Bilancio di Ferragosto – Le fatiche di Ercolino Renzi e sapientino Penati

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17 Agosto 2016

Come tutti gli anni, sotto l’ombrellone a Ferragosto, si fa il bilancio e si preparano le fatiche autunnali per cercare di chiudere l’anno in bellezza o limitare i danni.

Le fatiche quest’anno si preannunciano ardue per i nostri due eroi preferiti, da cui – nel breve termine – dipende il destino del paese. Vediamo a che punto siamo.

Partiamo da Renzi. Vicino casa sua, a Piombino, Issad Rebrab, presidente del Gruppo Cevital, ha buttato la palla avanti dando mandato nientepopodimeno che a Profumo per trovare i soldi. Il problema è che i soldi ce li deve mettere prima lui (come aveva promesso) e, se non ne mette tanti, nessuno gli darà fiducia su un’acciaieria che è fallita tante volte. A poco serve evitare le domande di Gatti e poi fare comunicati stampa tramite Siderweb che imbarazzata gli ricorda che al massimo si convoca una conferenza stampa e, come in tutti i paesi civili, ci si confronta.

Chissà poi se Profumo, occupato assieme alla moglie a cercare casa (per fortuna a Milano e non a Londra come il rivale Nagel) troverà anche il tempo per cercare i soldi per Rebrab. Chissà chissà di chi sarà la manina che ha suggerito ad Azzi (AD di Piombino) e Rebrab di andare da Profumo. E perchè Profumo si prende un incarico così difficile e con risvolti reputazionali alquanto delicati. I migliori auguri…

Poi c’è l’ILVA con Arvedi che cerca di comporre la sua cordata, certo non aiutato dai tentati golpe in Turchia. Arcelor Mittal e la Marcegaglia che si chiedono perchè CDP stia solo con Arvedi. Qualche faccendiere al Ministero dello Sviluppo Economico suggerisce di unificare le due cordate. Così, nella confusione generale, si spartiscono meglio le spoglie di uno degli impianti più efficienti d’Europa e si evita che occhi indiscreti guardino qualche strano contratto fatto nel frattempo da qualche commissario poco attento ai conflitti d’interesse (eufemismo). Ma Calenda si è preso come consulente Bondi che ingenuo non è. Probabilmente CDP sta con Arvedi perché il Governo ha capito che Arvedi è l’unica soluzione che salvaguarderebbe Taranto, e quindi noi tifiamo per lui, sperando che trovi qualche utile alleato lungo la strada.

Sulle quattro banche (cosiddette salvate) il disastro preannunciato si è verificato. Offerte risibili arrivate in primis da Apollo. Il fondo americano, però chiede anche garanzie, che potrebbero portare il valore della sua offerta prossima allo zero. È la legge del mercato, amici miei, e con un venditore forzato (fondo interbancario) dalla Comunità Europea ed una scadenza (già rinviata più volte) a settembre, Apollo giustamente gestisce al meglio i suoi interessi (il famoso cinese che aspetta il cadavere sul letto del fiume). Il Governo è rimasto sorpreso dalla valutazione risibile dopo gli erculei sforzi compiuti per il (cosiddetto) salvataggio. In Banca d’Italia non capiscono cosa possa essere successo, visto che erano stati assistiti da un blasonato consulente nell’escogitare il piano di salvataggio delle 4 banche. Il fatto che il nome del consulente non sia mai apparso, forse deve far riflettere i nostri vigilantes di via Nazionale.

La CR Chieti la può salvare la Popolare di Bari (ma ai baresi chi li aiuta? Il prezzo delle azioni è ancora altino, nonostante la recente svalutazione del 20% preceduta da una maxicessione di azioni, supponiamo ad Aviva… indicativa di svalutazioni in arrivo), ma le altre tre chi se le prende?

Su Generali, finalmente dopo le nostre riflessioni del 28 giugno, Corriere (Massaro) e Repubblica (Greco) ad agosto hanno dedicato un po’ di attenzione. Casualmente dopo che Mediobanca ha perso (per fortuna!) la corsa a RCS. Qualche giornale l’ha bollata come boutade estiva per far vendere qualche titolo (ma l’editore del Messaggero, sempre ben informato, non stava comprando a man bassa?).

Noi, come anticipato in tempi non sospetti, riteniamo che non siano rumors estivi. I giornalisti hanno guardato al dito (Bollorè) e non alla luna (chi guida lui e Donnet). Qualcuno che in questo periodo si agita molto dietro le quinte. Su questa partita Renzi ci dirà se vuole sviluppare il paese e rafforzare la sua posizione di leader in Europa e nel mondo, o se vuole partecipare alle svendite, propiziate da Monti (finora abbiamo perso Italcementi, Pirelli,…). Tanto se il paese non conta più nulla alla Three Eyes non lo considereranno (anche se gli porta i doni).

Infine la sfida erculea del Montepaschi, dove oltre a Renzi incrociamo anche Penati. La garanzia di JP Morgan e Mediobanca non è una garanzia ferma. Il mercato l’ha capito ed ha punito le banche in borsa. MPS non è ancora salvo, a dispetto degli annunci (allora perché mandare via Passera?). Qualche malevolo diceva che una siffatta soluzione serviva a legare le sorti della banca senese a quelle del Governo Renzi. Collocare 5 miliardi di aumento di capitale per una banca che ne vale meno di uno in borsa, a premio sostanziale rispetto ai multipli di mercato delle banche italiane, è proprio una sfida da campioni. Il dubbio (meglio dire, la speranza, perché altrimenti le cose non girano) è che le azioni non siano indirizzate al mercato bensì ai cavalieri bianchi.

In più il tentativo furbo di valutare le sofferenze il 32-33% dando le junior agli azionisti di MPS si è vanificato in un paio di giorni. Serviva a rispettare le promesse fatte da Penati alla presentazione del fondo? Ma il fatto che lui si sia preso i mezzanini è stato letto dal mercato come un segnale che il valore delle sofferenze sia prossimo al 27%. Il mercato, però, non ha considerato il valore delle laute commissioni pagate per strutturare l’operazione. Solo quelle incidono per circa 3% del valore dei crediti (e non sono mica normali). La due diligence sui crediti è in corso e le sorprese non mancheranno.

Penati ha capito che raccogliere capitali non è uno scherzo ed il problema si acuirà se non comincia a performare. Le prime stime del NAV di Atlante non sono lusinghiere. Se le banche acquisite faranno perdite rilevanti e lui dovrà cercare capitali freschi, la ricerca sarà tanto più difficile quanto meno si sarà strutturato in modo professionale per gestire le partecipate. Voci di corridoio dicono di una simpatica head hunter che ha cercato manager con esperienza di ristrutturazione. Molti hanno declinato quando alla richiesta di quali deleghe avrebbero avuto, la signora ha risposto che tutte le deleghe le avrebbe avute proprio Penati.

Qualcuno dei professori dovrebbe inoltre spiegare a Penati che trasformare il fondo in holding bancaria non gli consentirebbe di utilizzare la leva che può tirare per far fronte a temporanee esigenze di capitale delle banche partecipate mentre cerca capitali freschi (nel consolidato il debito riapparirebbe come tale).

Come avevamo detto in tempi non sospetti, l’idea di Atlante è buona ma quello che conta è l’esecuzione efficace. E Penati non sta seguendo le regole basilari del private equity (allineare gli incentivi dei manager con poca remunerazione e tantissimo variabile legato ai risultati – facile viste le direttive emanate dalla Vigilanza) e si circonda di alcuni personaggi che hanno causato il disastro che lui è stato chiamato a risolvere. Non un buon inizio.

La Vigilanza è in parte artefice di questi errori. Per fortuna alla stessa Vigilanza sta passando la voglia di spingere le banche nel fondo interbancario, visto che si è resa conto che poi venderle, dopo aver accresciuto gli accantonamenti oltremisura, non è comunque facile.

TAG: Alessandro Penati, Issad Rebrab, Matteo Renzi, mps
CAT: Banche e Assicurazioni, Capitali

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