GILBERTO GIL su COVID-19: una intervista con un omaggio all’Italia

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8 Aprile 2020

“L’agonia di coloro che muiono per soffocamento è anche la mia” dice Gilberto Gil, in isolamento con la famiglia a Petrópolis, vicino Rio de Janeiro. Il musicista, compositore ed ex- ministro a 77 anni vive tra il “soffocamento di commozione e lacrime” per le vittime del coronavirus e le parole di Caetano [Veloso]: “È necessario essere attenti e forti, non abbiamo tempo di temer la morte “.

Rispondendo al giornalista Julio Maria del quotidiano brasiliano Estadão del 3 aprile scorso, Gil riflette su questi giorni che sembrano riferirsi a molte delle sue canzoni.

 

D: Viviamo in un mondo di isolamento, paura, sofferenza. Come percepisce questo momento?

GG: Il carattere sinistro di questa pandemia si traduce in una sensazione di paura e incertezza. Come se fossimo improvvisamente minacciati dalla possibilità di collisione con un grande asteroide: uno spauracchio di distruzione non solo delle nostre vite individuali ma della vita del pianeta. Ci chiediamo, di fatto, se stiamo affrontando qualcosa di quest’ordine di grandezza. Da ciò il peso della sofferenza che comporta – qualcosa che va oltre l’elenco delle “piccole sofferenze quotidiane” con cui già conviviamo. E’ più grande, é totale, é finale.

D: Lei crede che, per mezzo di video condivisi giorno per giorno, gli artisti possano creare una relazione con il proprio pubblico destinata a durare anche dopo la pandemia?

GG: In tutte le situazioni estreme in cui la solidarietà sembra essere obbligatoria (questo è il caso, ora) ci chiediamo se non dovrebbe essere sempre così. E penso che, per ogni disastro, per ogni catastrofe, noi andiamo avanti, di fatto. Tuttavia, non raggiungiamo mai la piena redenzione. Non so perché sia così, ma è così. Penso che questa grande ondata di solidarietà e compassione di oggi depositerà, ancora una volta, i suoi residui positivi nel domani.

D: Lei pensa alla vita, alla morte e ai suoi misteri da quando ha iniziato, dal suo primo album. Com’è quello spirito, oggi? Aveva mai immaginato che un giorno sarebbe passato attraverso qualcosa di simile?

GG: “Tutto può essere ora per un secondo”, dice la canzone [Gilberto Gil, “Tempo rei” in RAÇA UMANA, 1984]. Il mio cuore è sempre stato pronto (o almeno, ha sempre tentato di esserlo) per qualsiasi situazione. Cioè, nella meditazione sulla vita c’è sempre un posto per il tutto o per il nulla. Penso che, sebbene non sia facile, è necessario sperare in ciò che sarà: “E’ necessario stare attento e forte, non abbiamo tempo di temer la morte” [Caetano Veloso, “Divino maravilhoso”, 1969 – canta Gal Costa]

D: Chiedo ancora al Gil più profondo: é triste, angosciato, calmo, fiducioso? Crede che possiamo uscire da questo momento migliori rispetto a come ci siamo entrati?

GG: Son tutte queste sensazioni allo stesso tempo; sono triste per la sofferenza, il dolore, l’agonia di coloro che muoiono per mancanza di aria. La loro agonia è anche mia: anche io soffoco di lacrime e di commozione. Calmo e fiducioso? Sì, lo sono per quanto possibile: sono testimone dello sforzo erculeo di medici, infermieri e personale del sistema sanitario, specialisti e scienziati, politici e amministratori pubblici, che tutti continuano a lavorare esposti ad ogni rischio per garantirci cibo, trasporto, luce e acqua. Sono in molti a fare tutto il possibile per rendere possibile un futuro. Mi sono emozionato profondamente con le immagini, le parole, i gesti dei molti, qui in Brasile come nel mondo, che cercano di estendere al massimo questa rete solidale di amore e sacrificio. In qualche maniera questo consolida il nostro credo nell’umanità ed il sogno di una civiltà vera. Senza dubbio usciremo da questa crisi un po’ più consapevoli, almeno.

D: Lei riesce a suonare e comporre in questi giorni?

GG: Ho letto una storia su Guilherme Arantes, che per questa epidemia si è rifugiato in una piccola città in Spagna: improvvisa al piano ore e ore ogni giorno, ma senza voglia di comporre. Ritiene che qualsiasi pezzo ora suonerebbe come superficiale. Capisco il suo impasse. Anch’io ho l’impressione che non riuscirei a comporre nulla di soddisfacente in questo momento, tanto é il grado di incertezza dell’esistenza come la deviazione assoluta di attenzione e di interesse in favore di tutto ciò che dice della pandemia e del pandemonio. Chiedo al divino che è dentro di me che si metta in sintonia con il divino degli altri per costruire la fede di cui abbiamo bisogno.

D: Prima che il virus rimescolasse tutto, eravamo divisi in un mondo di estremi. Neri o razzisti, LGBT o omofobi, ricchi o poveri, lulisti o bolsonaristi, terrestri o creazionisti, di sinistra o di destra. Questa tragedia avrà la forza di rifondare l’essenza delle persone – o è troppo ottimista pensarlo?

GG: Sarebbe troppo ottimismo. Continuiamo e continueremo ad essere divisi. L’ordine si stabilisce come fluttuazione del caos, come sempre, e stabilendo così nuovi equilibri tra le polarità. Gli uomini di buona volontà continueranno il loro viaggio insieme alla cattiva volontà degli altri. Vedremo se il futuro umano ci riserverò una nuova singolarità che ci riconcilierà definitivamente con il resto della natura e ci garantirà una pace universale duratura. Intanto ci assicureremo che il nostro computer corregga, sempre più automaticamente, i nostri errori di battitura per avere un testo sempre più pulito.

D: Com’è il suo rapporto con la musica? Lucida ancora le idee fino a quando non trova la lucentezza della perla o preferisce la prima ispirazione?

GG: Il percorso è ogni volta più vago. Onda delle onde del mare delle incertezze e delle imperfezioni. Un giorno é una vecchia canzone che si rinnova per il gusto di un nuovo modo di interpretarla; un altro giorno é una nuova canzone che “non è ancora molto vecchia” e non può essere ancora regina; un altro giorno lavoro cercando quella “perla” o registrando tale “prima ispirazione” nella irriducibile brutalità della pietra non lavorata.

D: [Qui in Brasile] Siamo più o meno a questo punto: un Ministro della sanità afferma che dobbiamo stare isolati per limitare la tragedia e un Presidente scende in piazza per dimostrare che l’economia non può fermarsi. Secondo lei, chi dobbiamo seguire?

GG: Dobbiamo seguire il filo sottile dell’intuizione legato alla nostra capacità di ottenere ed elaborare conoscenza. Ci vengono fornite molte informazioni pertinenti e affidabili e molte altre tossiche. Abbiamo gli esempi concreti della tragica realtà della pandemia in tutto il mondo. Abbiamo delle scelte da fare in base alle nostre conoscenze e a ciò che crediamo migliore. Un po’ di scienza, un po’ di fede. Un po’ di speranza, un po’ di scetticismo. Dobbiamo considerare che il presidente può avere ragione, aspettando che valuti tenendo conto delle prove; che entri in sintonia con l’inevitabile condizione eccezionale del momento e sia paziente.

D: Bolsonaro ha già detto alla nazione che non c’è bisogno di farsi prendere dal panico perché i più colpiti dal virus sono gli anziani, come lei, che devono essere isolati dalla famiglia in modo che le persone possano tornare al lavoro. C’è qualche possibilità che questo funzioni?

GG: Il presidente si è dimostrato in linea con la cosiddetta strategia di “isolamento verticale”. Medici ed economisti dialogando insieme hanno cercato di conciliare i due aspetti. Vale a dire: isolare gli anziani e gli altri gruppi a rischio in un isolamento che ne garantisca la cura, se necessaria, permettendo agli altri gruppi di viaggiare e lavorare, poiché meno a rischio. La sostenibilità di questa politica richiede tempo – e in ciò sta la difficoltà – affinché sia possibile rafforzare il sistema medico-ospedaliero, ottenere medicinali, controllare statisticamente la pandemia e allo stesso tempo garantire un ritorno sicuro al lavoro. È una articolazione che richiede calma, pazienza e fiducia. Allo stato attuale è ancora molto rischioso garantire una certa promiscuità immunologica ai più giovani. Non solo anziani moriranno, dunque.            So che è tutto molto difficile, ma questa è l’essenza della tragedia.

D: Qualcuno dei suoi brani riflette questo momento più fortemente?

GG: Forse in A Novidade [Gilberto Gil, Bi Ribeiro, Herbert Vianna, João Barone, “A novidade”, 1994 – cantano Gilberto Gil, Caetano Veloso, Ivete Sangalo] c’è un dialogo teso tra valori spirituali e bisogni materiali. La guerra tra il poeta e l’affamato.

D: Abbiamo tralasciato l’argomento per cause di forza maggiore, ma in questo momento abbiamo una Ministra della cultura, Regina Duarte, che viene dal mondo dell’arte, come lei quando fu Ministro. Con la Duarte si aspetta che riavremo una struttura rinvigorita nei suoi meccanismi quando la pandemia sarà finita?

GG: Il tempo lo dirà. Io continuo a confidare nel potere creativo della bellezza del tempo, e nel miracolo della vita.

 

 

Aggiungo qui questa recentissima VOLARE, con la quale Gilberto Gil – che ha doppia cittadinanza italo-brasiliana, essendo sposato con Flora Giordano – accettando l’invito del nostro Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale per #WeAreItaly ha inviato un messaggio di solidarietà agli italiani insieme alla nipote Flor Gil De Masi. (GP)

 

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CAT: America, Musica

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