Il potere terapeutico della scrittura per lenire il dolore
Anche la scienza è concorde nel ritenere lo scrivere una pratica salutare per affrontare i percorsi esistenziali più difficili
“Scrivere è cercare la calma, e qualche volta trovarla. È tornare a casa. Lo stesso che leggere. Chi scrive e legge realmente, cioè solo per sé, rientra a casa; sta bene.”. Con queste parole la raffinata penna di Anna Maria Ortese, cercava di parafrasare il senso profondo dello scrivere. Ma quella che appare come una attività estremamente semplice da svolgere, in realtà, richiede l’utilizzo di diverse capacità di natura psichica e motoria. A partire dai vari passaggi che avvengono prima nella mente che codifica ed organizza le parole da trasformare in segni grafici, e poi dando forma e senso compiuto a pensieri e conclusioni. Successivamente si passa a verificarne la correttezza dell’ortografia e del costrutto logico forgiato attraverso il legame creato tra le parole. Nello scrivere viene imprescindibilmente coinvolta anche la nostra memoria, quella in grado di immagazzinare ed elaborare quanto appreso.
Ne è convinta la dottoressa Francesca De Vita del Dipartimento di Psicologia dell’Università di Torino che, insieme alla sua equipe, ha recentemente pubblicato uno scritto divulgativo sulla prestigiosa rivista internazionale “Frontiers in Psychology”.
Del resto, la terapia della scrittura viene convintamente adoperata in tutto il mondo, perché considerata uno dei pilastri delle tecniche cognitivo-comportamentali a cui la psicoterapia si affida nella risoluzione o gestione dei dolori del corpo e dell’anima, soprattutto. Pensiamo agli eventi traumatici che possono abbattersi più o meno improvvisamente sulle nostre vite, come malattie, lutti, separazioni. Tutti accadimenti che incidono profondamente e molte volte in maniera irrimediabile, purtroppo, sulla nostra stabilità mentale. Gli ultimi trascorsi reclusivi a cui siamo stati sottoposti tutti, a causa della Pandemia da Covid-19, ancora in corso, hanno sostanzialmente creato una frattura tra le nostre abitudini e la realtà emergenziale che violentemente ci è stata scaraventata nel tepore delle nostre convinzioni e sicurezze. Un vero e proprio spartiacque tra il nostro mondo interiore, il modo di relazionarci con i nostri affetti, con il nostro quotidiano e, quanto invece, siamo stati costretti a sopportare e ad imparare ad utilizzare, privandoci spesse volte del lato emozionale della comunicazione vis à vis. Esponenziale è stato, infatti, l’aumento dell’uso delle tecnologie digitali, dell’iscrizione ai blog o ai siti in cui è possibile scrivere in rete, in particolar modo per ricevere consulenze di psicoterapia ad personam. Nella maggior parte dei casi, il ricorso alla writing therapy avviene per supportare il processo di accettazione e di adattamento quando ci si scontra con una grave malattia, invalidante per lunghi periodi o che, comunque, imponga al fisico ed alla mente di essere sferzati continuamente da difficoltà e scoramento. Scrivere, può rappresentare uno strumento efficace per proiettare le nostre speranze e desideri sul foglio di carta, affinché le condizioni di vita migliorino, contribuendo addirittura alla guarigione. Da questo punto di vista, la ricerca scientifica ha esplorato un campione vasto di casi che ha evidenziato come la scrittura aiuti in maniera considerevole il percorso di assestamento al nuovo stile di vita. Le modalità scrittorie prese in considerazione sono state sia quelle poste in essere individualmente ed in maniera assolutamente libera, sia quelle relative alla partecipazione a dei gruppi di lavoro, coordinate da un esperto per guidarne la direzione. Le risultanze degli studi condotti hanno mostrato di fatto come la scrittura condivisa e partecipata, supportata da un terapeuta che ne risalti i punti di forza e chiarisca le difficoltà e le incertezze, sia più curativa e risolutiva rispetto allo scrivere fine a sé stesso, quando i traumi o le dipendenze da gestire e superare sono particolarmente complessi e gravi. A questo proposito, sono molte le associazioni create per offrire corsi di scrittura terapeutica sia in Italia che in altri Paesi, facilmente rintracciabili in rete che, però, debbono essere vagliate in maniera avveduta circa i requisisti di professionalità e competenza che offrono, per evitare di incorrere in pericolose truffe ed esperienze negative. Così, non è difficile, ritrovarsi a comporre emozionanti autobiografie, o dedicarsi alla scrittura narrativa, o fiabesca, descrittiva di un mondo fantastico, ideale, oppure crudamente realistico e largamente identificabile da chiunque. Non necessariamente questi scritti poi, debbono rivolgersi ad un destinatario, ma possono esaurirsi nella semplice lettura ed ascolto partecipati dal proprio gruppo di collaborazione. Il presupposto fondamentale quando si prende in mano carta e penna, o meglio quando si ha davanti lo schermo del pc, è quello di lasciare fluire le emozioni, alzare la saracinesca che impedisce ai nostri occhi di stupirsi, sconvolgersi e piangere in maniera libera, accompagnare la nostra mente nel labirinto dei propri pensieri spesso sconnessi, limitandosi ad assecondarla senza giudicarla, mentre partorisce il dolore dandogli forma o senso, mentre traduce i grafemi che abiteranno un ricordo spiacevole, che ci ha feriti, delusi, svuotati.
O ancora, porsi in osservazione dei colori che l’ amigdala,svincolo celebrale delle nostre emozioni, di dimensioni esigue e che attiene principalmente a stimoli ansiogeni e di paura, è capace di associare a determinati stati d’animo, nomi di cose e ancora di più, a nomi di persone che hanno fatto parte della nostra vita nel bene e nel male. Prendere familiarità, dimestichezza, con il passato e con un presente imprevisto, tumultuoso, irto, scosceso, spinoso eppure terribilmente ancora vivo.
La scrittura può ritenersi terapeutica anche per chi svolge professioni di aiuto, specialmente nell’ambito assistenziale e sanitario. Non è raro che siano gli stessi addetti ai lavoro, medici, infermieri, terapisti, a soffrire dell’effetto domino che si genera quando si entra in contatto quotidiano con forme di dolore indicibile, difficile da accettare, da comprendere. E allora, per evitare che il crollo emotivo si ripercuota anche in ambito professionale, mettendo a serio repentaglio la qualità del supporto da offrire, abbandonarsi all’esternazione del proprio vissuto per mezzo della scrittura espressiva, diviene un’arma molto importante per combattere la disfatta fisiologica ed emotiva, ossia la cosiddetta sindrome del burn-out, un esaurimento delle energie psicofisiche che deriva dallo svolgere con eccessiva intensità, mestieri usuranti per l’alto tasso di sofferenza che si registra e si interiorizza. Insomma, scrivere è come vivere, anzi, a volte scrivere è la vita stessa. Ti permette di rinascere, assumendo sembianze plastiche, prive di catene spirituali, fluide. Fermare i pensieri che si susseguono nel vortice del dolore, chiamandoli per nome e catalogandoli per trovargli l’esatta collocazione nel mare della nostra esistenza. Richiamare immagini lontane, cambiare il finale agli eventi ed impedire, così, di rimanerne completamente sopraffatti. Iniettarci fiducia e speranza di poter leggere e rileggere le pagine della nostra vita.
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