
Musica
La morte, quest’amabile entraîneuse di cabaret
Un compositore, un cd, una serata di nuova musica
Carlo Boccadoro, presentando Matteo D’Amico, coglie il nodo della sua figura di compositore. E non poteva essere diversamente, poiché anch’egli, oltre che direttore, è un compositore. Ciò che subito salta all’ascolto, dice, è la chiarezza, ma anche la complessità, della scrittura, il cui esito però non è qualcosa che respinge per la sua difficoltà di percezione, bensì ha un’efficacia immediata sull’impatto emotivo. Riconosce in questo, anzi, una caratteristica saliente della cosiddetta scuola romana, Goffredo Petrassi, per intenderci. Matteo D’Amico annuisce, anche un po’ imbarazzato, riconosce perfino di non possedere chi sa quale talento straordinario, ma di avere imparato, proprio per questo, che la cosa migliore, se comunque si vuole comporre musica, è affidarsi alla solidità e chiarezza della scrittura, a ciò che viene chiamato artigianato, non già qualcosa d’inferiore, di disprezzabile, in confronto all’originalità del genio, bensì invece proprio lo strumento indispensabile per qualunque musica, anche quella di un genio. Troppi oggi lo dimenticano, commenta Boccadoro. La conversazione, gradevolissima, si svolgeva, nella serata di venerdì scorso, 27 giugno, nella Sala Casella dell’Accademia Filarmonica Romana, per celebrare il settantesimo compleanno di Matteo D’Amico, e la serata è stata introdotta dal direttore artistico dell’Accademia, Domenico Turi. È stato presentarto un cd recentemente inciso, con alcune musiche, tra le recenti di D’Amico, dirette appunto da Carlo Boccadoro alla testa dell’Orchestra I Pomeriggi Musicali e con la partecipazione del soprano Chiara Osella.
Chiara Osella
Le creature di Ade, così s’intitola il cd, dal primo pezzo, per orchestra, un’allusione al balletto Le creature di Prometeo di Beethoven, contiene anche quattro canti su poesie di Pasolini, un Adagio per orchestra, solista un oboe, scritto in memoria di Giuseppe Sinopoli, e il mottetto Attende Domine, riflessione musicale sulla perdita di un caro della famiglia. E dunque ecco che la morte, questo evento ineliminabile che fa parte della vita, se si vive si dovrà comunque morire, percorre tutti i brani musicali del cd come un sottile filo rosso, c’invita a guardarci dentro, a ragionare sulla nostra fragilità di effimeri, come direbbero i greci, vale a dire “creature di un giorno”. Il cd è pubblicato dalla stradivarius, STR 37308. L’ultimo brano s’intitola Mozart allo specchio, i temi del quartetto in sol minore con pianoforte K. 478 si rifrangono in una scrittura che li avvolge e li altera senza però farne perdere la configurazione. La serata è stata ravvivata dalla interpretazione di tre dei canti da Pasolini, ma trascritti per pianoforte e voce. E da un recitativo e canto della Morte su versi delicatissimi e ironici immaginati sulla bocca della morte, scritti da Wystan Hugh Auden, il poeta del libretto della Carriera di un libertino per Stravinskij e delle Bassaridi per Hans Werner Henze. Ma forse alcuni ricorderanno anche un sublime sonetto, Stop All the Clocks, conosciuto anche come Funeral Blues, recitato durante un funerale nel film Quattro matrimoni e un funerale di Mike Newell con, tra gli altri, Hugh Grant. La voce di Chiara Osella invece che dall’orchestra è sostenuta, anche qui, dal pianoforte di Greta Lobefaro. Il recitativo, e dopo il canto, sono presentati come canzoni di cabaret, restituendo nell’ammicco musicale l’ammicco ironico dei versi. “The moral is, as they have said: / Be with-it, whit-it, whit-it, till you’re dead“. Si ammiri l’ironia di accostare, in rima, said, detto, a dead, morti. L’ascolto di queste pagine conferma l’osservazione di Boccadoro: una musica scritta con grande pulizia e accuratezza, e che risulta inoltre perfettamente comprensibile e godibile all’ascoltatore. Non è un demerito, anzi è una prova della giustezza della scrittura. Perché troppo spesso invece la gradevolezza, la comprensione sono cercate a scapito della coerenza della scrittura, l’efficacia e l’impatto provocati con facili effetti, di scarsa coerenza stilistica.
Matteo D’Amico
Qui, invece, cioè nella musica di D’Amico, si coglie, con un sospiro di liberazione, la libertà da codici prefissati, siano essi d’avanguardia o di restaurazione: né l’una cosa né l’altra, ma via via, di pezzo in pezzo, in ogni singolo pezzo, si ascolta la logica elaborazione di un’idea musicale, dove logica significa non inserirla in strutture estranee né edulcorarla con facili effetti accattivanti. Festeggiatissimo il compositore, e applauditissime le bravissime interpreti.
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