Il Partito della Rivolta, strumento principe della Reazione Globale

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22 Dicembre 2016

L’analisi del voto sul netto esito della partita referendaria del 4 Dicembre è stato un ulteriore squarcio sulla novità politica che ha fatto deragliare l’Occidente in questo 2016. Stiamo parlando dell’ascesa della reazione globale (v. http://www.glistatigenerali.com/geopolitica_partiti-politici/lera-della-reazione-globale/). Un anno che verrà sicuramente ricordato visto gli esiti politici che ha prodotto: Brexit in Gran Bretagna, l’ascesa di un partito xenofobo e proto-nazista in Germania,  la vittoria di Donald Trump negli U.S.A. e la sconfitta di Matteo Renzi sulle riforme costituzionali in Italia. Queste diverse affermazioni elettorali hanno tutte lo stesso minimo comune denominatore, cioè la rabbia del popolo contro l’elite ed i governi di turno. E’ imbarazzante come sia identica la base sociale di tutte queste varie rappresentazioni, in contesti e contese comunque differenti, della reazione globale: quella parte della popolazione più povera, in crisi economica e lavorativa, più periferica, meno legata ai contesti urbani, insicura, ostile ai fenomeni della globalizzazione e dell’integrazione, rancorosa verso chi gestisce le leve del potere, non più disponibile a riconoscere autorevolezza ai mezzi di informazione tradizionali come tv e giornali, inebriata dal flusso ininterrotto delle fake news o post-verità (come è stata ribattezzata proprio nell’anno che sta per concludersi la propaganda delegittimante e permanente). Queste grosso modo sono le coordinate sui cui è possibile valutare le lapalissiane similitudini sociali degli esiti elettorali sopra citati.

E’ da evidenziare in modo particolare come questo sentimento diffuso e maggioritario sia stato sempre in grado di organizzarsi, anche in maniera spontanea, e di utilizzare qualunque strumento democratico per esprimersi: referendum, elezioni amministrative, locali e politiche. In tutti questi casi ha saputo ed è riuscito a mobilitare i cosiddetti deplorables  (miserabili), nell’infausta definizione affibbiatagli dalla candidata alla presidenza degli Stati Uniti Hillary Clinton, come fossero un partito, il Partito della Rivolta. Sarà sicuramente una – se non la principale – tra le prime lezioni che gli sconfitti dovranno digerire. Nei Paesi in cui le istituzioni e le burocrazie sono forti forse sarà più facile non soccombere del tutto al vento della reazione globale, anche se Trump con il suo transition team e con le nomine di governo che sta palesando sembra essere in grado di sfidare anche la potente e consolidata macchina istituzionale americana. In Stati come l’Italia invece già si è palesata la palude malmostosa in cui l’esito referendario ha precipitato tutto il quadro politico. Pantano reso ancora più evidente dagli attacchi finanziari ed economici che dopo il voto hanno subito Mediaset da parte di Vivendì ed Mps con la necessità ormai irrimediabile dell’intervento pubblico per salvare la banca e forse tutto il sistema creditizio italiano.

Nel Bel Paese infatti le istituzioni non sono forti (eravamo stati chiamati al voto proprio per affrontare questo pluridecennale dilemma), i partiti sono quasi completamente delegittimati agli occhi dell’opinione pubblica ed in più non sanno fare altro che recriminarsi colpe ed errori per qualche punto o decimale di consenso popolare. A differenza della Francia non c’è un patto repubblicano che salvaguardi le istituzioni dagli assalti delle forze estreme, ed i meccanismi elettorali maggioritari sono stati tutti distorti per abbattere l’avversario politico. Così i ballottaggi delle amministrative sono diventati strumento per sconfiggere il potere consolidato del centro-sinistra nelle grandi e medie città. Il referendum invece si è trasformato in un plebiscito per unire le forze contrarie al governo Renzi, al di là del merito del quesito.

La discussione e la scelta riguardo la futura legge elettorale che accompagni in breve tempo l’Italia al voto non saranno quindi ulteriori momenti di auto-referenzialità, di arroccamento del e nel Palazzo. Ma la necessaria quadra istituzionale per non permettere nuovamente alla reazione globale di servirsi ancora una volta del Partito della Rivolta, perfetta macchina per il consenso in questa era di crisi.

TAG: costituzione, Donald Trump, elezioni, europa, governo, Hillary Clinton, immigrazione, Matteo Renzi, movimento 5 stelle, partito della rivolta, partito democratico, Pd, reazione globale, referendum, Unione europea
CAT: Geopolitica, Partiti e politici

Un commento

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  1. wiseman 7 anni fa

    Più si tenta di definire, facendolo senza staccarsi dal proprio scranno, meno si riuscirà a capire. Come in mille altri commenti, anche questo trasuda un senso di superiorità e paternalismo nei confronti di chi ha fatto scelte diverse, al pari del “deplorables” della Clinton. Non è “abbassandosi” che si conquisterà il voto di chi oggi fa “reazione”. È capendone le ragioni e accompagnandole verso qualcosa di potabile, strappando questo percorso al becerume.

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