A Milano c’è la protesta degli street artists della mutua

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11 Marzo 2017

C’è una follia in corso in questi giorni a Milano che corrisponde alle “celebrazioni” per i dieci anni dalla mostra “Street Art – Sweet Art” del 2007.

Per chi non lo sapesse:

Nel 2005 in California esplode il fenomeno Banksy: il mondo dell’arte mondiale riscopre il mondo dei graffiti sui muri, che negli anni si sono evoluti e non sono piu’, in alcuni casi, semplici nomi scritti a bomboletta. C’e’ pero’ un problema: i graffiti sono gia’ entrati nel mondo dell’arte ufficiale nel 1984 e bisogna trovare un nome adeguato per “vendere” i rappresentanti di questa nuova ondata.

Qualcuno tira fuori un nome geniale: street art. Commercialmente l’idea e’ una bomba: il concetto di “vendere la strada”, di far provare ai ricchi collezionisti americani il brivido di portarsi a casa qualcosa dal sapore “illegale” si rivela un successo strepitoso. Banksy, e i suoi epigoni, raggiungono quotazioni da far paura.

In Italia, tutto questo si traduce nell’interessamento di Vittorio Sgarbi, allora Assessore alla Cultura di Milano, ai graffiti: celeberrima la frase con cui paragona il Leoncavallo alla Cappella Sistina (anche se al Leoncavallo si celebra un altro tipo di Maria).

Viene quindi organizzata una grande mostra al PAC dove, col tipico pressapochismo italiano, ad alcuni artisti importanti, che hanno lasciato davvero un segno nella storia dell”arte di strada” milanese se ne aggiungono alcuni decisamente trascurabili.

Si sa come sono le mode, soprattutto nell’era in cui viviamo: per molti di quegli artisti la disillusione arriva presto. Ma mentre nel resto del mondo la gente si e’ rimboccata le maniche, cercando di sfondare solo con le proprie forze – è il caso per esempio di “Cash”, vecchio writer new yorkese anni’80 che ha raggiunto il successo solo ora – a Milano si sono inventati la “street art della mutua”.

Al Pac, nella conferenza stampa di presentazione delle cinque giornate di celebrazioni, alcuni “artisti” hanno inscenato una protesta fatta di schiamazzi e parolacce adolescenziali contro “il Comune” colpevole di “sfruttarli solo quando fa comodo”. Leader dei dissidenti, un tizio che qualche anno fa era solito scrivere sui muri frasi “poetiche” rubacchiate a poeti ben più famosi  (“il futuro non è più quello di una volta”, storpiatura di un noto verso di Rilke, il suo furto più celebre).

Gli artisti della mutua si sono lamentati di non riuscire a sbarcare il lunario con la loro arte, chiedendo aiuto al Comune. Ora: noi sappiamo che la crisi e’ un problema serio, ma non capiamo cosa diavolo c’entri il Comune in tutto questo. Pretendono, gli street artist della mutua, un assegno di mutuo soccorso a carico della cittadinanza?

Nel tentativo di dare spessore alla protesta, qualcuno ha tirato in ballo la questione della possibile cancellatura del murales dell’artista Blu dai muri del PAC. Se questo fosse il tema, ci mancherebbe, gli artisti della mutua avrebbero tutta la nostra solidarieta’. Ma a questa rivendicazione se ne sono aggiunte altre, elencate punto per punto, tutte con al centro la stessa follia: quella che “il Comune” debba mantenere, in vario modo, gli street artist.

A tutti questi artisti che “la strada” o non la vedono da decenni o proprio non l’hanno mai vista, vorremmo far notare quanto segue:

1) La street art si chiama “street” art perche’ fatta in strada, in maniera illegale. Nonostante i milioni di euro guadagnati, Banksy tre anni fa ha ricoperto New York di decine di opere illegali. Voi da un lato rivendicate il diritto a presentarvi come i paladini della “strada”, dall’altra volete la pacca sulla spalla, e i soldi, delle istituzioni. Troppo comodo.

2) Proprio perché figli della “strada”, Banksy, e tutti gli street artist che hanno avuto successo dopo il 2005 nel mondo, non ha mai agitato il cappello davanti all’Assessore di turno. Hanno preso quello che e’ arrivato, certo, ma non si sono mai dannati l’anima per ottenerlo perche’ avevano fiducia nel loro talento. Ve lo vedete Banksy a protestare con il Sindaco di Londra?  Ve lo vedere Phase 2 andare al City Hall a menar cassa? Non c’e’ un diritto intrinseco a fare l’artista,  (Taki, ovvero colui per il quale siete li, fa il meccanico dal 1975), non siete intitolati per diritto divino a campare con la vostra arte.

Il vostro mendicare attenzioni dimostra in fondo solo una cosa: che in voi stessi non ci credete nemmeno voi.

3) I graffiti hanno da sempre, purtroppo, carattere effimero. Sono state cancellate opere di Phase 2, Seen, Dondi, Lee, quasi tutte le cose fatte a New York da Banksy, e per restare a Milano muri e pezzi di Rae, Styng, Neuro, Mind eccetera. Eppure i loro nomi sono leggendari: i vostri no.

4) Il vostro tentativo goffo di coinvolgere nella polemica i writers recentemente vittima della politica repressiva messa in atto dal Comune contro i graffiti è senza senso.

È normale che il Comune metta in atto una politica repressiva nei confronti dei graffiti illegali, accade dal 1969 – ed è proprio in virtù di tale repressione che i writers, quelli veri, traggono la motivazione per continuare a sfidare le istituzioni con la loro arte (per informazioni citofonare Utah-Ether, che alla sfida dell’autorità hanno sacrificato l’esistenza).

Voi invece ve ne state al caldo di un Assessorato o di un negozio, a decorare questo o quell’altro muro a cottimo, facendovi dare un bravo tema su cui far lavorare le vostre brave bombolette, presentandovi come ambasciatori di una cultura di cui non fate più parte o di cui non avete fatto mai parte.

Cosi’, mentre chi fa parte della cultura viene arrestato per associazione a delinquere, voi passate alla cassa, guadagnando sulle sue spalle. Quando c’era da decorare l’Assessorato, mentre altri venivano processati, avete per caso protestato? E adesso, adesso che non riuscite piu’ a pagare l’affitto, adesso protestate?

Eh no, cari ragazzi: o state di qua, e baciate la mano che vi sfama, o state di là, e in Assessorato non ci andate.  Il “poeta”-leader sindacale, il giorno prima è in Duomo e sui giornali a lavorare per le Istituzioni e a prendersi visibilità, il giorno dopo protesta contro quelle stesse Istituzioni perché il prezzo non e’ Giusti

In questo si che siete artisti di talento mondiale: artisti del paraculismo.

5) Ma la cosa peggiore, che vi toglie l’alibi della buona fede, è quando dite “ci hanno cancellato le opere per cui come conseguenza sono aumentate le tag”. Ovvero, voi gettate la croce addosso ai writers stessi, li additate come nemici, come prede. Vi rappresentate come “la parte buona” del movimento, contrapponendovi a una ipotetica “parte cattiva” – e poi però, come già detto, vi rivendete alla gente come “parte cattiva”, come “strada”, in cambio di soldi.

Che questa distinzione venga fatta da media, giornalisti e istituzioni è assolutamente normale – è così da mezzo secolo – ma che venga fatta da voi è una bestemmia urlata contro la cultura stessa.
Seen – che vende tele a 100 mila dollari l’uno – non si sognerebbe mai  di dare addosso a chi fa le tag ora a New York, e nemmeno Banksy che sempre a New York si fa il tag tour, o Shepard, Jonone, Daze, Cash nessuno di quelli che nel mondo rappresentano davvero questa cosa bizzarra chiamata “Street Art” avrebbe il coraggio di indicare pubblicamente “un nemico” contro cui diventa legittimo scagliarsi.

Non siete, quindi, solo paraculi: siete anche ignoranti.

P.S. Chi scrive nel 2015 ha intervistato l’artista New Yorkese Sharp. A precisa domanda su chi fosse il miglior writer del mondo, Sharp ha risposto “There’s no doubt: it’s Rae”. Ecco, per concludere citiamo quello che  proprio Rae vi ha dedicato sul suo profilo facebook:

less ego, more talent, bitches!

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CAT: Milano

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