Ambiente
Perché abbiamo veramente bisogno della Nature Restoration Law
Il 12 luglio il Parlamento europeo ha approvato la Nature Restoration Law, legge che stabilisce obiettivi vincolanti per frenare la perdita di biodiversità in UE. Ad oggi, più dell’81% degli ecosistemi dell’Unione sono a rischio, e in Italia la situazione non è migliore
Mercoledì 12 luglio il Parlamento europeo ha approvato la Nature Restoration Law, la prima legge che stabilisce dei veri e propri obblighi per gli Stati Membri al fine del ripristino, entro il 2030, di almeno il 20% delle superfici terrestri e acquatiche dell’Unione Europea – nonché di tutti gli ecosistemi degradati entro il 2050. L’approvazione della legge, arrivata con 336 voti favorevoli, 300 contrari e 13 astenuti, non è stata affatto scontata. Al contrario, la Nature Restoration Law è il risultato di un travagliato iter negoziale tra la Commissione Ambiente Parlamento Europeo (ENVI) e gli Stati Membri che, nelle precedenti votazioni del 12 e 20 giugno, si erano schierati 44-44 tra favorevoli e contrari impedendo così l’approvazione del testo.
In particolare, erano stati gli eurodeputati del PPE – di maggioranza nel Parlamento – ad aver impedito l’adozione della Nature Restoration Law. Stando alle destre europee, alcune disposizioni della legge (come, ad esempio, quella sulla riduzione dei pesticidi o sul ripristino del 10% della superficie agricola) avrebbero infatti potuto comportare, con il loro “impatto dannoso”, “severi rischi” per l’economia europea.
Al voto del 12 luglio, però, qualcosa è andato diversamente e circa 21 eurodeputati del PPE tra cui l’irlandese Frances Fitzgerald e la finlandese Sirpa Pietikäinen hanno scelto di non seguire le raccomandazioni di partito ma di votare, “secondo coscienza”, per l’approvazione del testo di legge.
Del resto, questa presa di coscienza non stupisce: a favore della Nature Restoration Law si erano schierati, fin dall’inizio, più di 6000 tra ricercatori e scienziati, attivisti del calibro di Greta Thunberg, i CEO di 90 grandi imprese (tra cui Nestlé, Coca Cola e Ikea), associazioni ambientaliste come Greenpeace, Legambiente e Lipu e circa un milione di cittadini europei.
Così, tra l’esultanza degli eurodeputati, la legge – seppur con alcuni emendamenti non da poco – è passata e, avviati i negoziati con gli Stati membri, verrà elaborato un testo da approvare definitivamente prima della sua entrata in vigore.
A cosa serve la Nature Restoration Law?
Pensata come strumento chiave per il Green Deal Europeo e caposaldo del c.d. “Pacchetto natura” già approvato dalla Commissione europea nel giugno 2022 per il ripristino degli habitat dell’Unione, la Nature Restoration Law stabilisce una serie di obblighi vincolanti per gli Stati Membri per la realizzazione di obiettivi specifici in materia di biodiversità e salute. Precisamente, la legge individua cinque traguardi da raggiungere nei prossimi vent’anni: il ripristino degli ecosistemi terrestri e marini (20% entro il 2030 – 100% entro il 2050), il recupero degli ecosistemi urbani (garantendo la presenza di almeno il 10% di copertura arborea in centri abitati e città entro il 2030), la ricostituzione di almeno 25000 km di fiumi a scorrimento libero, e la riqualificazione degli ecosistemi agricoli da attuarsi incrementando gli stock di carbonio nei suoli e tutelando gli impollinatori.
L’obiettivo finale della legge, come stabilito dalla Commissione europea, è quello di invertire il declino ambientale dei territori dell’Unione Europea: nonostante le iniziative internazionali e adottate dall’UE, infatti, il degrado degli ecosistemi prosegue a un ritmo allarmante danneggiando persone, economia e clima. In particolare, un recente studio eseguito nell’ambito della valutazione della strategia UE sulla biodiversità fino al 2020 mostra che, tra il 2011 e il 2020, l’Unione non è riuscita a recuperare nemmeno il 15 % degli ecosistemi degradati che si era proposta di riqualificare, e che le prospettive per biodiversità ed ecosistemi sono davvero poco incoraggianti. Attualmente, infatti, si stima che in Europa circa l’81% degli habitat siano in cattive condizioni, e almeno 1677 specie animali (tra cui volpe artica, orso polare, e una su dieci tra api e farfalle) rischino l’estinzione.
Tali condizioni, poi, si sarebbero ulteriormente aggravate negli ultimi cinque anni: secondo l’International Union for the Conservation of Nature (IUCN), solo nel 2015 in Europa si sono estinte 36 specie, e la velocità con cui sta proseguendo il declino della biodiversità e l’aumento di disastri e catastrofi naturali sta vertiginosamente aumentando con serie conseguenze sulla salute e sicurezza della popolazione.
Per questo, secondo la Commissione europea, è necessario intervenire con urgenza: il mondo e l’Europa dispongono di un margine di tempo molto breve per riuscire a garantire ai propri cittadini un futuro vivibile, prima che il degrado dei sistemi naturali porti a conseguenze irreversibili.
Biodiversità ed ecosistemi: la condizione dell’Italia
In questo quadro poco rassicurante, come si inserisce il nostro paese? Grazie alle sue caratteristiche climatiche e topografiche, nonché alla posizione centrale nel Mediterraneo, l’Italia rappresenta uno dei c.d. ‘hotspot’ di biodiversità definiti su scala planetaria, ovvero una di quelle regioni della terra con altissimi livelli di diversità biologica, ma minacciati costantemente dall’attività umana. Come riportato dal WWF, infatti, in Italia il 68% degli ecosistemi è a rischio: ogni anno, circa 77 km quadrati di suolo vengono consumati dall’espansione urbana e la quasi totalità degli habitat terrestri e marini è costantemente minacciata da attività umane che danneggiano l’ambiente circostante. Stando ai più recenti dati ISPRA, poi, più di 160 specie animali (tra cui il 23% dei mammiferi e quasi il 50% dei pesci d’acqua dolce) sono oggi a rischio d’estinzione, e in molte aree geografiche fortemente antropizzate la sopravvivenza degli animali è sempre più difficile. In particolare, sono fenomeni come la frammentazione degli habitat, l’inquinamento, l’eccessiva urbanizzazione e l’allevamento e l’agricoltura non sostenibili a mettere a repentaglio la fauna terrestre e marina, creando situazioni di forte conflitto tra uomo e natura che portano a una serie di ripercussioni economico-sanitarie e, in alcuni casi, a rischi per l’incolumità pubblica.
Per questo, come ha dichiarato mercoledì César Luena, parlamentare socialista e relatore Nature Restoration Law, “Questa legge fa bene anche a coloro che hanno votato contro”: se vogliamo continuare a convivere con i nostri ecosistemi, non possiamo fare a meno di impegnarci per frenare il declino di habitat e biodiversità. Ne va, oltre che dell’ambiente, della sicurezza e la salute di ognuno di noi.
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