che parla, Giovanni battista, è il figlio di un muto. La voce viene da chi non ha voce. A Zaccaria, il papà di Giovanni, la parola è stata tolta. Come Dio ha tolto la parola a Zaccaria, così adesso la dona a Giovanni, il figlio. Dunque, se Giovanni battista parla, non è perché suo padre glielo ha insegnato, ma perché Dio si fa parola in lui. Giovanni è la voce, è il suono, che trasforma in parola il pensiero di Dio.

Ma per ascoltare questa parola non si può rimanere nei luoghi del potere. Là Dio non parla. La parola è esiliata, rifiutata, rimandata indietro. Giovanni non parla a Gerusalemme o nel tempio, ma nel deserto. Non nella città, luogo del potere, delle attività umane, ma nella terra arida, nell’adama della Genesi, là dove Dio vuole rifare la creazione.

Dio parla dove il deserto può rifiorire. Il deserto è il luogo in cui Israele ha camminato, là dove Israele si è sentito solo, minacciato, abbandonato. Ma il deserto è stato anche il luogo dove Dio si è rivelato, dove Israele ha imparato a conoscere Dio e a fidarsi di lui. Il deserto è il luogo dove Dio ha parlato e dove continua a parlare.

Forse è anche il deserto della nostra vita, il tempo della nostra solitudine, della nostra aridità, il luogo dove prendono forma le nostre paure.

Giovanni comincia a parlare dalla regione del Giordano, come se si trattasse proprio di un nuovo inizio. Il Giordano infatti era il limite invalicabile, la soglia che aveva segnato l’ingresso nella terra promessa. Ritornando al Giordano, Giovanni vuole suggerire la possibilità di rinnovare quell’inizio, entrare di nuovo nella terra promessa. E infatti sarà lì che Gesù lo raggiungerà, per prendere il nuovo popolo di Dio e farlo entrare nella nuova terra promessa che è la vita eterna.

Se infatti Israele nella sua storia ha camminato verso la terra, se Israele ha costruito strade per arrivare a Dio, si è messo in cammino per uscire dalla terra dell’esilio e tornare nella terra dei padri, adesso è Dio che viene incontro all’uomo.

Non si tratta più di costruire strade esteriori per poter camminare verso Dio, ma si tratta di preparare la strada interiore per lasciare che Dio venga ad incontrarci. È lui che ti sta cercando, che sta cercando Adamo fin dal giorno in cui ha lasciato il giardino dell’Eden.

La strada di cui parla Isaia non è più dunque una strada su cui camminare, ma è una strada attraverso cui lasciar venire Dio dentro di noi:

Prepara la strada dentro di te, affinché Dio possa raggiungere il tuo cuore!

Riempi i burroni della disperazione e dello sconforto, perché a volte è proprio quella la distanza che metti tra te e Dio.

Abbassa le montagne dell’orgoglio e della superbia, perché a volte è proprio quello che ti impedisce di vedere Dio che viene verso di te.

Abbandona i pensieri tortuosi, quelli dentro i quali ti aggrovigli, ti struggi, quelli su cui rimugini, perché è proprio quello che complica l’incontro con Dio.

Guarda bene i sentieri che ti sembrano impossibili, perché forse è proprio da lì che Dio ha scelto di passare.

*

Testo

Lc 3,1-6

Leggersi dentro

Credi davvero che Dio possa parlare dentro la storia di questo tempo?
Quali lavori stradali puoi iniziare per lasciare che Dio entri nella tua vita?

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