Consob – il richiamo che doveva essere una revoca

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7 Settembre 2016

La Consob ha i poteri per proteggere gli investitori italiani contro ‘eventuali meccanismi commissionali più vantaggiosi per i gestori’ ma non li esercita. I danni sono di qualche decina di milione di euro all’anno se non di più.

L’anno scorso a luglio Consob ha emesso un richiamo generale dove ha detto, e cito a lungo:

“Sulla base delle analisi svolte risulta che, nonostante il crescente grado di armonizzazione della normativa comunitaria, permangono aree di disomogeneità nei diversi Stati, in particolare sul tema dei costi gravanti sugli OICR1. Significative differenze interessano il profilo delle commissioni di incentivo (cd. performance fee).

Nella prospettiva dell’allineamento degli interessi di investitori e gestori la normativa italiana e, in particolare, il Regolamento della Banca d’Italia sulla gestione collettiva del risparmio2 (Titolo V, Capitolo I, Sezione II, par. 3.3) prescrivono specifiche condizioni per l’inserimento delle commissioni in esame nell’ambito dei regolamenti dei fondi di diritto italiano.

Analoga disciplina finalizzata ad un contemperamento degli interessi intermediario/cliente, non risulta tuttavia in essere in ciascun Stato membro.

La compresenza in ambito comunitario di previsioni non omogenee, circa le metodologie di calcolo delle commissioni di performance gravanti sugli OICR, può innalzare il rischio di comportamenti opportunistici e non in linea con i doveri di diligenza e correttezza da osservare nel rapporto con i clienti che sottoscrivono tali prodotti…

…In particolare, gli intermediari sono tenuti all’individuazione ed alla conseguente gestione del conflitto di interesse5 determinato dall’offerta di OICR caratterizzati da eventuali meccanismi commissionali più vantaggiosi per i gestori e, in ragione di sistemi di “retrocessione” provvigionale, per i distributori stessi. Negli stessi termini sono da individuare e gestire anche i conflitti derivanti da rapporti di gruppo”.

Quindi ce ne sono di gestori che evitano la vigilanza italiana tramite la gestione dei loro fondi in un stato estero dove le regole sono più rilassate e le commissioni di performance gravanti sugli investitori possano essere non in linea con i doveri di diligenza e correttezza.

Ma la direttiva 2009/65/CE articolo 18 dice:

“Il principio della vigilanza da parte dello Stato membro di origine esige che le autorità competenti revochino o rifiutino di rilasciare l’autorizzazione qualora elementi determinanti, come il contenuto del programma di attività, la distribuzione geografica o le attività effettivamente svolte indichino in modo evidente che una società di gestione ha scelto il sistema giuridico di uno Stato membro al fine di sottrarsi ai criteri più rigidi in vigore in un altro Stato membro sul cui territorio intenda svolgere o svolga la maggior parte delle proprie attività.”.

Quindi se questi gestori hanno i fondi gestiti all’estero e distribuiti solo o per la gran maggior parte in Italia, e sembra di sì, per evitare la vigilanza più rigida italiana, e sembra di sì, le autorità competenti dovrebbero spingere per revocare l’autorizzazione per distribuire questi fondi e per rifiutare che altri fondi simili vengano venduti in Italia. Non fare un richiamo.

Ovviamente deve essere evidente ma suggerisco che se non è evidente alla gente di Consob, dovrebbero cercare un altro posto di lavoro perché ogni volta che parlo con gli investitori esteri di questi gestori e le sue commissioni di performance, sono stupiti che le autorità permettano una cosa del genere.

TAG: consob, gestione del risparmio
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