Genitori e figli, l’educazione finanziaria passa ancora attraverso la paghetta

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27 Dicembre 2022

Quanto conta la famiglia nell’approccio all’uso del denaro da parte delle nuove generazioni? Risponde a questa e molte altre domande l’indagine condotta dal Museo del Risparmio di Torino tra settembre e ottobre del 2022 su 311 nuclei familiari rappresentativi della popolazione italiana tramite tecnica Computer Assisted Web Interviewing.

Complessivamente il team del Museo ha intervistato 444 genitori e 380 figli, di cui 224 maschi e 156 femmine nell’età compresa tra i 14 e i 20 anni.

Il quadro che emerge è quello di famiglie in grado di dialogare, nelle quali il titolo di studio, il livello culturale, il reddito e la localizzazione geografica giocano un ruolo importante nella trasmissione di comportamenti e valori associati al denaro. I ragazzi considerano i genitori modelli da seguire anche se il livello di conoscenza economico-finanziaria degli adulti non è particolarmente elevato.

Quello che viene seguito è comunque l’esempio concreto. L’educazione alla gestione consapevole del denaro, dal punto di vista pratico, passa dall’attribuzione di somme periodiche da gestire in completa autonomia: la cosiddetta “paghetta” che può avere cadenza settimanale o mensile.

Il passaggio intra-familiare di modelli valoriali relativi alla gestione rischio, al risparmio e alla rappresentatività sociale del denaro appare abbastanza evidente mentre meno contagiosa è la percezione di ansia e di malessere: i ragazzi si dichiarano meno coinvolti dallo stress collegato alla gestione del denaro e hanno una visione meno pessimistica del futuro.

Mentre la famiglia (e in particolare la madre) appare saldamente il punto di riferimento in materia di denaro – il role model genitoriale è più sentito per le figlie femmine (92%) che per i figli maschi (88%) e si rileva una certa overconfidence dei padri (95%) rispetto alle madri (92%) – la scuola non sembra avere un ruolo significativo in questo ambito né per i ragazzi né per gli adulti. Dal punto di vista del genere, le differenze maggiori si evidenziano tra madri e padri mentre tra i giovani il divario sembra parzialmente smussato, seppure i modelli educativi rimangono parzialmente disallineati.

Sui temi economici e finanziari la famiglia non trova dunque spazi dialettici esterni neanche con la scuola e ritiene che sia un suo compito occuparsi dell’educazione alla buona gestione del denaro della prole.

La continuità familiare evidenzia, tuttavia, un approccio alla gestione del denaro fortemente ancorato al passato che genera una ripetizione di schemi che possono limitare la progettualità futura e l’autonomia dei figli, anche quando le intenzioni degli adulti possono essere diverse.

Anche per quanto riguarda la propensione all’investimento si evince il quadro oramai noto: il 65% delle risparmiatrici madri non ha soldi investiti mentre la percentuale scende al 50% dei padri. Chi investe è tipicamente maschio, residente al Nord, istruito, con un livello di autovalutazione delle conoscenze economico/finanziarie medio alto e opta su soluzioni tradizionali di investimento.

In conclusione le indicazioni che provengono da questa indagine suggeriscono un maggior coinvolgimento delle famiglie nelle attività di educazione finanziaria, sia per aiutare gli adulti a intraprendere un processo di upskill che porti le famiglie italiane (e le madri in particolare) a cogliere maggiormente le opportunità economiche dell’investimento sia per aiutare gli adolescenti ad affrontare il futuro grazie all’acquisizione di competenze che sono essenziali per guardare alle possibili difficoltà con serenità e fiducia nelle proprie capacità.

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TAG: Museo del risparmio
CAT: gestione del risparmio

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