La Corte d’Appello di Lecce rifiuta di consegnare tre detenuti alla Grecia

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23 Marzo 2023
Accolte in toto le motivazioni presentate dall’Avvocato Raffaele Missere, difensore di fiducia dei tre cittadini stranieri detenuti presso la Casa Circondariale di Brindisi, sui quali pendeva un mandato di arresto europeo. La Grecia, infatti, non garantisce alcuni dei diritti inviolabili alle persone recluse nelle sue carceri

 

 

Lecce – La Corte d’Appello di Lecce riunita in sezione promiscua, ha accolto totalmente le motivazioni presentate dall’Avvocato Raffaele Missere del foro di Brindisi, difensore di fiducia di tre cittadini stranieri detenuti presso la Casa Circondariale di Brindisi, arrestati lo scorso dicembre, sui quali pendeva un mandato di arresto europeo emesso dall’Autorità giudiziaria greca, che chiedeva la riconsegna dei tre soggetti. Provvedimenti irrevocabili con cui il Tribunale di Merito leccese, ha fatto decadere le misure cautelari adottate, disponendo l’immediata scarcerazione ed affermando il contestuale rifiuto di ottemperare alla richiesta di estradizione in Grecia. L’Avvocato Raffaele Missere, in qualità di legale dei tre detenuti di origine albanese, era ricorso in Cassazione per le violazioni di alcuni diritti fondamentali dei suoi assistiti, dopo essere stati tratti in arresto presso il Porto di Brindisi, come la mancata assegnazione di un interprete di lingua albanese che rendesse comprensibili i reati contestati e le garanzie di legge spettanti loro, ma soprattutto la manifesta irregolarità dei capi di imputazione per i quali le corti territoriali elleniche, chiedevano l’estradizione dei tre soggetti, emettendo un MAE, mandato di arresto europeo, nei loro confronti. Violazioni riguardanti una persecuzione giudiziaria infinita ai danni di chi o aveva già pagato il suo debito con la giustizia, o rischiava la condanna all’ergastolo con un processo sommario e per reati bagatellari, privi di connotazione edittale specifica, in una condizione di gravissima emergenza, qual’è quella in cui versano le carceri greche.

A tal proposito, infatti, la Grecia, è stata oggetto di svariati richiami di carattere istituzionale internazionale, al fine di mettere in regola uno degli aspetti fondamentali di uno Stato di diritto che si rispetti e sia degno di essere chiamato tale, ovvero: assicurare una vita dignitosa ai cittadini detenuti nelle carceri, sia sotto il profilo logistico che assistenziale ed umano.

L’ultima denuncia a riguardo, risale al settembre del 2022, a firma del Consiglio d’Europa, che ha accertato tramite ispezione di apposito Comitato per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti, situazioni e carenze di servizi sanitari, di personale e violenza tra i detenuti, definendo la situazione come “un affronto alla dignità umana“. Inoltre, la stessa Corte EDU, ha diverse volte, evidenziato, come non verrebbero rispettati dalla Grecia, nemmeno alcuni requisiti inerenti alla metratura delle celle. Emergenza che colpisce in maniera ancora più drammatica le carceri minorili, segnando irreversibilmente le esistenze di persone che potrebbero davvero intraprendere percorsi rieducativi finalizzati alla piena riabilitazione civile e sociale.

Già la Sesta sezione Penale della Suprema Corte di Cassazione ha, di fatto, negli scorsi giorni, accolto i ricorsi presentati dall’Avvocato Missere, prescrivendo alla Corte di Appello di Lecce, di ottemperare all’obbligo riguardante la raccolta di informazioni circa le condizioni riservate ai detenuti nelle carceri della Grecia. Dati che sono stati forniti in modo approssimativo ed assolutamente insufficiente dalle Istituzioni governative elleniche preposte, avvalorando ancora di più le motivazioni perorate nella discussione conclusiva del Giudizio, dal difensore, che si è battuto indefessamente e con piglio caparbio, riuscendo a portare a consapevolezza i Giudici, della verità inconfutabile di quel nugolo di ingiustizie e violazioni dei diritti umani.

Raggiunto telefonicamente nel suo studio di Torre Santa Susanna  (in provincia di Brindisi), lo stesso Raffaele Missere ha dichiarato:

Queste vicende giudiziarie che ho avuto modo di seguire come difensore, hanno generato in me una sete di conoscenza ed un impegno profondo, nel cercare di trovare una soluzione che tutelasse i miei assistiti, in virtù del rispetto che dobbiamo tutti alla salvaguardia dei diritti umani. Sono stato ascoltato con interesse e disponibilità nei confronti della questione, direi di respiro internazionale, da Giudici attenti a tali problematiche“.

 

Piero Calamandrei scriveva “Amo la toga, non per le mercerie dorate che la adornano nè per le larghe maniche che danno solennità al gesto, ma per la sua uniformità stilizzata, che simbolicamente corregge tutte le intemperanze personali, e scolorisce le disuguaglianze  individuali dell’uomo sotto l’oscura divisa della funzione. La toga, uguale per tutti, riduce chi la indossa ad essere, a difesa del diritto «un avvocato» : come chi siede al banco del tribunale è «un giudice», senz’aggiunta di nomi o titoli”.

Le battaglie sociali condotte per far sentire la voce di coloro i quali non hanno possibilità di parlare, dovrebbero rappresentare un diritto ma anche e soprattutto un dovere della collettività, degli addetti ai lavori. Ed in questo viatico indispensabile di tutela della democrazia, l’opinione pubblica costituisce una lente di osservazione privilegiata, potenzialmente fondamentale.

 

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CAT: diritti umani, Giustizia

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