I dieci migliori album del 2017

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26 Dicembre 2017

L’anno che stiamo lasciando è stato in assoluto uno dei più prolifici, musicalmente parlando. Il 2017 ci ha regalato tante novità, diverse conferme e molte trasformazioni.
Come ogni anno ho faticosamente cercato di stilare la classifica dei 10 migliori album di quest’anno.

#1 – “A CASA TUTTO BENE” di Brunori SAS

Non è un disco prettamente triste, ma Dario Brunori con quest’ultimo album sembra aver perso la sua vena ironica. Questa trasformazione sarebbe però più corretto chiamarla ‘maturità artistica’. Insomma, Darione ormai è vecchio, quindi non diverte più. Mi spiego maglio: Brunori è ormai un veterano, e la sua canuta consapevolezza artistica lo ha spinto a realizzare un disco profondo, riflessivo e impegnato, ma allo stesso tempo capace di abbandonarsi alla spensieratezza. E’ una raccolta di storie che parlano di interrogativi e di paura, di ciò che è dentro noi e di ciò che vi è al di fuori del nostro recinto – fisico e mentale. Senza alcun dubbio è il disco migliore uscito quest’anno.

#2 – “L’AMORE E LA VIOLENZA” dei Baustelle

“L’amore e la violenza” è uno dei migliori album che abbia realizzato la triade Bianconi-Bastreghi-Brasini. I Baustelle si lasciano alle spalle qualsiasi sorta di debito nei confronti di mostri sacri o fonti di ispirazione come Battiato o Jarvis Cocker. Per farlo, non perdono però la loro caratteristica principale – quella del citare – e racchiudo il tutto in dodici pezzi “oscenamente pop”, come li ha definiti lo stesso Bianconi. Quanto alla musica ci si guarda molto indietro a ritmi e sfumature anni ’70. Per loro è dunque un ritorno alle origini, portando però sulle spalle quell’esperienza che li distacca definitivamente dal passato.
Peccato che – realisticamente – prima di 3 o 4 anni non li rivedremo sopra un palco.

#3 – “FA NIENTE” di Giorgio Poi

Al primo ascolto Giorgio Poi non piace: una voce troppo particolare, e poco melodiosa. 
Già al secondo ascolto ci si accorge che invece questo suo modo di cantare è del tutto naturale, e che anzi: è proprio una delle ragioni che lo rendono riconoscibile.
Giorgio Poi è la rivelazione di quest’anno. Ha uno stile canoro tutto suo, suona bene e fa altrettanto con la scrittura. Attendiamo tutti con molta curiosità come evolverà il suo stile e i suoi testi, magari anche un po’ meno malinconici.

#4 – “POLAROID” di Carl Brave X Franco 126

Irrompono nella scena indie italiana – con l’album “Polaroid” – due artisti romani: Carl Brave e Franco 126. “E’ come se Drake fosse nato a Trastevere”, dicono in molti.
Carl Brave x Franco126 hanno intitolato il loro disco “Polaroid” (all’inizio non era nemmeno un disco: è stato prima una playlist su YouTube), una raccolta di istantanee, estratti di vita quotidiana che raccontano storie della Roma d’oggi. Lo stile è stato definito da molti critici “indie-rap”, ma questa categorizzazione è forse troppo semplicistica perché il loro progetto è molto di più. Seppur in modo grezzo e coatto (nell’accezione più positiva del termine) propongono qualcosa di realmente fresco e curato.

#5 – “REGARDEZ MOI” di Frah Quintale

“Regardez Moi” è il primo disco ufficiale di Frah Quintale. Ha realizzato 500 copie in edizione limitata, ognuna con un disegno differente. Quello dell’artista bresciano è – a mio parere – uno dei 5 album migliori del 2017. Sto seguendo da tempo e con molto interesse i suoi lavori; e devo dire che già “2004” era un EP incredibile, ma questo nuovo progetto lo consacra definitivamente come artista a tutto tondo. Per lui faccio lo stesso discorso che feci per Coez: non importa che non riusciate a definire il suo stile, perché se una cosa è innovativa e assolutamente originale, allora non ha senso categorizzarla.

#6 – “UN INCUBO STUPENDO” dei Management del dolore post-operatorio

Sono tornati i Management del Dolore Post-Operatorio, la band post-punk di Lanciano composta dal duo Romagnoli-Di Nardo. “Un incubo stupendo” è uscito a inizio 2017, poi il tour, e in un batter d’occhio già ci abbandonano per un annetto e mezzo, ma non prima di aver festeggiato il capodanno nella loro Lanciano e naturalmente non senza scalpore. I Management, infatti, sono
bersaglio delle più bigotte associazioni cattoliche abruzzesi per i fatti avvenuti sul palco del Primo Maggio anni fa: al termine della performance hanno elevato al cielo un preservativo come fosse l’eucarestia. Tornando al disco non posso non lodare la scrittura di Romagnoli. Quest’ultimo ha un modo di scrivere molto sensibile e profondo, e talvolta sfiora quasi l’adolescenziale il suo farsi trasportare dalle proprie emozione, ma è proprio questa la sua bellezza e la sua forza. ‘Naufragando’, ‘Un incubo stupendo’, ‘Il vento’ ed ‘Esagerare sempre’ ne fanno da esempi.

#7 – “PRISONER 709” di Caparezza

Dopo il grandioso successo di Museica (Premio Tenco 2014), non era di certo facile tornare tre anni dopo con un nuovo lavoro. “Prisoner 709” è uno degli album meno politici di Caparezza e forse uno dei più personali: sicuramente il più cupo e malinconico. L’artista pugliese si è messo completamente a nudo facendo un’ autoanalisi e mostrando anche un lato più buio di sé.
Questo è un gran disco, è un lungo percorso interiore ed è stato ragionato in modo attento come solo Caparezza e pochissimi altri possono permettersi di fare; per non parlare poi della cura nel realizzare i propri live seguendo coerentemente il concept dell’album con scenografie e monologhi quasi teatrali: ogni minimo movimento, parola, e oggetto scenico è un dettaglio minuziosamente studiato. Con questo album, Michele – come al solito – ha tirato fuori dal cilindro un capolavoro senza pensare a nient’altro che alla propria musica, come dovrebbe essere sempre per i veri artisti.

#8 – “FACCIO UN CASINO” di Coez

E’ forse giunto il momento della svolta indie del cantante romano. Coez è un cantante dallo stile eclettico, che ha iniziato col rap per poi sperimentare suoni e musiche sempre diverse, alla ricerca sempre di qualcosa di nuovo e originale. Negli ultimi tempi i suoi brani si stanno via via avvicinando al mondo indie avendo sempre più contatti con artisti come Contessa dei Cani o Calcutta; ha realizzato anche cover di questi ultimi due.
Si vociferava persino che Coez e Contessa abbiano intenzione di intraprendere un percorso musicale assieme: non può che uscirne sicuramente qualcosa di interessante.

#9 – “FORSE NON E’ LA FELICITA’ ” dei Fast animals and slow kids

“Salve a tutti, noi siamo i Fast Animals and Slow Kids e veniamo da Perugia”.
Così, dopo circa 12 mesi di assordante silenzio, sono tornati finalmente i quattro ragazzi umbri presentandoci “Forse non è la felicità”. Un album potente, un ritorno in grande stile: come solo i FASK sono in grado di fare. A inizio 2018 le ultimissime date del tour, e poi sarà un arrivederci attendendo nuovi lavori.

#10 – “GIOVENTU’ BRUCATA” dei Pinguini Tattici Nucleari

Questo 2017 ci ha regalato “Gioventù Brucata”, terzo album dei Pinguini Tattici Nucleari.
La giovane band bergamasca ha partorito un disco, molto curato, meno adolescenziale e frutto di un gran lavoro che ha permesso di latte dalle labbra che un po’ li delegittimava nel panorama indie. Questi ragazzi – per scelta – non sono stati sotto ad alcuna etichetta e hanno continuato senza alcun ufficio stampa, e ciò ha reso il loro emergere molto più faticoso.
Dopo un inizio lento, sembra che negli ultimi mesi si stiano tutti accorgendo di loro.
Parafrasando la loro ‘Tetris’: chi ha seminato vento raccoglierà energia eolica.

Attendiamo ora un 2018 musicalmente molto prolifico, col già annunciato nuovo album degli Zen Circus – Il fuoco in una stanza – che uscirà il 2 marzo, a poco più di un anno dall’uscita dell’ultimo loro disco. Uscirà inoltre il nuovo progetto di Cosmo, “Cosmotronic”; e pure quello di Calcutta. 
Ci sono infine le incognite legate all’usccita – nei prossimi 12 mesi – del nuovo album de iCani, e, forse, del disco d’esordio di LIBERATO.
Non ci resta che attendere.

Tommaso Proverbio

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CAT: Media, Musica

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