Lo slancio etico di Confindustria combacia con quello dei suoi associati?

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18 Dicembre 2014

Da nessun imprenditore ci si può attendere serenamente un atto di eroismo, soprattutto se lavora nei territori blindati dalla criminalità. Sotto questo cielo di piombo, negli ultimi anni, Confindustria Sicilia si è spesa con una certa energia a protezione dei suoi assistiti. Ma insomma, “il coraggio, se uno non ce l’ha, mica se lo può dare…”

Per questo fa una certa impressione il Sole 24 Ore, quotidiano di casa, che oggi è uscito nelle edicole (e sui tablet dov’è leader) nell’inedita versione «Fatto Quotidiano», rivestito con una carta natalizia molto, molto, speciale in cui tra babbi natale, addobbi luminosi, stelline di cioccolata, spiccava il regalo più bello e significativo dell’anno che sta per finire: la lotta alla corruzione. L’editoriale in prima era già attrattivo dal titolo, mutuato dalla fogna maxima capitolina: «Quel Pil distrutto dagli spaccapollici», evocando la figura di quel galantuomo che per conto di Massimo Carminati se ne andava in giro in giro a spezzare arti a piacere, mostrando i suoi stratosferici Popeye tatuati su Facebook.

Prendendo spunto proprio da un dato che emerge nel rapporto del Centro Studi di Confindustria – dal 2007 il Pil pro-capite è precipitato del 12,3% reale, togliendoci dalle tasche 3.700 euro a testa che corrispondono a “sei settimane di non spesa” – si conclude che battendosi contro la corruzione come ha fatto per esempio la Francia, il Pil 2014 sarebbe ricco e felice.

Altro titolo in prima ci dice che i bricconi sparsi sul territorio ci costano 13 miliardi di euro e poi a pagina quattro si dà ampio conto della decisione di Confindustria di costituirsi parte civile nei futuri processi di «Mafia Capitale». Il ministro della Giustizia Andrea Orlando ha parlato di un «fatto importante e anche nuovo rispetto all’atteggiamento talvolta di un po’ di rassegnazione» e Viale dell’Astronomia si è discretamente incazzata col ministro ricordando sul Sole tutte le prese di posizione degli anni passati.

Ma a questo rinnovato slancio etico di Confindustria, corrisponde altrettanta passione per la legalità da parte degli imprenditori? Su questo ci permettiamo di dubitare. E non sembra corretto misurare il grado di sensibilità tarandolo solo sul sud Italia, dove le condizioni sono evidentemente problematiche, il vero termometro è il nord e il centro del Paese. Qui, in linea teorica, gli imprenditori sarebbero liberi di denunciare, di ribellarsi, di presentare esposti su esposti nelle varie Procure affamate di segnalazioni, di far sentir alta e forte la voce di una categoria già vessata dallo stato attraverso tassazioni inique e per di più strozzata dai delinquenti.

Questa ressa davanti ai tribunali del Paese non c’è, e non c’è mai stata. Spiace per Confindustria ma non c’è. Negli anni si sono succedute inchieste clamorose, e non nella mafiosissime Sicilia e Calabria, che hanno visto come protagonisti anche gli imprenditori ai quali sembrava opportuno, per avere lavoro, rivolgersi a soggetti assai poco dediti alla pratica dell’onestà. Soggetti facilitatori, ora nella politica ora nel malaffare, in un mondo del “tutto si tiene” che l’ultima inchiesta del procuratore Pignatone ha messo decisamente in luce. Ma senza fermarsi a Roma, vogliamo parlare del Mose?

Essere associazione importante comporta pesi importanti. Ne sanno qualcosa le Cooperative, in questi giorni sotto botta pesante. La voce di Confindustria non può rivolgersi semplicemente all’esterno, come fosse semplice autocertificazione estetica. No. Prima ve la dovete sfangare dentro, caro presidente Squinzi. Dovete capire innanzitutto se potete sopportare il carico che un’associazione di questo genere pretende: rappresentare gli altri. Che vuol dire prima ragionare sull’impossibile, spingendo l’asticella etica a una tale altezza che nessuno sarebbe mai in grado di superarla, e poi riparametrarla su condizioni sostenibili da tutti. Ma proprio da tutti.

Altrimenti, non ve lo ha ordinato il dottore di essere Confindustria. Ci si può sciogliere serenamente e amici come prima.

TAG: confindustria, corruzione, giorgio squinzi
CAT: Grandi imprese

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