Covid e cambiamento climatico sono collegati. Lo dice il professor Redi
Rispetto della biodiversità e dell’ambiente, regolamentazione del consumo di carni, educazione alimentare, controllo delle attività merceologiche e dei contesti igienici del wet market. Cos’hanno a che fare tutte queste cose con la pandemia che stiamo vivendo?
Carlo Alberto Redi, insieme alla dottoressa Manuela Monti, ha provato a rispondere a questa domanda già nel mese di aprile, in un intervento pubblicato in un numero de La Lettura del Corriere della Sera (ripreso dalla Fondazione Ghislieri),individuando in questi punti fondamentali gli insegnamenti da trarre dall’emergenza sanitaria da Covid-19.
Redi è presidente del Comitato Etico della Fondazione Umberto Veronesi, per la quale è uno dei referenti del progetto “Science for Peace”, nonchè Professore ordinario di Zoologia e Biologia dello Sviluppo dell’Università di Pavia, ora in pensione. È stato direttore della sezione di Biologia dello sviluppo presso il Dipartimento di Biologia e Biotecnologie “Lazzaro Spallanzani”. Ghisleriano dal 1968 è socio nazionale dell’Accademia dei Lincei. Si interroga ormai da tempo sulla correlazione tra uomo e ambiente e lo scoppio di pandemie (non solo quella da Covid-19) a seguito del contatto fra specie differenti.
Circa il 60% delle malattie infettive che ci affliggono, infatti, sono “zoonosi, infezioni dovute ad agenti patogeni che per loro natura vivono ben adattati in altre specie animali. Quando si verifica il salto di specie”, cioè il famoso spillover, “il sistema immunitario del nuovo ospite è del tutto sprovvisto di risposte (anticorpi) e così si manifesta la virulenza della capacità riproduttiva dell’agente patogeno”. Si tratta di “infezioni che ci trasciniamo dalla notte dei tempi geologici del Neocene, quando da raccoglitori e cacciatori siamo divenuti agricoltori”. Dal contatto diretto con gli animali sono derivati il morbillo, la tubercolosi, la pertosse, l’influenza.
L’eradicamento, quindi l’eliminazione, è possibile solo per i patogeni umani, come il vaiolo ma “per le zoonosi dobbiamo prevedere e controllare: non potremo mai eradicarle, salvo l’estinzione degli animali in cui questi patogeni albergano”. Per questo bisogna lasciare questi animali nei loro habitat. Anche perché “prima o poi saremo tutti di nuovo esposti”. I professori svelano inoltre che non solo l’attuale pandemia era stata prevista dagli scienziati ma il programma Predict dell’Oms ha già individuato centinaia di nuovi virus pronti a futuri spillover.
Per questo abbiamo la necessità che si apra una discussione politica costruttiva sul fatto che “il nostro stile di vita non è più sostenibile dal pianeta terra”.
Claudia Balbi, giornalista de Il Giornale della Protezione Civile ha intervistato Carlo Alberto Redi proprio per capire la relazione che c’è tra coronavirus e crisi climatica.
Secondo Redi, il cambiamento climatico può essere considerato come un problema di salute pubblica. «Lo dicono gli esperti, la letteratura ed è quello che si insegna a lezione: il cambiamento climatico inevitabilmente porta a sovvertire e distruggere interi ecosistemi non solo terrestri ma anche marini: ci si dimentica sempre che ci sono barriere coralline che stanno scomparendo, uno degli ecosistemi più centrali per il funzionamento del pianeta. Questo cambiamento determina i fenomeni di zoonosi o spillover (il passaggio di un patogeno da una specie ospite all’altra n.d.r.) che sono sotto gli occhi di tutti o casi di reverse spillover (si verifica quando gli esseri umani trasmettono un virus ad animali domestici o selvatici, n.d.r.), come quello dei visoni contagiati in Danimarca e poi abbattuti».
Quindi, afferma il professore, che «si deve parlare di pandemia dovuta alla catastrofe ambientale». E di zoonosi «ne arriveranno altre, è garantito. E questa era stata ampiamente prevista. Ci sono gli atti ufficiali: quando Trump è diventato presidente Anthony Fauci, massimo esperto di immunologia statunitense, gli portò i documenti dicendogli che entro breve sarebbe arrivata una pandemia dovuta ad un virus che passa attraverso l’aria. I documenti sono ufficiali, la Nato aveva già preparato i programmi per controllare la pandemia. Sono i buffoni che raccontano che è stato creato in laboratorio. Sono sciocchezze, fake news, il laboratorio di Wuhan è uno dei più seri e controllati del pianeta. È stato finanziato per anni dai francesi della Sanofi e dagli americani. Quello del Coronavirus è uno spillover che è dovuto a come trattiamo il pianeta. L’importante è la consapevolezza di ciò che sta succedendo. Poi bisogna sviluppare un’azione politica forte che dica che ci dobbiamo prendere cura del pianeta».
Per leggere l’intervista completa clicca qui
*
Nessun commento
Devi fare per commentare, è semplice e veloce.