Ostana: sole, segni e buone notizie in una comunità che si è scelta

26 Dicembre 2022

Continua il viaggio de Gli Stati Generali nelle aree più remote dell’Italia e nelle cooperative di comunità che le animano, dopo l’Abruzzo, è la volta di Ostana (CN).

 

Such is the way of the world                             Così va il mondo
You can never know                                           non puoi mai sapere
Just where to put all your faith                        dove riporre tutta la tua fede
And how will it grow                                           e come crescerà

E se tra andarsene, restare e tornare nelle aree più remote ci fosse anche la possibilità di scegliersi un luogo di elezione dove ricostruire una comunità a cui si sceglie di appartenere, o addirittura di costruire, come si scelgono gli amici?

Ci ho pensato molto in un viaggio breve ma pieno di belle persone, bei posti e tanti segni fra la montagna cuneese e la Liguria. Stavo andando a parlare del mio libro “Provincia non Periferia” alla Destination Design Conference 2022 a Finalborgo, un evento benemerito in cui si è parlato di turismo nella Provincia e nelle zone più remote con attenzione e competenza e soprattutto metodo, senza cioè pensare che bastino le cosiddette amenities (una montagna, un po’ d’acqua, una vecchia costruzione) per essere meta turistica senza il corollario di esperienze, servizi, senso. Andandoci da Milano, ho deciso di allungare un poco il percorso e di andare a visitare un luogo che da tempo mi ero ripromesso di vedere: Ostana Valle Po, che più persone di cui mi fido mi avevano detto essere non solo un gran bel posto, ma anche una comunità molto interessante. E ho fatto bene a fidarmi.

Ostana è una serie di manciate di case aggrappate a un costone di montagna rivolto a sud in una valle chiusa che finisce con la vetta impressionante del Monviso, le sorgenti del Po. Il nome Ostana c’entra qualcosa con agosto per il sole, che ha iniziato a comparire appena dopo Pinerolo, lasciando alle spalle una di quelle giornate invernali in cui per vivere felice nella Pianura Padana devi essere o molto di buon umore, o molto preso a lavorare e a fare i soldi per poterti permettere una casa lontano dalla sua cappa di smog, e che qui è piacevolmente caldissimo.

Gonna rise up                                                       Mi solleverò
Burning black holes in dark memories           Bruciando buchi neri nei ricordi oscuri
Gonna rise up                                                       Mi solleverò
Turning mistakes into gold                               Trasformando gli errori in oro

Vado a visitare la Cooperativa di comunità Viso a Viso, nata del 2020, 9 soci, 1 solo locale, e che ha la sede nel meraviglioso centro polifunzionale Lou Pourtoun, “il portone” nella locale lingua occitana (la lingua d’oc delle reminiscenze liceali mischiata con il piemontese) nella frazione Sant’Antonio, magistralmente ristrutturato dall’architetto Antonio de Rossi, che insegna al Politecnico di Torino e soprattutto è un grande intellettuale che riflette sui paesi (non chiamateli borghi in sua presenza) e la rigenerazione delle aree più remote. La struttura fonde insieme quattro unità abitative, che già originariamente avevano una copertura centrale per poter svolgere alcune funzioni comuni, e ospita una biblioteca per adulti e bambini inserita nel sistema bibliotecario nazionale, il laboratorio Alpstream, un progetto europeo di ricerca sui fiumi alpini, uno spazio per le mostre, un auditorium e una bella foresteria.

Mi fa da guida Andrea Fenoglio, socio lavoratore della cooperativa, barba e vestiti da alpinista, occhiali alla Gramsci, che mi racconta dello spazio e del loro lavoro mentre mi rifocillo alla Merenderia, che a parte il nome è un ristoro con una vista magnifica e un sacco di prodotti locali buonissimi, incluse le acciughe al verde, che non nuotano nel Po ma che dal mar Ligure risalivano queste montagne per arrivare a quelli che stanno in fondo alla campagna, come raccontava Nico Orengo ne “Il salto dell’acciuga“.

Appena entrato, ecco il primo segno: alla radio Eddie Vedder canta “Rise“, che non sentivo da una vita. È parte della colonna sonora di un bellissimo film di Sean Penn, Into the wild, che narra la storia vera di un ragazzo che molla l’università e la famiglia nel Sud degli Stati Uniti perché gli fa tutto schifo e vuole ritrovarsi arrivando in Alaska, dove sarà molto solo ma molto felice e troverà la morte. Mi ha molto colpito quel film come inno tragico e potentissimo alla libertà che passa per ridisegnare la propria identità rispetto a quella che ci hanno attribuito, e ovviamente per luoghi diversi. Anche Ostana, scopro, è innanzitutto un luogo di elezione, certamente meno estremo dello scuolabus del protagonista di Into the wild, ma allo stesso modo scelto. L’aveva scelto anche il pastore francese protagonista de il vento fa il suo giro anche se poi non è finita bene.

Such is the passage of time                               Così è lo scorrere del tempo
Too fast to fold                                                     Troppo veloce da domare
And suddenly swallowed by signs                    Improvvisamente ingoiato dai segni
Low and behold                                                   Sorprendentemente

I riabitanti, ritornati a casa, riscopritori delle radici o totali ex forestieri sono i protagonisti della rinascita di Ostana, che negli anni ’90 contava 5 abitanti e oggi si avvicina a 50. Ostana era il vero paese dove arriva Philippe, il pastore fiammingo de “Il vento fa il suo giro” e da cui viene cacciato dalla comunità degli abitanti che lo rifiuta. Oggi invece a Ostana ci sono addirittura dei bambini, che riempiono la bellissima struttura nata come ambulatorio e oggi molto meglio riattata a scuola per l’infanzia. Davvero, nel paese dove le aree remote iniziano a deperire perdendo qualsiasi servizio e riferimento che non sia a misura di anziano qui hanno aperto due anni fa un asilo, che gestisce sempre la Cooperativa Viso a Viso, come gestirà la Spa che aprirà in primavera (mi sono prenotato). Un totale outsider è Federico Bernini, il Presidente, fotoreporter di Livorno che qui ci è capitato per caso, si è innamorato e ci ha messo su casa; un ritornante è il Sindaco della rinascita, Giacomo Lombardo, che si è inventato la ricostruzione degli edifici, recuperando pietra e legno e fondando sul bello un’identità e un’economia; un’outsider è l’attuale Sindaca (Lombardo è vice) Silvia Rovere.

Più giro la Provincia e i paesi e più mi convinco che a salvarli saranno i sindaci, per chi ha la fortuna di incrociare ed eleggere persone che sanno tenere insieme competenze amministrativa ed entusiasmo. Silvia Rovere li incarna ambedue, al massimo livello. Cuneese della pianura, ha lasciato un posto in Regione per trasferirsi qui a gestire un rifugio insieme al marito fisioterapista. Sono arrivati a Ostana nel 2011 con due figlie, la seconda di 12 giorni, che nel frattempo sono diventate tre. Entro nel suo rifugio che profuma di buono (a Ostana si mangia davvero bene) e la trovo a un tavolo sommersa dalle carte e dai progetti. Mi racconta che la cooperativa di comunità l’ha voluta fortemente l’amministrazione, supportata da Confcooperative, e di come la comunità sia rinata, strutturandosi a partire da nuovi abitanti, tra cui due nuclei di pachistani che il Comune ha scelto di ospitare e che oggi sono perfettamente integrati, e servizi, con un bellissimo panificio aperto nel 2019 dopo ben 30 anni. Mi racconta dei Marlene Kuntz, che a Lou Purtoun hanno scritto e in parte registrato l’album Karma Clima, la vedo saltare di gioia quando la informano che hanno appena vinto un bando PNRR per nuovi servizi e la ascolto raccontare con enorme orgoglio degli alloggi popolari che dopo 40 anni il Comune sta risistemando per contrastare il caro immobili di un posto diventato nel tempo, e a ragione, ricercato. Perché l’amministrazione e la politica buone sono semplici: studiare, crederci, provare, vivere le cose, aver voglia di fare bene.

Gonna rise up                                                      Mi solleverò
Find my direction magnetically                       Trovando la mia strada magneticamente
Gonna rise up                                                      Mi solleverò
Throw down my ace in the hole*                     Giocherò il mio asso nella manica

Ci penso mentre scendo, percorrendo la strada che i bambini dei paesi attorno fanno ogni mattina per andare all’asilo a Ostana, in direzione del mare, acciuga al contrario. Ho ancora tempo di scoprire, in un caseificio della pianura avvolta nella nebbia, il “bruss”, formaggio locale da spalmare fatto degli scarti di tutti gli altri formaggi. È parente del “formadi frant” friulano e del “casu marzu” sardo, oltre che l’equivalente caseario del lievito madre (me ne mostrano uno iniziato nel 1974) e, senza troppa retorica da decrescita felice, un esempio vivente di come la cultura contadina e artigiana avesse ben in mente le coordinate fondamentali della sostenibilità e dell’economia circolare.

Arrivo felice nel gelo di Finale Ligure, pensando che uno la patria se la può scegliere, come gli amici migliori e il giorno dopo, alla conferenza, ne ho un altro segno quando conosco Federico Chierico e Federico Rial di “Paysage a manger“. Biellese il primo, valdostano il secondo, hanno dato vita da qualche anno a uno straordinario progetto di agricoltura di montagna, centrato su un orto e soprattutto sulla coltivazione di infinite varietà di patate di montagna, che vanno a ruba. Federico Chierico, anche lui fisioterapista, cittadino trapiantato per scelta in montagna è un oratore eccezionale, magnetico, a suo agio sia con la campagna che con la letteratura e la filosofia tedesca, mentre Federico Rial, di Gressoney, è un ingegnere ambientale che ci crede veramente e per questo è tornato a casa. Io, che penso che saranno gli artigiani e gli agricoltori (oltre ai sindaci come Silvia) a salvare il mondo facendoci vivere meglio, ci ho parlato con la sincera emozione che si ha di fronte a persone che fanno cose importanti.

Sono tornato a Milano ascoltando Eddie Vedder e pensando che uno la casa, la comunità, la cultura e le tradizioni se le può anche costruire, andando anche lontano da dove è nato e cresciuto e impastando tutto, come il casaro con il bruss; che questo vale per quei cittadini che se ne vanno in montagna a cercare un senso anche coltivando patate (e che patate) e varrà sempre di più per persone che arrivano qui attraversando il mare; che se niente è scritto nella pietra e se Ostana ha decuplicato in vent’anni i propri abitanti allora c’è spazio per altri che vorranno essere così curiosi e bravi da provarci; che tutto quanto ruota attorno alla manutenzione e rigenerazione della Provincia e delle aree remote non può che fondarsi su logiche di economia paziente, sia essa il mutualismo delle cooperative di comunità o la micro e piccola impresa; che sono stato molto bene e ci voglio tornare.

*Eddie Vedder – Rise

 

TAG: aree interne, cooperative di comunità, ostana, provincia
CAT: costumi sociali, Geopolitica

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