Che cosa può raccontare una sciara

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17 Luglio 2023

LENTINI. È sempre interessante rendersi conto di come, nel crearsi di un’opera d’arte, in questo caso di una coreografia, da un’idea di base, nucleare, generativa (una domanda, una scoperta, un nucleo emotivo, un pensiero, un’emozione che nasce da un lampo dell’intelligenza) si dispieghi, concretizzandosi in forma, un’intera costruzione mimetica e di come questo lavoro di formalizzazione possa a sua volta incontrare o generare, altre idee che, interferendo a loro volta con quella generativa, arricchiscono, sbilanciano o mantengono aperta l’opera nella sua potenzialità comunicativa. È quanto vien fatto di pensare in relazione a “Sciara 2”, la coreografia costruita e diretta da Salvatore Romania e Laura Odierna per Petranuradanza, vista il 5 luglio nel contesto del Festival di danza contemporanea Naranji. Un festival molto interessante e da tener d’occhio nel suo evolversi che si è tenuto, in seconda edizione, a Lentini nel Siracusano dal 3 al 9 luglio. Il tutto nel bellissimo e misterioso Palazzo Beneventano. A danzare ci sono lo stesso Romania con Francesco Bax, Alessandro La Rosa, Mauro Fortunato, Francesco Paglialonga, Konstyantyn Hryhor’yev. In scena anche due percussionisti: Alessandro Borgia, Christian Palermo. Le musiche utilizzate, come sempre di grande impatto nel percorso di questi artisti, sono di Karl Orff , Karlheinz Stockhausen, Armand Amar, Alessandro Borgia. Il testo recitato e inciso nel fluire dell’accadimento scenico è di Romania e di Leonardo Mercadante.

All’inizio, ma è più giusto dire al centro, della coreografia Romania e Odierna collocano una domanda che declinano nel modo più diretto e semplice possibile: che cosa rende una terra “la mia terra”, che cosa la rende patria, madre patria, nazione. Dal preistorico riconoscersi in comunità di un gruppo di uomini e donne allo stabilire una diretta, mitica e “naturale” filiazione da una determinata terra o un possesso stabile ed esclusivo di essa c’è un salto logico che implica forse percezione di una strutturale fragilità e quindi poi cultura, memoria, elaborazione simbolica, mitologica, riflessione magica e poi religiosa, elaborazione e sintesi linguistica, capacità di confronto e possibilità di superare il confronto o scontro con altre comunità (diverse, più o meno diverse, ostili, alleate, nuove, in movimento territoriale). Sulla focalizzazione e sull’indagine di questo tipo di vicende ancestrali molto si è riflettuto nei secoli e nel novecento è sorta, come è noto, una nuova disciplina scientifica (l’antropologia culturale) ma ciò non toglie che, a rifletterci bene, non occorrono grandi strumenti culturali per percepire ancora il lampo, vertiginoso e sbigottito, dell’intelligenza che riflette su sé stessa e su esperienze e temi che permangono nel nostro dna culturale. Esperienze, temi e processi che, inevitabilmente, i processi di cambiamento naturale e antropico (si pensi oggi ai grandi fenomeni migratori, alla globalizzazione culturale ed economica, ai cambiamenti dovuti all’incremento della tecnologia e a quanto sta accadendo per i cambiamenti climatici), s’incaricano di mettere continuamente (e fortunatamente) in dubbio e in discussione. Ecco, il nucleo generativo, il cuore, il concept di questa nuova coreografia di Petranuradanza è proprio questo sbigottimento dell’intelligenza di fronte al rapporto tra l’uomo e la (sua) terra. Il percorso di immagini, situazioni, motivi, allusioni, riflessioni parole, accenti comici e dialettali (ci sarebbe molto da dire sul senso di questa torsione comica e dialettale), maschere, che viene proposto non è solo interessante per la potenza del linguaggio coreografico che questi artisti siciliani hanno lentamente elaborato e continuano ad affinare, ma è notevole perché quel quesito iniziale, quel centro propulsore d’emozione e pensiero ritorna a vivificare e a riempire di senso e necessità politica ogni singolo quadro, gesto, movimento, segmento di danza.

Si parte dalla rievocazione simbolica di un paesaggio che richiama la “sciara” lavica: pur nella sua nera e tagliente asprezza, essa è terra fertile, madre per molti siciliani. Nel contesto di tale paesaggio è proprio questa maternità (autoctonia o identità acquisita per ancestrale conquista) che s’indaga: dal mito di Prometeo – probabilmente considerato iniziatore di un pensiero volto alla trasformazione della terra e rievocato nella potente interpretazione musicale di Karl Orff con le parole di Eschilo recitate in greco antico – alle storie di migrazioni e colonizzazioni mitiche e antichissime, per passare dalle storie di noi – esattamente noi europei, italiani, siciliani – poveri e migranti (non accolti, mal sopportati, diffamati, sfruttati, ghettizzati) a quelle tragiche e troppo spesso anonime, non riconosciute e non narrate, di chi oggi intraprende la strada della migrazione e spesso non trova altro che la ferocia di quel grande cimitero che si apre nel ventre del Mediterraneo. È chiaro che questa vicenda tipicamente umana delle migrazioni è intimamente legata, anche se e contrario, alle costruzioni mitiche, identitarie e chiuse dell’autoctonia o delle conquiste che si trasformano in possesso stabile, naturale, indiscutibile, eterno. Intimamente legata a queste costruzioni culturali, implicata in esse e, al contempo, da esse negata radicalmente e avversata culturalmente e politicamente perché capace di svelarne la natura culturale, la falsità violenta, l’inconsistenza. In conclusione, ciò che appare interessante in questo spettacolo e, in generale, nel lavoro creativo di Odierna e Romania, non è tanto la capacità di riempire di senso il disegno coreografico, quanto quella di riuscire a proporre una archeologia del corpo e del gesto di danza che quanto più appare misteriosa, necessariamente aperta, indeterminata tanto più si rivela affascinante e feconda di pensiero.

Sciara 2.

Prima Nazionale, 5 luglio 2023, Naranii Festival Lentini, Palazzo Beneventano. Compagnia Petranuradanza, Coreografie e Regia di Salvatore Romania e Laura Odierna. Danzatori: Salvatore Romania, Francesco Bax, Alessandro La Rosa, Mauro Fortunato, Francesco Paglialonga, Konstyantyn Hryhor’yev. Percussionisti: Alessandro Borgia, Christian Palermo. Musiche: Karl Orff , Karlheinz Stockhausen, Armand Amar, Alessandro Borgia. Testo Salvatore Romania e Leonardo Mercadante. Oggetti di scena Salvatore Romania. Produzione: Megakles Ballet con il contributo del MIC e Assessorato Turismo Sport Spettacolo Regione Sicilia.

Crediti fotografici: Salvo Vinci.

TAG: Danza, Danza contemporanea
CAT: Teatro

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