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Scuola

Historia magistra vitae

di Titti Ferrante
18 Gennaio 2022

“La grassezza naturale di queste foglie di tiglio
Verdi palle scapezzate, gli alberi marciano verso la chiesa.
La voce del prete, nell’aria sottile,
accoglie il cadavere al cancello”

Cos’è la classe? Un luogo in cui ci si augura buongiorno, sapendo che ciascuno dei suoi membri è in quel luogo per imparare, dove nessuno giudica l’altro, e se qualcuno ha un problema personale da esporre, senza alcuna remora sa che troverà chi cercherà di risolverlo insieme. La classe, insomma, è un luogo di classe.
Ricordo che una volta parlando di bullismo, citai il caso di una madre che per punire un figlio che aveva offeso un portatore di handicap, un ragazzino che era su una sedia a rotelle, decise di tagliare i capelli alla figlia esponendola al pubblico ludibrio: postò il video su facebook. Chiesi ai miei alunni se la punizione inferta alla figlia non fosse un atto di bullismo peggiore di quello commesso dalla figlia stessa. Chiesi poi loro quali erano i metodi educativi utilizzati dai loro genitori per punire le loro trasgressioni.
Convenimmo che la vita non è un social network e che si fa rete quando si lavora per un progetto comune di cui sono chiari gli obiettivi. In un gruppo non esiste un capo, l’egomania è bandita, l’egocentrismo bieco e arraffone ha condotto ai più devastanti totalitarismi del novecento. L’egocentrico riduce tutto ai propri bisogni spesso poco raffinati e molto primari, a identificare la realtà universale al proprio territorio d’azione, perdendo la cognizione dei propri limiti e dei diritti altrui. L’egocentrico si reputa ecologista, ma in realtà cura il suo giardino per gettare rifiuti in quello del vicino. È il faro che illumina il sentiero altrui, dimenticando che la vita non è solo questione di accenti, e che il farò ha senso quando il movimento ci descrive.
Un insegnante sa di avere una grande responsabilità: può creare fratture e crepe insanabili quando usa male gli strumenti che ha a disposizione, sa che bisogna prestare cura alla qualità delle emozioni agite nello spazio pubblico.

Alessandro Barbero, in una delle tante conferenze scoppiettanti, sosteneva come il movimento comunista fosse stato preminente nell’ambito della sinistra, cosa discutibilissima a livello mondiale, ancora maggiormente a livello italiano, arrivato tardi ma soprattutto sull’onda dell’ubriacatura rispetto alla rivoluzione d’ottobre.
Uno degli uomini più rappresentativi della sinistra italiana fu Filippo Turati, senza ombra di dubbio il fondatore del Socialismo gradualista, porterà il partito nel gioco parlamentare.
Turati apparteneva alla classe sociale di molti altri intellettuali protagonisti della fondazione, in massima parte borghesi: avvocati, professori, medici, il loro socialismo fu sicuramente più teorico rispetto a quello di altri Paesi europei, dove fu di chiara origine sindacale. Una delle caratteristiche storiche della sinistra italiana furono le divisioni, spesso inconciliabili, anche quando essenzialmente manichee. Mancherà una componente essenziale, presente a stragrande maggioranza nel Socialismo europeo, e cioè la socialdemocrazia, che in Italia nascerà solo nel secondo dopoguerra, per preservare l’autonomia socialista dal Comunismo di marca sovietica.
La mancanza fin da subito fu da ascriversi alla situazione politico-economica italiana dell’epoca. La prematura morte di Cavour, che da sempre guardò nella direzione della rivoluzione agraria e industriale, fu probabilmente uno degli elementi determinanti dei ritardi italici, aggiunti alla grande disomogeneità del Paese tra il nord, il centro e il sud.
Le socialdemocrazie europee furono a pieno titolo figlie della prima e della seconda rivoluzione industriale, soprattutto nel Regno Unito, dove se ne ebbe la massima espressione.

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