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Relazioni

Quando il silenzio è pace, riflessione, dialogo

di Oscar Nicodemo

Flaiano aveva visto bene! Grosso modo diceva che il cretino sarebbe diventato “specialista” e avrebbe argomentato su tutto.

23 Ottobre 2025
Chi scrive ed esplora le parole, facendo in qualche modo ricerca semantica, lo sa: il silenzio può essere considerato una lingua, ugualmente potente, armonica e ricca di significato, allo stesso modo delle parole più ricercate e incastrate tra loro a meraviglia. Mi dico convinto che nessuno, più di un abile e distinto forgiatore di parole, scritte, o dette, sia in grado di pervenire al silenzio scoprendone la completezza del linguaggio. Il silenzio non è mutismo, così come la fonetica non è necessariamente parola. Resta innegabile come oggi, nella comunicazione in genere e nel campo dell’infotainment si parli a vanvera e si scriva anche peggio, producendo un lessico sregolato che emette il rumore dell’espressione inadeguata, oltre a forme sintattiche trasandate che esprimono contenuti di un pensiero largamente battuto e grossolanamente replicato. Inutile girarci intorno e tirarla per le lunghe: tanti di noi provano un fastidio sintomatico quando, accidentalmente, si imbattono nell’ascolto delle dichiarazioni di certi personaggi pubblici, o leggono i loro postulati raccapriccianti circa l’interpretazione dei più vari e complessi argomenti dell’attualità. Flaiano aveva visto bene! Grosso modo diceva che il cretino sarebbe diventato “specialista” e avrebbe argomentato su tutto. Il fatto è che questo non succede solo sui social, ma sui giornali e nei talk che vanno per la maggiore. Agli specialisti della riflessione, oggi, non vengono chieste competenze specifiche e particolari abilità, ma una spiccata tendenza ad adeguarsi alla linea editoriale del foglio su cui scrive, o del programma di cui è ospite. Come inghiottiti in un vortice di esternazioni senza logica, mosse da intelligenze nevrasteniche, quando non del tutto disturbate, ci ritroviamo nella posizione scomoda di consumatori di notizie che risultano altamente tossiche per la nostra quieta indole di persone comuni, desiderose di ascoltare persone davvero avvedute e leggerne di illuminanti.
E succede che l’immondizia culturale di cui è ammantata gran parte della comunicazione, a lungo andare fa risentire del suo effetto nocivo e dannoso, fino a spingere le coscienze più consapevoli a staccare totalmente l’attenzione da ogni canale di informazione che non venga riconosciuto libero e imparziale. Non di rado, c’è chi arriva a preferire il silenzio più totale, non percepito come vuoto ma come presenza piuttosto intensa, che comunica spazio libero, apertura mentale e finanche ascolto per le sensibilità più spirituali. Non vi è dubbio che la pausa silenziosa permetta di ascoltare sé stessi e di sintonizzarsi con il proprio corpo e ascoltare ciò che si trova al di là delle parole superficiali, ripetute a sbafo e anche in maniera arrogante da chi è deputato a pensare e a scrivere, pur non avendone alcuna predisposizione. Per quanto mi riguarda il silenzio esprime l’ineffabile, l’indicibile e il mistero della vita. E non si oppone affatto alla parola, ma la completa. Solo nel silenzio si può comunicare ciò che le parole non riescono a contenere. In molte tradizioni, come è noto, è considerato la lingua del divino, un mezzo attraverso il quale l’essere umano può connettersi con il sacro, o con il proprio spirito interiore. Rifugiarsi, sia pure temporaneamente, nel silenzio e tenersi per qualche istante lontano da un linguaggio banale, il più delle volte invasivo e irrispettoso non solo della sintassi ma delle stesse regole dell’educazione sentimentale, è un toccasana irrinunciabile per chiunque trovi nella disarmonia e nella loquela pseudoculturale dell’informazione un motivo di contaminazione della verità e, al contempo, dell’esistenza. Certo, la difficoltà nell’interpretare il silenzio correttamente lo rende una lingua complessa, che richiede attenzione e una profonda comprensione del contesto, non di un testo, scritto o parlato che sia. E, soprattutto, il silenzio non inganna, perché non si gonfia.

 

#costumeesocietà comunicazione informazione media
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