Chiudono 72 piccoli ospedali. Chi si ammala è perduto…in campagna

9 Gennaio 2016

Chiudono 72 mini-ospedali per 3000 posti letto. L’elenco regione per regione è reperibile qui.  Sono incluse nei tagli 72 strutture con meno di 60 posti letto (in 13 regioni). L’elenco del numero delle strutture coinvolte è il seguente: Nord- Centro = 24 (Piemonte 2 Lombardia 10 Emilia R. 1, Marche 1, Toscana 10), Centro 9 (Lazio e Abruzzo 9), Sud- Isole 42 (Campania e Basilicata 7 Calabria 4 Sicilia 23  Sardegna 8 ). La perdita dei posti letto ripartita per macro aree è :Centro 302, Nord Centro 302, Sud e isole 1641.

Questi i numeri. Ma il significato ed il messaggio vanno ben al di là delle strutture cassate.

La tendenza è quella nota di accorpamento nelle Aziende Ospedaliere, costituite in ossequio alla legge del riordino ospedaliero DLgs 502/1992 , con successive modificazioni della Legge Bindi-Zecchino (DPR 217del 31.12.99). Con l’attuale manovra-taglio, passata, almeno per ora in silenzio, si dà il colpo di grazia alla Medicina Territoriale, ossia alla distribuzione dell’offerta diagnostica e sanitaria nelle periferia, nei centri non serviti e soprattutto distanti dal capoluogo. Ne consegue una maggiore difficoltà per i pazienti, specie anziani di recarsi ad un centro diagnostico di base e/o terapeutico di base, rapidamente e senza spostamenti sul territorio.

Prima Conseguenza

Vengono penalizzati i territori meno dotati di infrastrutture sanitarie e con maggior peso tributario. Sicilia e Sardegna ad esempio presentano già il rapporto più svantaggioso della spesa regionale pro capite e che per la deficienza delle infrastrutture viarie renderanno più difficoltoso l’accesso alle Aziende di quei pazienti costretti a spostamenti difficili. Le regioni più penalizzate, come si sa, almeno in questo momento sono tre Calabria, Sicilia e Sardegna. (Tab. 1)Cattura

Dal Volume “ Rione Sanità, Aracne Ed. 2013″ apprendiamo che …”più di 9 milioni di italiani dichiarano di non aver potuto accedere per ragioni economiche ad alcune prestazioni sanitarie di cui avevano bisogno. Di questi, 2,4 milioni sono anziani, 5 milioni vivono in coppia con figli, 4 milioni risiedono nel Mezzogiorno. E il 77% dei cittadini ricorre al privato a causa della lunghezza delle liste d’attesa. Secondo il 31,7% degli italiani– con un incremento di 10 punti percentuali in più nel 2012 rispetto al 2009, quando a sostenere questa tesi, erano il 21,7%– l’offerta sanitaria  nella propria regione appare deficitaria”. Si deduce che la penalizzazione maggiore si abbatte su una popolazione prevalentemente anziana.

Seconda Conseguenza

Con questo taglio si concentra nell’Azienda Ospedaliera di riferimento la domanda sanitaria. Ne consegue un primo corollario:

– aumento delle liste d’attesa, esattamente il contrario di quello che logica indica e di quanto aveva dichiarato il Ministro pro-tempore.

– aumento della richiesta-fabbisogno dell’Azienda al Centro di Spesa e conseguente aumento della “potenzialità” dell’Azienda. Ma come è noto, tanto maggiore la potenzialità aziendale, tanto maggiore la sua potenzialità “politica”, essendo il Direttore Generale dell’Azienda nominato direttamente dal vertice politico. Ciò comporta un aumento dell’occupazione di potere in ambito sanitario.

Terza Conseguenza

È ovviamente sul cittadino il quale paga la sanità 4 volte: per prelievo diretto sul reddito, per prelievo indiretto, per ticket, per spese accessorie private, a questo punto rese inevitabili ( medicina privata e contributiva come da secodno pilastro). E qui veniamo alla parte più dolorosa.

Come tutti sanno il c.d. modello Formigoni era, e purtroppo è ancora, quel modello sanitario ispirato ad una offerta sanitaria sempre più privatizzata, nella speranza di poter aumentare la qualità del prodotto e la sua accessibilità.

Un modello nel quale la componente pubblica si va assottigliando sempre più e viene progressivamente sostituita dal contributo privato che si ripartisce a sua volta in due componenti: quella privata assoluta, costituita dalla contribuzione del cittadino alla spesa diagnostica, terapeutica e farmaceutica e quella privata relativa, costituita dalla introduzione nel settore sanitario da una quota parte assicurativa privata che contribuisce al rimborso sub–totale, a fronte della contrazione di un rapporto assicurativo.

Una sanità dunque nella quale gioca in massima parte la contribuzione individuale, dettata dal proprio reddito.

Un modello sanitario dunque nel quale chi più possiede, in termini di reddito, più facilmente accede ai servizi ed alla loro qualità. Quindi una sanità non per tutti ma per pochi. In questi termini, è più facile per un amministratore aumentare il livello di offerta sanitaria, la cui spesa massimale si scarica prevalentemente sulle convenzioni con privati. In altri e più semplici termini: la quota finanziaria destinata ad uso ed investimenti pubblici viene invece utilizzata per assicurarsi l’offerta sanitaria (diagnostica, terapeutica e farmaceutica) di enti privati.

Appare dunque chiaro che il solco è questo e che il Governo si muove in una direzione opposta, almeno su questa materia, alle dichiarazioni programmatiche esplicitate a suo tempo. Insomma una sanità per ricchi, una sanità in cui il paziente diventa cliente, espressione di un celebrato Clinico Milanese, di recente Ambrogino d’Oro.

Quello che si sarebbe dovuto fare va nella direzione opposta:

1)valorizzare queste strutture come Centri  Diagnostici e Terapeutici di primo livello per uno screening iniziale.

2) instaurare una politica del riassetto ospedaliero con micro-aree territoriali di offerta sanitaria di base e macro-aree regionali per le patologie più gravi o invalidanti.

 

 

Fonte Bibliografica. Ferrara A.- Rosafio L. Rione Sanità, chi si ammala è perduto, Aracne Editrice, 2013

TAG: assistenza sanitaria, medicina territoriale
CAT: Medicina, Sanità

3 Commenti

Devi fare per commentare, è semplice e veloce.

    1. aldo-ferrara 8 anni fa

      Caro Tom, mi permetto di darle due dati, poi si mettono insiem da soli. La Sanità con la riforma del Titolo V diventa il primo capitolo di bilancio regionale, mediamente dal 75 all’85%. L’assessore alla Sanoità di qualunque regione ha un così alto centro di costo da poter diventare Presidente della Regione appena apre bocca. In Toscana l’occupazione del potere politico passa per quello della Sanità. Dal 2000 si avvicendano Governatori ( Martini, Rossi) che prima erano assessori alla Sanità. In Lazio il primo ad intuire l’andazzo fu Storax che da Ministro della Sanità piazzò tutti i suoi. 111 mld di euro sono il più alto budget di un Dicastero di Spesa e quindi va usato per le prox elezioni.

      Rispondi 0 0
    2. aldo-ferrara 8 anni fa

      Mi è vebnuto in mente dopo: Toscana binomio CVlaudio martini ora senatore ed Enrico Rossi ora governatore. Martini & Rossi, una Toscana da bere….

      Rispondi 0 0
CARICAMENTO...