L’Eskimo, il Moncler e il Covid19

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21 Giugno 2020

Il Covid avrebbe dovuto cambiarci, in meglio, in peggio si vedrà.
Quello che sappiamo è che molte attività, quasi tutte, sono riprese. Così come le litanie politiche, gli scontri dialettici, le prove di forza per marcare i territori. Siamo stati esseri umani durante e il lockdown e lo siamo rimasti anche dopo, con gli slanci di altruismo, l’impegno, la solidarietà ma, allo stesso tempo, proprio perché l’umanità è varia ci siamo accorti dell’egoismo, dell’impreparazione, del disastro e delle piccolezze di cui siamo capaci come genere.
Difficile capire come avverrà, e se avverrà, un cambiamento delle persone dal punto di vista sociale.
Provando a fare un’analisi distaccata, seppure i camion di Bergamo non devono essere dimenticati, bisogna mettere in fila un po’ di punti. E rispondere a un po’ di domande.

L’emergenza è stata dolorosa, i giorni sembravano non passare mai, ogni sera rimanevamo immobili di fronte ai dati del bollettino.
La comunicazione, quella che informa ma anche quella che spolpa ogni notizia, ci rimandava un’immagine di guerra.
E in questi giorni, invece, sembra essere tutto dimenticato, non la sofferenza e i morti, ma, tutti i dibattiti che si sono arrovellati intorno a io sono più epidemiologo di te o la mia collezione di esperti è migliore della tua, si sono sgonfiati come una mongolfiera senza più aria calda. Un’aria mantenuta rovente dalle polemiche che però aumentava la nostra ansia e il nostro senso di impotenza.

L’intensità è stata altissima, in poco tempo è successo tanto, la compressione di tutto ci ha fatto perdere la percezione del tempo. Tuttavia rispetto a dei cambiamenti epocali che si sono verificati nel corso della storia, anche recente, il tempo in cui si è consumata la curva è stato relativamente breve (prendendo come riferimento la vita di una persona adulta) e, visto che non c’è stata la distruzione fisica delle città (mentre quella morale e umana è stata devastante), non ci sarà una ricostruzione come dopo una guerra o una catastrofe che colpisce tutti in modo univoco. Il paesaggio in definitiva non è cambiato e chi non ha provato non è detto che abbia capito.
Questo ha comportato delle disparità sulla ripresa, c’è chi non ha avuto praticamente conseguenze e dice che la ripresa sarà un’opportunità, chi ne ha avute poche e farà un po’ più fatica e chi ne è stato sovrastato.
Questo è il primo punto da tenere presente.

Quindi si prospetta sì un cambiamento sociale, ma potrebbe essere un cambiamento che punta a “rimuovere” quanto accaduto, correndo velocemente verso un qualcosa d’altro ancora da definire.

Questa situazione mi ha fatto ripensare a quanto accaduto tra la fine degli anni settanta e gli inizi degli anni ottanta, soprattutto a Milano.

Anche in quel caso ci fu un prima e un dopo, si arrivava dal decennio lungo del secolo breve, un decennio fatto di terrorismo, spari per le strade tra fazioni politiche, tensioni sociali, diritti civili da rivendicare, una stagione molto difficile. Ancora nei primissimi anni ottanta le Brigate Rosse gestivano più sequestri contemporaneamente.
In quel periodo, che ho vissuto tra il liceo e l’università, i cambiamenti si sono succeduti in modo repentino rimuovendo quello che c’era prima, rinominando la realtà con una nuova costruzione sociale. Non sto tessendo le lodi di quei tempi ma semplicemente segnalando quanto fu veloce la transizione.

Il riflusso fu rapidissimo, in pochi anni si passa:
dall’Eskimo al Moncler;
dall’odore dei lacrimogeni a quello delle essenze;
da Carosello alla pubblicità dell’Amaro Ramazzotti della Milano da Bere;
dai movimenti collettivi all’individualismo;
dal privato è pubblico al privato è privato;
da Mao a Reagan e Thatcher;
dalla salamella alle pennette, panna, gamberetti e vodka;
dall’eroina alla cocaina;
dalla Vincenzina alla Barattini Tenti;
dal film di Lizzani “San Babila ore 20” a “Sotto il vestito niente” dei Vanzina;
dal tabellone della Borsa aggiornato con il gesso alla Borsa telematica;
dalle grandi industrie al terziario, alla finanza, ai capitani coraggiosi;
dal Milan due volte in B al Milan due volte campione d’Europa;
dalle tribune politiche a Nonsolomoda con la voce fuoricampo;
dal poco trucco al glittering;
dalle radio libere ai network;
dagli operai che leggono Lotta continua agli operai che leggono il sole 24 ore;
dal processo a De Gregori, passando per Bob Marley che “rompe” l’embargo su Milano, alla sera in cui in contemporanea suonano David Bowie e Peter Gabriel in due luoghi differenti;
dagli omicidi per terrorismo (Tobagi, Alessandrini etc..) a quello di Roberto D’Alessio (le cronache lo definivano un playboy dalla bella vita) da parte di Terry Broome;
dalle mozioni al pay off;
dalle luci gialle e i cortei alle discoteche;
dalla ghisa all’effimero;
dalla Notte della Repubblica alla notte di Madrid con Zoff che alza la coppa per un paese in preda a un’anfetamina collettiva che ha accorciato la memoria.

Nelle decadi seguenti non ricordo cambiamenti così netti e repentini, ci fu però Tangentopoli che accese la luce sulle aree oscure di quelle rincorse.

I cambiamenti, come è inevitabile, ci saranno, quello che sarà importante, secondo me, è non rimuovere MAI niente di quello che abbiamo vissuto in questi mesi. Non per tristezza o pessimismo ma per guardare più avanti, magari con un senso etico più vivo di quello che, in molti casi, abbiamo visto.

TAG: #Coronavirus #Covid19, Anni '70, anni 80, cambiamento, Riflusso
CAT: Milano

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