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Milano

Le cose difficili si fanno a inizio legislatura: la Moschea a Milano, ad esempio

di Jacopo Tondelli
22 Giugno 2016

Un bando, l’assegnazione, i ricorsi, la nuova assegnazione, i controricorsi, infine il pantano. Questo il destino che ha colpito l’annoso tema dei luoghi di culto islamici a Milano appena prima delle scorse elezioni. E così, 80 mila musulmani residenti a Milano ancora devono vedere riconosciuto attivamente il diritto alla libertà di culto, e quanti tra loro pregano continuano a recarsi nelle loro piccole moschee di quartiere, in luoghi a volte non agibili o sottoposti a sfratti, anche esecutivi. La recente vicenda del bando “bloccato”, poi, ha ovviamente rafforzato divisioni interne alle diverse comunità islamiche milanesi, rivalità e qualche tensione. Ovviamente, come sempre capita in questi casi a pagare il conto in termini reputazionali sono gli ultimi politici ad aver maneggiato il dossier: e poco importa se son stati gli unici ad averci provato davvero.

Sia come sia, finita la campagna elettorale, e avendo davanti un po’ di anni prima della prossima, dato l’alto tasso di sensibilità alla propaganda dell’argomento, ma anche l’importanza cruciale della questione per la costruzione di una città giusta e insieme sicura, la nuova giunta guidata dal sindaco Beppe Sala, appena insediata, farebbe bene ad assumere da subito l’impegno concreto – come diceva un noto politico milanese una ventina di anni fa – a risolvere subito la questione, prendendo il toro per le corna. Ripartendo dal bando massacrato dai ricorsi? Oppure cercando di approvare un protocollo condiviso con i luoghi di culto presenti sul territorio che accettino regole e trasparenza e che funga da base per un riconoscimento di quelle stesse realtà già note e operanti? Oppure cercando una terza via, che riparta dal bando ma non neghi dignità a chi non potrà accedere alla costruzione delle due moschee? Variabili complesse, come complessa è la questione.

Ma i tempi sono sicuramente maturi perché l’Islam milanesi abbia dei luoghi di culto, e serve una politica che si assuma la responsabilità di guidare e portare a termine questo percorso. Come si è visto, al di là della vittoria di misura di Sala, la città non sembra disposta a cedere alle paure e alle grida scomposto di chi individua nel mondo musulmano lo spauracchio contro il quale votare. Il modesto risultato di Salvini dice anzitutto questo. E però, un focolaio di fatica e malcontento nei quartieri ad alta densità proletaria e immigrata esiste, e negarlo sarebbe sbagliato, e controproducente. Riaprire in fretta e seriamente il dossier Moschea, in modo che i luoghi di culto islamici diventino una realtà consolidata di qui a poco tempo, e lo siano definitivamente per la prossima campagna elettorale, sarebbe giusto e saggio. E visto che quella appena finita, dopo tutto, non è stato esattamente un trionfo, forse è anche il momento buono per pensarci subito.

beppe sala milano
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