I giudici che hanno firmato l’appello per la stepchild adoption

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12 Gennaio 2016

Tra i ‘milanesi’ ci sono il presidente di sezione Elena Riva Crugnola, i giudici Olindo Canali, Maria Luisa Padova, Caterina Interlandi, Francesca Fiecconi  e Alessandra Dal Moro, la preside della facoltà di Giurisprudenza della Statale, Nerina Boschiero, l’ex procuratore Edmondo Bruti Liberati, il giudice in pensione Nicoletta Gandus, diversi professori universitari e avvocati. Assieme ad altri trecento giuristi hanno firmato un appello per includere la stepchild adoption nella legge sulle unioni civili che verrà dicussa a fine mese in Senato, uno dei temi più dibattuti anche nella maggioranza tra chi è favorevole o contrario all’adozione del figlio, naturale o adottivo, del partner.

L’appello si chiama “Unioni gay: i bambini innanzitutto” ed è promosso da Articolo29. La stepchild adoption, scrivono i giuristi, appare “diretta a dare veste giuridica ad una situazione familiare già esistente di fatto, rappresenta la garanzia minima per i bambini che vivono oggi con genitori dello stesso sesso”. Si può aderire mandando una mail con il proprio nome e cognome all’indirizzo appellobambini@gmail.com

Ecco l’appello:

I giudici di Strasburgo con la sentenza del 21 luglio 2015 hanno condannato l’Italia per inottemperanza all’obbligo positivo di dare attuazione ai diritti fondamentali alla vita privata e alla vita familiare delle coppie dello stesso sesso. Come sottolineato dalla Corte costituzionale, il Parlamento italiano è chiamato oggi ad approvare “con la massima sollecitudine” una “disciplina di carattere generale” che tuteli le unioni omosessuali. Le corti europee richiedono che la normativa da emanare sia conforme al principio di non discriminazione ed assicuri un trattamento giuridico omogeneo a quello delle coppie coniugate, giacché ogni disparità esporrebbe la legge a nuovo vaglio di legittimità.
Preoccupa, quindi, che il dibattito sociale e parlamentare sembri bloccarsi sul tema della genitorialità, agitando questioni estranee al ddl (quale quella della surrogazione di maternità, comunque oggi vietata in Italia) e rischi di arenarsi sullo scoglio della c. d. stepchild adoption.

Quali giuristi (docenti universitari, giudici, avvocati) impegnati sui temi dei diritti fondamentali, del diritto di famiglia e dei minori, non possiamo non rilevare che l’adozione del figlio da parte del partner del genitore biologico (c. d. “adozione in casi particolari”), diretta a dare veste giuridica ad una situazione familiare già esistente di fatto, rappresenta la garanzia minima per i bambini che vivono oggi con genitori dello stesso sesso.

Il riconoscimento giuridico della relazione anche nei confronti del genitore sociale assicura difatti al bambino i diritti di cura, di mantenimento, ereditari ed evita conseguenze drammatiche in caso di separazione o intervenuta incapacità o morte del genitore biologico, salvaguardando la continuità della responsabilità genitoriale nell’esclusivo interesse del minore.
Queste bambine e questi bambini esistono. Il Legislatore non può cancellarli, non può voltarsi dall’altra parte, ignorandone le esigenze di protezione.

La giurisprudenza italiana ed europea segnala come la scelta più ragionevole e giuridicamente corretta consista nel consentire ai giudici di valutare caso per caso se l’adozione da parte del partner assicuri la migliore protezione dell’interesse superiore dei figli di genitori omosessuali. La giurisprudenza di merito ha già individuato diverse modalità di tutela, secondo la disciplina vigente, consentendo l’adozione ex art. 44, lettera d, Legge adozioni e, in alcuni casi, la trascrizione di atti esteri.

Tutti i Paesi con civiltà giuridica a noi affine si sono dotati di strumenti efficaci per la tutela dei figli di genitori omosessuali: la stepchild adoption, in forma analoga a quella prefigurata nel ddl in discussione, è prevista da anni nella legge tedesca; alcuni dei maggiori Paesi europei (Regno unito, Francia, Spagna) già ammettono l’adozione piena e legittimante.
Va, dunque, rigettato il ricorso a un inedito “affidamento in casi particolari” perché del tutto inadeguato alla protezione dei bambini, che non possono restare in balia di status precarî e revocabili, ma che, al contrario, necessitano di stabilità giuridica, di genitori che abbiano responsabilità nella cura, nell’educazione e nel mantenimento sino alla maggiore età ed oltre.

Va, pure, respinta con forza l’ipotesi di una legge sulle unioni civili che oggi regoli soltanto le relazioni tra gli adulti, perché ciò significherebbe l’ennesimo rinvio che ancora una volta lascerebbe senza protezione proprio i soggetti più deboli, i bambini.

Manuela D’Alessandro

 

TAG: adozioni, articolo 29, gay, stepchild
CAT: Milano

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