Se la democrazia non va a 30 all’ora

13 Gennaio 2023

Io sono molto favorevole all’ordine del giorno del Consiglio comunale di Milano di mettere un limite di velocità generalizzato per le auto in città a 30 km orari.

Senza ideologia, sono anche più radicale e considero l’uso privato e individuale dell’auto nelle città europee un anacronismo, certamente non un diritto naturale. L’automobile è il mezzo per spostarsi nella provincia, dove è impervio muoversi con i mezzi pubblici o con la bicicletta, o per i casi eccezionali di lavoro, di salute o trasporto di carichi. Lo penso sapendo di essere così fortunato che l’auto nemmeno la possiedo, vivo in città in un luogo ben connesso e mi sposto con tutto il ventaglio di mezzi a disposizione, nessuno dei quali di proprietà. Libero professionista, posso permettermi persino il lusso, perché tale è, di camminare. Fare il flâneur a Milano, città piccola, densa, che cambia sempre restando riconoscibile come una vecchia fidanzata che rivedi dopo un po’ di tempo è bellissimo e ben lo sapevano gli artisti e i pensatori che hanno praticato quest’arte prima della dittatura della fretta.

L’auto in città è anacronismo anche estetico, invasione di spazio pubblico con lo spettacolo non richiesto di scatolette tutte uguali, sporche, brutte ed esteticamente bene fa l’amministrazione comunale da anni a ridurne l’agibilità in favore di altri mezzi di trasporto, fino al vicino superamento, o forse c’è già stato, della convenienza anche in termini di tempo a muoversi con la propria auto che rimarrà imbottigliata nel traffico e sarà impossibile da parcheggiare. C’è un nesso evidente, che salta immediatamente agli occhi tra numero di macchine che circolano e sono parcheggiate e livello di sviluppo e qualità delle città, senza andare all’estero basta fermarsi a Roma, Capitale completamente arresa alla dittatura della macchina che transita e si parcheggia ovunque.

Nemmeno da menzionare, la menziono perché quello che è successo qualche mese fa al povero ragazzino investito in bicicletta da un tram a Milano, la questione sicurezza, oggi ancora più rilevante e complicata perché siamo in una fase di interregno tra l’auto-crazia e la poliarchia dei mezzi di trasporto e sono tutti su strada insieme senza regole e senza sufficienti protezioni. Le auto sono pericolose, più pericolose degli altri mezzi, e per questo devono essere disciplinate.

È tutto vero perché, sinora, mi posso permettere di vivere in città, pagando l’affitto. Fossi più giovane e volessi “metter su famiglia”, la situazione sarebbe ben diversa e forse la penserei diversamente.

Perché l’ordine del giorno del Consiglio comunale di Milano arriva poche settimane dopo le anticipazioni della ricerca dell’Osservatorio Casa Affordable, che disegnano uno scenario grottesco per l’abitare a Milano: una persona con un reddito netto di 1.500 euro al mese a Milano può comprare al massimo una casa da 31 mq da ristrutturare e anche sul fronte affitti siamo ben lontani dalla sostenibilità per una coppia di giovani con un lavoro normale. tutto ciò lontani dal Centro storico, accessibile ormai solo ai nababbi.

Senza intervenire su questo aspetto, ha ragione (come gli orologi rotti) la Destra a dire che quelle sulla mobilità sono misure radical chic: si interviene su una porzione di territorio molto contenuta e pregiata per migliorare la vita dei privilegiati residenti rendendo sempre più difficile e oneroso (auto nuove per area B, biglietto ATM a 2,20 €) l’ingresso in città per chi non si può permettere di viverci ma deve passarci, magari arrivandoci con quella vergogna (regionale) che è Trenord.

Così non può andare, e viene a cadere anche lo sforzo, egregio, di rendere la mobilità milanese più europea, sicura, sostenibile. Anche la città a 15 minuti acquisisce un senso non se è relegata ai flâneur e alle sciüre di Brera con la bicicletta col cestino di vimini, ma se semplifica la vita a chi si arrabatta tra lavoro e figli in posti troppo lontani tra loro e per questo magari ne fa uno solo di figlio.

Alla lunga, visto che la coperta è corta (avete presente SimCity, dove fai tutto bene ma spunta sempre un problema potenzialmente catastrofico?), la disneyzzazione di una città alla fine così piccola porterà molto probabilmente a una perdita di appeal anche per quelli che se la possono permettere, e che già oggi ci stanno il meno possibile per fuggire tutti i fine settimana (cosa che come sottolineava in una splendida intervista Piero Bassetti influisce negativamente sulla governance cittadina, che una volta si decideva anche nei contesti informali del fine settimana).

Si può fare qualcosa? Credo di sì e il discorso sul mercato che vince sempre vale fino a un certo punto, soprattutto di fronte al fatto che, volendolo, la Politica ha messo mano alla viabilità con pigio assai dirigista, che non può però essere applicato a intermittenza.

In primo luogo, gli anni che ci separano dalla fine della legislatura, e che porteranno a un evento con enormi potenzialità di ulteriori speculazioni immobiliari come le Olimpiadi invernali del 2026, devono vedere una Giunta progressista impegnata equamente a ridisegnare la mobilità e ad abbassare la pressione del costo degli immobili, o quantomeno la disponibilità di casa a prezzi umani per abitanti umani, traguardo oggi assai lontano.

In secondo luogo, bisogna far si che le politiche di area metropolitana scendano dalle targhette di qualche ufficio e dalle slide e diventino realtà dopo troppi anni. Io c’ero quando il Centrosinistra, che non toccava palla in Regione e in Comune ma governava la Provincia di Milano, spingeva a ragione per la governance metropolitana di fenomeno come i trasporti, il lavoro e la casa, sostenuta in questo da pareri assai autorevoli come l’OCSE nella sua Territorial Review di Milano ed è un peccato constatare che ad anni di distanza, conquistata per tre volte Milano, tutto sia rimasto lettera morta. Da retroattivamente a quei discorsi un sapore un po’ strumentale. Sia Pisapia che Sala, Presidenti della Provincia, non hanno mai veramente svolto il ruolo, né contributi di particolare rilievo sono giunti dai loro delegati. Anzi, in polemiche come quella sulla minaccia di Milan e Inter di lasciare San Siro (che spero resti dov’è) per andare a Sesto San Giovanni (non su Plutone) si ha netta la spiacevole sensazione di una città ripiegata nei suoi, troppo angusti per una metropoli, confini. Come ci si muove a Milano non può essere deciso solo nel perimetro del Comune di Milano, altrimenti davvero rischia di apparire come la secessione dei ricchi e i poveri si adeguino o si arrangino. Oltretutto, essendo Milano e tutta l’area metropolitana parte di una delle regioni più inquinate d’Europa, stiamo parlando di cambiare la puzza di letamaio con un Arbre Magique.

Democrazia dei trasporti e democrazia dell’abitare devono andare di pari passo e c’è bisogno che al coraggio e alla determinazione di Marco Mazzei, si affianchino altri politici per questa battaglia, che si annuncia ancora più dura. Siamo milanesi, damose da fa.

 

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