L’Italia ha la maggior dipendenza energetica in Europa
L’Europa è l’area mondiale con il maggior grado di dipendenza energetica (55,5 per cento), a differenza della Cina che dipende per il 20 per cento e degli USA che sono totalmente autosufficienti. All’interno del Vecchio Continente, l’Italia è il paese con il maggior grado di dipendenza energetica pari al 73,5 per cento, mentre la Francia, che utilizza il nucleare, ha un grado di dipendenza pari al 44,2 per cento. È quanto emerge dal quinto MED & Italian Energy Report, realizzato con il sostegno della Fondazione Compagnia di San Paolo e frutto della sinergia scientifica tra SRM (Centro Studi collegato a Intesa Sanpaolo) e l’ESL@Energy Center del Politecnico di Torino, e della collaborazione con la Fondazione Matching Energies.
L’evento di presentazione del rapporto, che si è tenuto oggi al Parlamento Europeo, è stato patrocinato dai deputati europei Tiziana Beghin, Patrizia Toia e Marco Zanni, ed è stato organizzato con la collaborazione dell’ufficio European Regulatory and Public Affairs di Intesa Sanpaolo con sede a Bruxelles. Dopo i saluti introduttivi dei tre deputati europei e della responsabile European Regulatory and Public Affairs di Intesa Sanpaolo, Francesca Passamonti, è seguita la relazione introduttiva di Francesco Profumo, presidente della Fondazione Compagnia di San Paolo e dell’ACRI. Hanno presentato il rapporto 2023 Massimo Deandreis, direttore generale SRM ed Ettore Bompard, direttore scientifico ESL@ Energy Center, Politecnico di Torino. A seguire si è tenuta una tavola rotonda dal titolo Geopolitical security and sustainability towards the energy transition, con la relazione di apertura di Stefano Grassi, capo di Gabinetto della Commissaria europea per l’energia Kadri Simson.
Guardando all’Europa, comunque più efficiente nell’uso dell’energia rispetto a Cina e Stati Uniti, emerge che nel mix energetico per la produzione di elettricità l’uso del carbone è diminuito dal 31 per cento al 16 per cento; aumentata in maniera significativa la quota del gas naturale dal 12 per cento al 20 per cento. Dominano le energie rinnovabili, passate dal 15 per cento al 38 per cento. Le importazioni di gas dalla Russia erano il 41,1 per cento per l’Europa pre-guerra (2021), sono scese al 10 per cento nel 2022 e ancora al 6 per cento nei primi 9 mesi del 2023. Sempre in Europea, cresce il ruolo del Gas Naturale Liquefatto (GNL): si registra una crescita delle forniture da USA e Algeria che sono passate tra il 2021 ed il 2023 rispettivamente da 26 per cento a 30 per cento e da 11 per cento a 15 per cento.
Per quanto riguarda l’Italia, dal rapporto emerge che nel 2022 con un consumo energetico complessivo pari a poco più di 6 Exajoules ha generato un PIL di 2 trilioni di dollari, risultando (nel coefficiente pil/consumi energetici totali) più efficiente rispetto al valore medio europeo ed in linea rispetto ai principali competitor manifatturieri (Francia 8,4 Exajoules con un PIL di 2,8 trilioni di dollari; Germania 12,3 Exajoules con un PIL di 4,1 trilioni di dollari).
Inoltre, è aumentato in modo significativo l’uso del gas e delle fonti rinnovabili per la produzione di energia elettrica; coprono rispettivamente il 54 per cento ed il 35 per cento del mix elettrico. Le importazioni di gas russo dal gasdotto TAG si sono ridotte dal 28,4 per cento del 2020 al 2,4 per cento dei primi 10 mesi del 2023. Le importazioni di gas dall’Algeria attraverso il gasdotto Transmed sono aumentate dal 12 per cento del 2020 al 20,2 per cento dei primi 10 mesi del 2023. Un vero e proprio effetto sostituzione Algeria-Russia. Ciò ha rappresentato anche uno spostamento del baricentro energetico da EST a SUD ridando centralità al Mediterraneo.
Il report evidenzia anche come l’attuazione della transizione energetica implichi altri rischi geopolitici, legati alla necessità di materie prime fondamentali per le tecnologie “verdi”. È infatti fondamentale il ruolo delle materie prime critiche per lo sviluppo delle tecnologie verdi: ad esempio; un’auto elettrica contiene 6 volte la quantità di minerali usati per un’auto tradizionale. Queste materie prime sono concentrate in un numero limitato di paesi. Le quote più elevate sono: Congo per il cobalto (66 per cento), Australia per il litio (54 per cento), Cina per la grafite naturale (65 per cento) e le terre rare (65 per cento) e Sud Africa per il platino (72 per cento).
Il focus sui porti evidenzia che stanno diventando “sempre più uno strumento di influenza geopolitica utilizzato dalle grandi potenze per aumentare la loro connettività con i paesi considerati strategici”. Inoltre, si stanno configurando come veri e propri hub energetici e digitali oltre che logistici. Terminali di energie fossili, luoghi di sbocco di pipelines, comunità energetiche, vicini ad industrie ad alta intensità energetica possono contribuire attivamente agli sforzi globali di decarbonizzazione.
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