Il SÌ al referendum spiegato con i numeri

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15 Novembre 2016

Altro che voto ideologico, per mia natura ho un approccio analitico. La riforma l’ho studiata nel dettaglio e mi è piaciuta: ecco perché sono convinto e il 4 Dicembre voterò Sì.

Nella mia scelta baso la mia analisi sui numeri, perché li trovo chiarificatori dei contenuti e rappresentativi dei fatti.

Prima di entrare nel merito trovo giusto sgombrare il campo dai fraintendimenti che circolano in questo periodo e ricordare che questo referendum è il risultato di un percorso parlamentare regolare e preciso, che segue alla lettera il dettato dell’art. 138 della Costituzione che tratta di modifiche costituzionali e non è in deroga come poteva esserlo ad esempio la bicamerale del 1996, che ha avuto bisogno di apposita legge costituzionale per essere formata.

Ma ora veniamo ai numeri e ai perché al mio SÌ.

Questa riforma innanzitutto modifica e ripara i numerosi errori che nel 2001 furono fatti quando si normarono i rapporti Stato/Regioni. Per dare un ordine di idee, se nel 2000 la Corte Costituzionale trattava per circa il 5% delle sue sentenze di rapporti Stato/Regioni, ora si attesta intorno al 45%. Una cifra impressionante. Con la riforma il quadro normativo dei rapporti Stato/Regioni si prospetta decisamente più chiaro, penso a beneficio di tutti.

Ma soprattutto la riforma elimina il bicameralismo paritario: quasi un unicum mondiale in cui i due rami del Parlamento hanno le stesse competenze, causa di una pessima produzione legislativa, che spesso non riesce neppure a concludere il proprio iter, se non sotto sprone dell’esecutivo.

Numeri alla mano a titolo di esempio nell’attuale legislatura sono state approvate 255 leggi di cui solo 47, ovvero poco più del 18% sono di iniziativa parlamentare. E poiché il tempo medio di approvazione delle leggi di iniziativa parlamentare è di 504 giorni, un anno e mezzo circa significa che nella auspicabile ipotesi di una legislatura che compia interamente il suo iter quinquennale, dal terzo anno e mezzo in avanti ogni legge proposta con iter parlamentare ha scarse possibilità di essere approvata prima della fine della legislatura stessa.

Il restante 82% delle leggi è giocoforza di iniziativa governativa, dove il tempo medio di approvazione è di 172 giorni. Singolare in una Repubblica che si definisce parlamentare.

Con la nuova procedura di approvazione invece competerebbero al voto della sola Camera dei Deputati circa il 97% delle leggi (prendendo i numeri dell’attuale legislatura), va da sé che migliorerebbero sia la qualità della produzione legislativa parlamentare, non avendo bisogno di una doppia approvazione identica, sia le tempistiche (ricordo: 504 giorni. E solo se si arriva in fondo all’approvazione!).

Parliamo poi del tanto contestato articolo 70, ovvero quello che norma le competenze di Camera e Senato. Che sia più lungo di un articolo di 9 parole (quello preriforma) mi sembra normale poiché l’attuale dice semplicemente “La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere”. Dato che nella riforma questo bicameralismo paritario lo si supera e da qualche parte le funzioni del nuovo Senato bisognava scriverle… il nuovo articolo 70 fa proprio questo, chiarisce le competenze delle due Camere: una avrà competenze nazionali e l’altra territoriali.

E proprio perché il testo è chiaro, ciò che ne consegue è semplice e diretto, senza sovrapposizioni o aree grigie: questa infografica prodotta dal Corriere della Sera illustra in modo chiaro e conciso chi fa cosa.

infografica sulla riforma costituzionale - fonte: Corriere della Sera

infografica sulla riforma costituzionale – fonte: Corriere della Sera

Per quanto riguarda l’elezione dei futuri Senatori il testo della riforma non pone difficoltà di interpretazione (ricordo che le leggi elettorali non sono in Costituzione, ma lo sono i principii che sottengono alle stesse). Pertanto sappiamo (art. 57 comma 5 e 6) che i Consigli Regionali sceglieranno “fra i propri componenti” i Senatori con metodo proporzionale e in un altro comma “in conformità alle scelte degli elettori”. Appunto “in conformità alle scelte degli elettori”, non di altri.

Parlando di Presidente della Repubblica, attualmente per eleggerlo dopo il terzo scrutinio basta la maggioranza assoluta degli aventi diritto. Nonostante questo, senza un accordo politico difficilmente si trova un candidato che raccolga i voti, come ben sa il professor Prodi.

La riforma prevede invece che dopo il terzo scrutinio non basti la semplice maggioranza, ma il voto favorevole dei tre quinti degli aventi diritto e dal settimo scrutinio il voto favorevole dei tre quinti dei votanti. Ricordo che l’affluenza media durante l’elezione del Presidente della Repubblica è di circa il 98,5% e pertanto, non solo sostanzialmente i tre quinti degli aventi diritto e i tre quinti dei votanti combaciano, ma pensare che una maggioranza non qualificata possa eleggerlo senza un accordo è fuori dalla realtà di qualsiasi osservatore minimamente neutrale.

In sostanza, al contrario di ciò che dicono molti, sarà ancora più difficile per la maggioranza eleggere il Presidente della Repubblica senza l’accordo con le minoranze.

Per quanto riguarda le competenze Stato e Regioni, e in particolare l’articolo 117, con la riforma finalmente si razionalizza e si pone ordine.

In primis perché restano in capo alle Regioni le materie di rilevanza territoriale, come la programmazione e l’organizzazione dei servizi sanitari, che da soli valgono l’80% dei bilanci regionali, o la pianificazione del territorio e la mobilità interna; poi vengono eliminate le competenze concorrenti tra lo Stato e le Regioni, cosa che dovrebbe fare esultare tutti (si, proprio quelle competenze che attualmente fanno sì che la Corte Costituzionale tratti per circa il 45% delle sue sentenze di rapporti Stato/Regioni).

Pertanto la conseguenza della riforma è che le Regioni tornano a fare quello per cui sono preposte, ovvero gli enti territoriali. Che senso ha infatti che le Regioni abbiano ambasciate nel mondo? Che senso ha che non vi possa essere una norma nazionale per catalogare gli alberghi? Che senso ha che le Regioni possano bloccare infrastrutture strategiche nazionali? Che senso ha che le Regioni possano intromettersi nelle politiche energetiche nazionali? Secondo me nessuno.

Poco invece si è parlato nel dibattito referendario di un punto della riforma che a me molto piace, ovvero il deciso ampliamento degli istituti di democrazia diretta: l’abbassamento del quorum per la validità del quesito referendario raggiunte le 800.000 firme, la novità apportata dai referendum propositivi, l’obbligo di esame da parte del Parlamento delle leggi di iniziativa popolare (che al momento finiscono in un cassetto prima ancora di arrivare alla Camera).

Infine continuando nel merito della riforma taluni penseranno che siano poca cosa l’obbligo di trasparenza, la premialità per le Regioni virtuose, la parità di genere, il vaglio preventivo da parte della Corte Costituzionale delle leggi elettorali, l’abrogazione del CNEL, il divieto di rimborso ai gruppi consiliari regionali (ricordo che la maggior parte degli scandali degli ultimi anni nasce proprio da lì), il tetto posto agli emolumenti dei consiglieri regionali che non potranno superare quelli del sindaco del capoluogo di riferimento.

Io penso invece che siano questioni importanti che finalmente si affrontano.

È per tutte queste ragioni e non per voto ideologico che voterò convintamente Sì il prossimo 4 Dicembre.

TAG: legislazione, politica, referendum, Referendum costituzionale, Riforma costituzionale
CAT: Legislazione

36 Commenti

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  1. jacbas 7 anni fa

    Complimenti. Articolo di una chiarezza e di una esaustività assoluti. Speriamo che questi argomenti negli ultimi giorni della campagna referendaria si diffondano sempre di più.

    Rispondi 2 3
  2. silvius 7 anni fa

    Chiarissimo, complimenti. Speriamo serva… :-)

    Rispondi 1 3
  3. danielplud 7 anni fa

    Molte grazie

    Rispondi 1 2
  4. danielplud 7 anni fa

    Grazie Silvius

    Rispondi 1 2
  5. massimo-montanarini 7 anni fa

    in realtà ci sono diverse cose che verranno decise dopo la riforma e ci sono alcune cose che sono state lasciate volontariamente vaghe, per esempio le leggi di iniziativa popolare, prima le firme erano 50mila, con la riforma saranno 150mila … teoricamente con la garanzia però che vengano prese in considerazione, ma il nuovo testo dice:
    “La discussione e la deliberazione conclusiva sulle proposte di legge d’iniziativa popolare sono garantite nei tempi, nelle forme e nei limiti stabiliti dai regolamenti parlamentari.”

    Stabilite da quali articoli del regolamento? per esempio nell’articolo 70 della costituzione modificato giustamente fa riferimento ad articoli e commi a cui rimanda il nuovo regolamento, ma in questo caso no, come mai?

    Non sono contrario alla riforma in se, ma il modo in cui lo stesso Renzi la stia strumentalizzando dovrebbe far suonare un campanello di allarme, poi magari é un falso allarme, chi può dirlo.

    Rispondi 2 1
  6. giorgio-grassi 7 anni fa

    Lei ripete esattamente quanto proclama la propaganda renzista. Nessuna analisi approfondita. Trascura per esempio i rischi di GRAVE CONFLITTO ISTITUZIONALE. La riforma è stata fatta appositamente per favore il PD. Visto che controlla la maggioranza delle regioni, avrebbe per almeno per qualche anno il controllo del Senato. Se alla Camera vincesse il Centrodestra o il Movimento 5 Stelle sarebbe guerra istituzionale come mai l’abbiamo avuta, altro che semplificazione. Sarebbe il kaos. Ma questo non lo dite. Il referendum ci toglie il diritto di scegliere i senatori, perciò rafforza la Casta e va nel senso opposto a quello di coinvolgere i cittadini. Napolitano, Rondolino ecc hanno detto chiaramente che il voto popolare è una iattura. Perciò una pessima riforma, fatta per favorire un partito e volta a diminuire la nostra partecipazione. Visti i presupposti è d’obbligo votare NO. Ps : come recita l’art. 3 della Carta dei valori del Pd, “non si fanno riforme costituzionali a maggioranza”. I renzista hanno fatto diventare carta straccia anche il Manifesto dei valori del Pd.

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  7. armando-pitocco 7 anni fa

    In realtà per alcuni tratti mi sembra ideologico, e anche alcune omissioni sembrano strategiche.
    Primo, è omessa la cosa più grave: l’elezione del Senato.
    La cosa è così confusa che il Centro Studi della Camera prospetta diverse ipotesi sulla sua interpretazione. In ogni caso (1) non potrà essere proporzionale e (2) i cittadini non potranno scegliere in modo chiaro i senatori.

    (1): perché 8 regioni e 2 provincie eleggono solo 2 senatori: rappresentanza proporzionale impossibile. Per le altre regioni numeri comunque bassi (proporzionalità molto distorta). 
Inoltre secondo il Centro Studi ci sono 2 modi di interpretare:
1. Ipotesi MAGGIORITARIO: ogni consiglio regionale elegge i suoi senatori rispecchiando la composizione dei SEGGI del consiglio, a sua volta eletto con il maggioritario (premio di maggioranza al 60%). Quindi chi vince a livello locale, anche solo per un voto, così sarà sovra-rappresentato. Potrebbero uscire effetti paradossali tipo Trump, cioè che un partito abbia la maggioranza assoluta non solo senza averla (e questo è sicuro: è un maggioritario) ma addirittura prendendo meno voti di altri partiti.
    2. Ipotsi un PO’ PIù PROPORZIONALE: nell’ipotesi invece che il consiglio regionale debba eleggere i senatori rispecchiando i VOTI del consiglio è sicuramente un po’ più proporzionale, MA: 1. nessuno garantisce che questa sarà l’interpretazione; 2. ogni regione ha la sua legge elettorale, con le sue soglie di sbarramento, in Calabria è il 15%!

    (2) Si dice che i consigli regionali debbano tenere conto delle preferenze degli elettori alle elezioni regionali, però: 1. mancano gli spazi per una rappresentanza proporzionale ed inclusiva (vedi punto precedente), 2. alle elezioni regionali non si votano i sindaci, quindi i cittadini non potranno scegliere quale sarà senatore, 3. i sindaci rappresentano i cittadini della città, non di tutta la regione.

    Sempre sul Senato, per inciso, non si capisce che senso abbia far fare il doppio lavoro a sindaci e consiglieri, che hanno già il loro bel da fare. Il risparmio è minimo, 50-80milioni€ l’anno (un caffè a testa.
    E poi avranno l’immunità, cioè le stesse persone che si occupano di piani urbanistici…

    Per brevità seleziono solo altri 4 punti su cui ho da ridire: (1) Bicameralismo come causa della lentezza, (2) si tace sullo strapotere del governo e della maggioranza, (3) Referendum propositivi (in realtà non sono realizzati), (4) Leggi di iniziativa popolare (da 50 a 150mila firme!)

    (1) Open polis (http://blog.openpolis.it/2016/10/21/il-bicameralismo-perfetto-e-i-tempi-di-approvazione-linfografica/10699) mostra che in realtà molte leggi importanti si fanno rapidamente, e che il “ping-pong” con tante letture riguarda poche leggi, quelle più combattute. In che modo poi fare una sola lettura di un testo ne aumenti la qualità è solo un pregiudizio dell’autore. Il Parlamento italiano inoltre fa molte leggi rispetto alla media UE.
Io preferisco un Parlamento che faccia poche leggi ma con ampio consenso, che dia alla cittadinanza la possibilità di capire ed eventualmente protestare.
    Poi le leggi del governo vengono approvate più facilmente non perché il parlamento ha due camere (l’iter è lo stesso! A prescindere da chi propone la legge!), ma semplicemente perché il governo ha una maggioranza (truccata dal maggioritario) dalla sua parte. La maggioranza (truccata) nomina il governo e il governo detta le leggi da approvare ai suoi parlamentari, che possono decidere anche da soli, visto che hanno la maggioranza assoluta.

(2) Questo strapotere del governo (specchio della sua maggioranza truccata) è aumentato grazie a:
    1. il Senato non proporzionale (le proiezioni della Stampa dicono che il PD, che nel 2013 prese il 27% al Senato, prenderebbe 65 senatori su 100 http://www.libertaegiustizia.it/2015/10/13/nel-nuovo-senato-dopo-la-riforma-stravince-il-pd/
    2. La Camera eletta con l’Italicum (55% a chi prende anche solo un voto più degli altri)
    3. Presidente della Repubblica, per eleggerlo ci vuole il 60% dei PRESENTI: considerando che non tutti sono presenti, che il primo partito ha diversi premi di maggioranza (55% alla Camera, probabilmente anche il controllo del Senato)… è evidente che al primo partito basta avere un partitino alleato per scegliere il PdR. Ma ricordiamo che questo 60% sarebbe truccato dai vari premi di maggioranza.
    4. Consiglio della magistratura: il primo partito ne elegge 3 tramite la camera (di cui ha il controllo), probabilmente 2 tramite il senato, probabilmente 5 tramite il suo PdR.
    5. “Legge a data certa”: il governo può dettare l’agenda alla Camera, obbligandola a discutere una sua legge entro 70gg
    6. Clausola di Supremazia: se al governo non sta bene cosa fa una regione può invocare la “priorità nazionale” e decidere al posto suo.

    (3) I referendum propositivi sono solo annunciati, ci vorrà comunque un’altra legge costituzionale. Quindi l’unica cosa chiaramente positiva è uno specchietto per l’allodole…

(4) Leggi di iniziativa popolare, altro che maggiore partecipazione: invece di 50mila firme ce ne vogliono 150mila, e con le procedure medievali (tutto su carta con costosi certificatori), per esperienza personale assicuro che è un’impresa improba.

    Per i dubbiosi qui una fonte laica per approfondire la riforma
    http://www.valigiablu.it/wp-content/uploads/2016/11/Referendum-costituzionale-Votare-informati.pdf

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  8. armando-pitocco 7 anni fa

    Ah, e poi sempre sul senato:
    1. gli italiani all’estero non saranno rappresentati
    2. Le regioni a statuto speciale hanno nello statuto che i consiglieri regionali non possono fare i senatori. Che si fa?

    Rispondi 3 1
  9. armando-pitocco 7 anni fa

    Ah, e poi sempre sul senato:
    1. gli italiani all’estero non saranno rappresentati
    2. Le regioni a statuto speciale hanno nello statuto che i consiglieri regionali non possono fare i senatori. Che si fa?

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  10. era-tutto-scritto 7 anni fa

    E della modifica dell’articolo V non ne vogliamo parlare?

    Intervista rubata a Lorenzo Codogno ex capo economista ministero del tesoro
    La gabbia – ITALIA, UN PAESE IN SVENDITA (25/09/2013)
    https://www.youtube.com/watch?v=o0M1P1ma16c
    dal min. 2:20
    “per abbattere il debito bisogna vendere tutto anche luce acqua e gas”
    “la vera risorsa sono le utilities a livello locale. Li’ sono veramente tanti miliardi. Il problema e’ che non sono dello stato ma dei comuni e delle regioni. E QUINDI BISOGNA CAMBIARE L’ARTICOLO V DELLA COSTITUZIONE. Espropriare i comuni e le regioni”

    Ecco a cosa serve la riforma. A privatizzare tutto come richiesto nel 2011 dalla letterina di Draghi. Altro che la riduzione dei parlamentari rendere piu’ efficiente lo stato etc.

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