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Legislazione

Non è un buon giorno se l’identità dei nostri corpi la decidono i tribunali

di Michele Fusco
21 Luglio 2015

È il contrappasso più chirurgico e maligno che tutte le «Binetti», le «Forcelle» (e anche i «Giovanardi») di questo imbarazzante Paese potessero mai immaginare e dolorosamente patire. Ma giusto per volgarizzare la questione: è semplicemente quello che si meritano, essendoselo cercato assai. Certo che a queste pie donne (sono loro le più cattive, Giovanardi è solo una copertura) arriva sulla faccia un uno-due da scuola di pugilato, da una parte la Consulta, che non risulta zeppa né di medici, né di psicoterapeuti, la quale, contraddicendo primo giudizio e Corte d’Appello, accoglie il ricorso di un 45enne che voleva diventare donna, stabilendo che si ha diritto a cambiare sesso senza averlo “materialmente” cambiato, sostituito, eliminato, ritenuta invece «condizione sufficiente ma necessaria” dalle altre corti. «Avevo già così raggiunto un’armonia con il mio corpo, che mi portava a sentirmi donna a prescindere», così la replica dell’interessato. Ma insomma, da oggi per la legge italiana sarai ufficialmente donna anche con il pisello, e, immaginiamo diretta conseguenza, ci si potrà serenamente chiamare Giorgio pur essendone privo, del pisello (anche se in questo caso la questione ci appare un filino meno nitida). È un preciso diretto al volto delle nostre pie donne, si diceva, subito accompagnato da un terribile gancio alla mascella che praticamente chiude l’incontro per manifesta inferiorità.  Da Strasburgo, la Corte europea dei Diritti Umani accoglie il ricorso di tre coppie omosessuali e ci bastona senza pietà, “intimandoci” di riconoscere legalmente le coppie dello stesso sesso. «L’Italia è l’unica democrazia occidentale a mancare a questo impegno», dice la Corte.

Quando si arriva a uno sviluppo così disarmonico delle nostre identità sessuali, che assumono forma compiuta solo con la prova di forza di tribunali e carte bollate e non per l’intelligenza collettiva di un popolo, qualcuno dovrà pur farsi delle domande, nessuno escluso. Le prime a riflettere, ovviamente, dovranno essere Binetti e Forcella (più Giovanardi) e tutto l’esercito sgarrupato che si portano dietro, persino Giuliano Ferrara che per qualche battaglia mirata si è fatto colonnello delle due. Le pie donne hanno opposto costantemente la terribilità del progresso scientifico, secondo loro prestato al Male, come giustificazione a qualunque, possibile, apertura, sin dalle prime discussioni lontanissime sulla fecondazione assistita, quando in realtà, con un minimo di coraggio e di consapevolezza sociale, avrebbero dovuto seguire lo sviluppo dei sentimenti applicato alla modernità contemporanea. Due linee che non si intersecano mai e chi le vuole necessariamente intrecciare, ne fa un garbuglio colpevole, di piena e riconosciuta malafede. Quello che oggi abbiamo pienamente sotto gli occhi, il corpo delle donne e degli uomini che muta rispetto a ciò che fummo nascendo, non discende da un’organizzazione studiata e concepita in questi anni per mettere in crisi l’impianto cristiano, ma ne abbiamo tracce sin dalle origini del mondo, solo che per le ben note convenzioni borghesi ce lo siamo taciuti sino al momento di un’evidenza non più sopprimibile.

La sinistra ha buonissime colpe in questo ritardo epocale, quella sinistra che si formò dai due blocchi – quello democristiano e quello comunista – fondendosi in un unico corpaccione senza il minimo confronto sui valori, sui principi, sul peso da assegnare a questioni di queste proporzioni. Ovvio che le soluzioni trovate, asfittiche sintesi di mondi diversi, fossero sempre al ribasso. Ora ci si riprova, anche se la politica insegue e i sentimenti (con la scienza) scappano veloci. Si tratterà di inseguirli e catturarli, pensando che il valore dell’autodeterminazione, unito alla profondità dei rapporti e non basato su eventuali capricci personali da soddisfare, fa premio su tutto il resto. Non è un buon giorno quando i tribunali scelgono per la politica, cerchiamo di far fruttare almeno la lezione.

diritti civili italia
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