Piano B per Montepaschi. Intervento pubblico non favorisca fondi speculativi

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9 Dicembre 2016

Sembra una notizia positiva. Il Sole 24 Ore di oggi riporta uno studio di BancaIFIS e Debtwire dal quale emergerebbe che nel 2016 si sarebbero chiuse 23 operazioni di cessione di pacchetti di NPLs per 19,7 miliardi di euro. Dato che farebbe ben sperare per il futuro a proposito di liberazione dal fardello delle sofferenze per le banche italiane.

Non è così. Se dai 19,7 miliardi si detraggono i 9 miliardi dell’operazione Juliet che non è una cessione vera e propria di NPLs di Montepaschi, ma un trasferimento di gestione di una piattaforma, ed alcune operazioni che riguardano cessioni tra fondi speculativi di NPLs acquistati anni addietro, stiamo parlando di spiccioli rispetto alla montagna di 198 miliardi di sofferenze. La notizia è solo quella che sembra attivarsi un mercato secondario di pacchetti di NPLs a suo tempo ceduti dalle banche, ma questo riguarderebbe esclusivamente i fondi che compravendono tra loro pacchetti di sofferenze esausti nel tentativo di non restare con il cerino in mano. Con la drammatica situazione delle banche questo fenomeno non ha nulla a che fare. Sarebbe come pensare che l’industria dell’auto si avvantaggiasse perché i venditori di macchine usate vendono a valore di ferro il loro stock di auto invendibili agli sfasciacarrozze.

D’altra parte Fabio Pavesi, nello stesso articolo, non può negare le difficoltà evidenti nel portare a termine le 14 operazioni “vere” di cessione di crediti in sofferenza per 64,6 miliardi, di cui 27,6 del Montepaschi e 20 di Unicredit. Ricorda Pavesi che le banche hanno accantonato circa il 50% di questi crediti cattivi e quindi li possono vendere senza perdite a non meno di 30/32 miliardi, mentre i fondi speculativi, gli unici che sembrano avere i soldi per comprare, non offrono prezzi superiori a 13/15 miliardi. La differenza, cioè 17/15 miliardi, sarebbero perdite per le banche. Se le possono permettere?Apparentemente no.

A meno che… A meno che l’intervento statale, fino a pochi giorni fa negato dal governo, ma di cui si parla insistentemente come “piano B” per Montepaschi, non torni utile proprio per coprire in tutto o in parte quelle perdite. Sono evidenti le difficoltà di varare questo provvedimento per l’assenza di un governo nei pieni poteri, ma un “governo tecnico” potrebbe avere una maggiore agibilità politica, non ostacolato più di tanto dall’Europa perché il provvedimento è ammesso dall’articolo 32 della direttiva UE sulle banche.

D’altra parte questo “piano B” non passerebbe come un salvataggio delle banche (cosa politicamente insostenibile per qualunque partito), ma come un intervento a salvaguardia di risparmiatori e investitori minuti. Si tratterebbe in sostanza di evitare conseguenze ben più gravi di quelle che hanno colpito alcune migliaia di risparmiatori con la “risoluzione” delle quattro banche di un anno fa (C.R. Chieti, Banca Marche, Banca etruria, C.R. Ferrara), che forse sono almeno in parte all’origine della caduta dei consensi per il governo Renzi e della sconfitta al referendum.

Quello che sarebbe politicamente insostenibile è un intervento pubblico che , nel salvare le banche, consenta ai fondi speculativi di acquistare a 13/15 miliardi crediti in sofferenza che, se non valgono 30/32 miliardi, come riportato nei bilanci delle banche, valgono sicuramente ben più di quello che sono disposti a pagare i fondi.

Insomma sarebbe molto grave se i soldi pubblici, quindi di tutti noi, servissero per far guadagnare i fondi acquirenti di NPLs piuttosto che per agevolare l’uscita dal tunnel della disperazione di quel 5,4% delle famiglie italiane in difficoltà con il pagamento dei mutui e di quelle centinaia di migliaia di piccole medie imprese registrate in centrale rischi come cattivi pagatori non meritevoli più di credito bancario.

TAG: mps, Unicredit
CAT: Banche e Assicurazioni

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