La censura di Erdoğan punta ai turchi di Germania?

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24 Aprile 2016

C’è un dettaglio che viene troppo spesso ignorato nel caso di Jan Böhmermann, il comico tedesco reo di aver insultato il Presidente turco Erdoğan.
Qual è il dettaglio? Si tratta di quel milione e mezzo di turchi che vivono in Germania, mantenendo, però, la sola cittadinanza del paese d’origine. Dopo la poesia radicalmente provocatoria di Böhmermann, Angela Merkel ha autorizzato un processo penale ai danni del comico, in base al paragrafo 103 del codice penale tedesco (vilipendio di Capo Estero).
Questo significa anche che, d’ora in poi, Erdoğan potrà tentare di estendere fino ai turchi di Germania la mano lunga della sua censura di Stato.
I turchi (e i curdi) di Germania sono diventati un po’ meno liberi. Il più che amichevole viaggio in Turchia della Cancelliera, conclusosi proprio in queste ore, non sembra che confermare l’intenzione di Merkel di tenersi ben stretto l’alleato Erdoğan, costi quel che costi. Erdoğan gode certamente di un’oggettiva popolarità in patria e anche tra i turchi emigrati, soprattutto tra quelli che apprezzano la sua nuova grandeur nazionalista, ispirata da una rinnovata politica post-ottomana. Ma per chiunque non la pensi come il Sultano, le cose diventano sempre più difficili, non solo in patria.
 

CAPO DI STATO ESTERO, NON SOLO ESTERO

 
I turchi di Germania rappresentano la più grande minoranza etnica del paese. Si tratta di una comunità eterogenea, che è entrata a far parte della vita sociale tedesca tra gli anni ‘60 e ‘70. Fu allora che, con appositi accordi tra i due paesi, centinaia di migliaia di lavoratori turchi iniziarono a raggiungere la Germania Ovest per sostenere le necessità produttive del boom economico. Al pari di molti italiani e spagnoli, i Gastarbeiter turchi prevedevano di restare pochi anni, ma, col tempo, tanti scelsero di fermarsi e stabilirsi in Germania con le proprie famiglie.
La legge tedesca prevede la doppia cittadinanza solo per i cittadini UE, anche se, a partire dal 2000, i bambini nati in Germania da genitore turco possono accedere più facilmente alla cittadinanza tedesca.
Questo significa che, al momento, più di 1,5 milioni di residenti in Germania sono di cittadinanza esclusivamente turca, mentre un altro milione e 200 mila abitanti è di origine turca, ma ha la cittadinanza tedesca.
Se si considera la comunità turca complessiva, si arriva a una cifra di 2,7 milioni di turchi di Germania. I livelli d’integrazione e di coinvolgimento con la madre patria della comunità sono molto eterogenei e derivano anche dalle diverse anime dell’emigrazione. Si va dai musulmani tradizionalisti, si passa per le comunità curde e i gruppi d’ispirazione alevita, e si arriva fino a fasce di popolazione sostanzialmente laica.
Ad ogni modo, in Germania esiste una piccola Turchia, una regione immaginaria che conterebbe lo stesso numero di abitanti dell’Albania.
 

UN MESSAGGIO DI CENSURA

 
Che cosa possono significare questi dati? Questi dati possono significare che quando Erdoğan pretende il processo di un comico tedesco, rifacendosi alla legge di vilipendio di Capo di Stato estero, sta anche cercando di far valere un concetto di lesa maestà sul territorio nazionale tedesco. Vale a dire sul territorio in cui vivono 1,5 milioni di suoi diretti cittadini e 1,2 milioni di persone culturalmente legate al paese che governa.
Nel momento in cui un Presidente turco riesce a far processare un comico tedesco dalla sua posizione di Presidente turco, e non come un privato cittadino, fa il primo passo verso una forma di dominio sulla libertà di espressione del popolo turco (e curdo) che vive al di fuori dei confini nazionali.
Il messaggio diventa chiaro per qualsiasi giornalista, comico o singolo cittadino turco (o curdo) che viva in Germania. Il messaggio è questo: anche se vivi in Germania puoi essere raggiunto dal bavaglio all’informazione.
Anche se vivi in Germania, puoi essere processato per aver offeso il Presidente Turco, un po’ come succede spessissimo in patria (al momento, in Turchia, sono in corso quasi 2000 processi di questo tipo).
Se, per caso, hai lasciato la Turchia in cerca di maggiore libertà di espressione, Angela Merkel ci teneva a farti sapere che potresti avere difficoltà anche in Germania.
Per certi versi, il fatto che il giullare sboccato Jan Böhmermann sia tedesco è un dettaglio. A dire il vero, Böhmermann è da considerarsi un dettaglio dell’intera questione che lui stesso, tramite la sua provocazione, ha sollevato. Nelle ultime settimane, tanti, troppi, commentatori o politici si sono concentrati sulla figura del comico e sul suo spettacolo, senza rendersi conto che la questione cruciale, quella della libertà d’espressione, fosse molto più presente e urgente.
Böhmermann può piacere o suscitare totale ribrezzo, così come la politica di Erdoğan può essere più o meno accettata, di queste distinzioni dovrebbe importare ben poco a chi abbia il coraggio della libertà. Prendendo posizione sul caso Erdoğan-Böhmermann secondo il loro personale giudizio estetico o interesse politico, invece, tanti commentatori sono riusciti a raggiungere il livello più basso e imbarazzante della storia recente della libertà d’espressione in Europa.
Certo, se al posto di Böhmermann ci fosse stato un comico turco emigrato in Germania, tutti si sarebbero resi più facilmente conto della pericolosità oggettiva dell’applicazione della legge 103, così come tutti avrebbero riconosciuto quanto sia assurda la promessa governativa tedesca di cancellare la legge, ma solo nel 2018.
Emblematica, in questo caso, è la posizione assunta negli ultimi giorni da Serdar Somuncu, celebre comico e artista tedesco di origine turca, che ha apertamente e chiaramente preso le parti del suo collega ed esplicitamente richiesto che il governo tedesco ne difenda la libertà di espressione, accusando l’esecutivo Merkel di essere incredibilmente e colpevolmente ricattabile, proprio a causa degli accordi sulla cosiddetta crisi dei migranti.
 

QUEI SOTTOTITOLI IN TURCO

 
Di tutto lo scenario fin qui descritto, era di certo consapevole lo stesso Böhmermann, che con la sua insolente poesia satirica ha voluto scoperchiare le contraddizioni giuridico-politiche tedesche, tramite un messaggio che fosse anche chiaro a tutti i turchi di Germania. Non è un caso se l’intero intervento satirico durante la trasmissione Neo Magazin Royale sia stato precisamente e attentamente sottotitolato in lingua turca, senza risparmiare alcuna delle tante sgradevolezze.
Di conseguenza, non è un caso se la prima richiesta del governo turco, sia per il primo video satirico di Extra 3 che per quello di Böhmermann, sia stata la rimozione dei contenuti, vale a dire la potenziale censura dei video sul territorio tedesco.
Per chi doveva essere rimosso quel video? Non certo, o non soltanto, per i turchi in Turchia.
Non sarebbe stato difficile per le autorità turche rendere inaccessibile in patria la videoteca della ZDF. Molto più difficile sarebbe stato farlo in Germania. Un’azione legale solamente individuale del Presidente turco avrebbe allungato i tempi di questa censura, dando spazio a una diffusione virale dei contenuti presso la comunità turca all’estero, cui avrebbe potuto seguire una più che probabile distribuzione informale e semi-clandestina nella stessa Turchia. La via giuridico-diplomatica era la più veloce per bloccare i contenuti, e sceglierla è stato un vero atto di forza. Un atto di forza che è parzialmente riuscito, dal momento che il video è stato rimosso dalla videoteca del canale pubblico tedesco ZDF. È stata però la Bild Zeitung del colosso Axel Springer, vero e proprio Quarto Potere generalista della Germania, a prendere la decisione politica (ed economica) di rendere accessibile il video sul proprio sito web, vanificando, di fatto, tanti sforzi della diplomazia turca.
 

Protesta contro il governo turco, Colonia, 2013 (© Raimond Spekking / CC BY-SA 3.0 (via Wikimedia Commons) original: http://bit.ly/1T76RA9)

Protesta contro il governo turco, Colonia, 2013 (© Raimond Spekking / CC BY-SA 3.0 (via Wikimedia Commons) original link here)

 

LA RESA DI FRAU MERKEL

 

Il più grande successo dell’atto di forza diplomatico della Turchia, però, è stata la sottomissione di Angela Merkel che, secondo molti, ha così macchiato indelebilmente la propria storia politica di “Cancelliera del Mondo Libero”. Pochi giorni fa, nel pieno rispetto del suo proverbiale “indecisionismo strategico”, la Cancelliera ha addirittura riconosciuto di aver sbagliato a definire inizialmente “deliberatamente ingiurioso” lo scritto di Böhmermann, rivendicando però, al tempo stesso, il via libera dato al processo secondo il paragrafo 103.
Ma, sul piano dell’immaginario sociale, il più grande errore di Merkel è stato probabilmente quello di aver acriticamente assecondato una forzata identificazione tra l’offesa a un politico e l’offesa a un intero popolo. Diversi rappresentanti dell’establishment turco hanno, infatti, provato a sostenere che offendendo Erdoğan sia stato offeso il popolo turco (incluso quello, com’è facile immaginare, che vive in Germania). Il rischio di offendere un popolo offendendone il Capo di Stato non dovrebbe esistere in un paese libero, visto che ogni popolo vale più di qualsiasi suo governante.
Si tratta di un passaggio cruciale. Proprio per scongiurare il pericolo di essere fraintesi, proprio per poter bersagliare esattamente la figura presidenziale turca, sia il primo video-canzoncina di Extra 3 che il volgare poemetto di Böhmermann sono stati diretti assolutamente alla persona del presidente e al suo governo. È vero che Böhmermann ha utilizzato un paio di cliché ambigui, e questo può essere considerato il suo solo vero errore. Ma resta palese che lo scopo della satira, in entrambi i casi, fosse proprio attaccare l’uomo politico e separarlo dal popolo, demolendone l’aura d’intoccabilità decretata dal ruolo, facendo quel lavoro di dissacrazione della personalizzazione delle istituzioni che dovrebbe essere alla base della libertà contemporanea.
Dimenticando questa libertà, la posizione di Angela Merkel è passata, da formale e imparziale, a potenzialmente politica e attiva. Chiedendo di processare Böhmermann secondo un principio di lesa maestà di Capo di Stato, Erdoğan ha, di fatto, chiesto al governo tedesco di riconoscere l’assoluta corrispondenza tra la sua persona e il popolo turco, con tutte le conseguenze che questo può avere sulle libertà individuali.
Accettando senza batter ciglio, Merkel ha riconosciuto a Erdoğan la sacralizzazione della sua personale funzione gerarchica.
(A questo proposito sarebbe interessante chiedere delucidazioni specifiche alla Cancelliera. Perché questa sua posizione significherebbe, a rigor di logica, che nel 2011, quando Angela Merkel e Nicolas Sarkozy decidevano di ridacchiare in mondovisione di Silvio Berlusconi, l’obiettivo non fosse il politico Berlusconi, ma il Presidente-in-quanto-popolo. Vale a dire che l’obiettivo fosse, di fatto, sfottere 60 milioni d’italiani).
Al netto di tutte queste contraddizioni e ritirate strategiche, la dichiarazione di Merkel di venerdì scorso, in cui ha approvato la richiesta turca di applicare il paragrafo 103 e, al tempo stesso, dichiarato di essere preoccupata per l’informazione in Turchia, è di rara e buffa ipocrisia.
È una presa in giro fingere di non vedere che, con quella decisione, Merkel ha anche detto a ciascun cittadino turco (e curdo) di Germania che la sua libertà di espressione può potenzialmente sottostare alle limitazioni e alle pretese del loro paese d’origine. Considerando che in Germania esistono anche diversi giornali e media in lingua turca e curda, quella del governo Merkel non è una posizione trascurabile.
 

FORTE CON I DEBOLI, DEBOLE CON I FORTI

 
Lo scenario di un’immigrazione che, per debolezza diplomatica e geopolitica dei paesi ospitanti, diventi occasione per gli stati di origine di estendere e rivendicare un privilegio decisionale focalizzato sui propri cittadini, può diventare quello di una disseminata erosione della libertà di espressione sul territorio europeo. Quello che oggi sembra un episodio particolare e singolare può trasformarsi in un trend se le necessità geopolitiche si sviluppassero ulteriormente in favore di forme di ricattabilità.
La decisione di Merkel è stata un atto di politica estera. E, vista la composizione etnica della Germania, è stato anche un atto di politica interna.
In entrambe le prospettive il governo tedesco si è mostrato debole, confuso e ben poco lungimirante.
Una debolezza che risulta ancora più fastidiosa se confrontata con la spavalda esibizione muscolare con cui, nemmeno un anno fa, lo stesso governo tedesco ha trattato con la Grecia.
I differenti atteggiamenti del governo Merkel nei confronti della Grecia in bancarotta, da un lato, e delle esigenze della Turchia, dall’altro, rischiano di diventare lo sciagurato emblema dell’attuale stato della politica in Europa.
 
 
Photo: Originale dell’immagine d’apertura: Poster of Erdogan, Uploaded on Wikimedia Commons by Randam (original source here)

TAG: geopolitica, Germania, media
CAT: Geopolitica, Media

2 Commenti

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  1. CON LA MANCANZA DI UNA LINEA,UNITARIA SUI FLUSSI MIGRATORI,IN UE,LA TURCHIA PUNTA I PIEDI E LA GERMANIA CI CASCA.LA SIRIA è ALLEATA ALLA RUSSIA……..MANDATE I PROFUGHI IN RUSSIA.

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  2. CON LA MANCANZA DI UNA LINEA,UNITARIA SUI FLUSSI MIGRATORI,IN UE,LA TURCHIA PUNTA I PIEDI E LA GERMANIA CI CASCA.LA SIRIA è ALLEATA ALLA RUSSIA……..MANDATE I PROFUGHI IN RUSSIA.

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