Lombardia PD: intervista al segretario Alfieri

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17 Febbraio 2017

Una lettera-appello, accorata ma anche molto dura nella critica all’ipotesi di scissione è stata firmata dai 12 segretari provinciali del PD e da 600 segretari di circolo in Lombardia. Vale a dire che è fatta propria dalla quasi totalità dei ruoli che rappresentano la struttura-partito in regione. Compreso e convinto il segretario, Alessandro Alfieri,  Perché?
Perché questa cosa della scissione è da evitare assolutamente, è devastante. Ma ci si rende conto delle conseguenze che avrebbe?

Anche in Lombardia? Proviamo a parlarne…
No, guarda… Non voglio nemmeno figurarmela come ipotesi reale, non mi capacito di come ci si possa pensare seriamente…

Però la lettera  che hai promosso è molto più dura che conciliante, dice “La base del Pd, la nostra gente, non può accettare questa campagna fatta da chi non rispetta le regole interne, nè lo Statuto…” e anche “E’ paradossale che coloro che brindavano per il NO al referendum come un evento epocale, oggi siano i primi a dire che tutto deve rimanere così fino al 2018” (la pubblichiamo integralmente a parte a fine intervista, ndr)
Va letta tutta, il senso complessivo è quello di un forte appello all’ unità del partito. Un appello accorato, e rattristato… certo, molto rattristato perché evocare la scissione in una situazione politica in cui dovremmo sentirci tutti impegnati a fare fronte comune contro il Trumpismo, la deriva populista che fa crescere le destre anche in Italia, anche in Lombardia, e minacciare le carte bollate quando invece dovremmo vedere il Congresso come l’occasione per fare uscire proposte forti sul lavoro, sull’Europa, sull’inclusione sociale… beh vuol dire scavare un solco profondissimo fra il PD e la gente, che poi pagheremo tutti.

Ma perché non aprite sui tempi del Congresso? È poi così fondamentale affrettarlo? 
Non è una questione di forma, è sostanza. La sensazione è che la minoranza non veda il Congresso come il luogo della discussione, ma lo veda invece come lo strumento per logorare Renzi. E questo non va bene, affatto. Cioè: se quello che si chiede è una discussione importante, seria, sulla linea politica della segreteria PD rispetto ai problemi veri del Paese… siamo aperti a qualsiasi critica e ci rimettiamo agli esiti democratici della fase congressuale. Se però la priorità non sono i contenuti da discutere, ma sono i tempi, e i tempi che piacciono sono soltanto quelli più lunghi… beh, allora le date del Congresso sono un falso problema, l’obiettivo vero è un altro: logorare, spostare tutto a dicembre per poi cercare di mettere il segretario in difficoltà attraverso i passaggi che ci saranno nel frattempo.. e questo è francamente inaccettabile, perché significa logorare tutto il PD e mettere in difficoltà anche il Governo Gentiloni.

E infatti, molti vedono la scissione vicinissima…
E si fa la scissione perché non si è d’accordo sulla data del Congresso? Ma è folle! Non si butta a mare una storia di anni per una data su un calendario, andiamo! Un conto sarebbe stato se Renzi avesse rifiutato il luogo del confronto democratico, ma Renzi ha detto facciamolo il Congresso! Intendiamoci: se si apre un pre-giudizio di fondo su Renzi che va oltre ogni altra considerazione, se il vero problema è non voler stare in un partito in cui c’è Renzi… beh, la cosa è assurda, inaccettabile. Renzi è stato votato da milioni di persone alle ultime primarie, è il leader del Partito democratico. Chi lo vuole sostituire deve farlo nel Congresso, non può farlo sulle pregiudiziali… Spero che prevalga la saggezza perché continuare sulla linea della contrapposizione frontale alla persona Renzi vuol dire far perdere tutti, far male a tutti, a tutto il Centrosinistra e in ultima analisi al Paese.

Del Paese prendiamo ora una parte importante, la Lombardia. Ci fu un tempo in cui (sembrano passati secoli dalle euroee del 2014) addirittura si parlò di conquista “renziana” dei ceti produttivi lombardi, quelli che da decenni preferiscono il centrodestra. Adesso il vento del Nord soffia di nuovo fortissimo contro il vostro naviglio che già di suo, dicevamo, è in burrasca. Le elezioni regionali saranno fra un anno: che ti dice la bussola, Alessandro Alfieri?
Che, evidentemente, la strada era già in salita e adesso questa lotta intestina sulla segreteria nazionale ci cade addosso come un macigno. Proprio mentre iniziavamo a impostare, finalmente per tempo, tutta la campagna elettorale. Ma vediamo il positivo: negli anni scorsi abbiamo recuperato posizioni. Partivamo con dei distacchi enormi rispetto al Centrodestra, abbiamo fatto un lavoro passo passo e nei centri urbani ha funzionato: abbiamo vinto tutti i Comuni capoluogo. Abbiamo poi quasi tutte le province lombarde: vinte con uno schema molto aperto, cioè centrosinistra largo in alleanza con i movimenti civici. Nello stesso tempo ci è chiaro dove sta il nostro punto debole: nelle realtà più piccole il Centrodestra resta molto forte e radicato. Quindi per poter puntare a un risultato positivo abbiamo assoluto bisogno di partire in anticipo. Ed è quello che stiamo cercando di fare: abbiamo dato avvio al progetto verso Lombardia 2018, molto diffuso a livello capillare sul territorio: abbiamo mappato in 100 aree omogenee la regione e ci saranno 100 incontri con tavoli tematici sui temi dell’economia del lavoro, del nuovo welfare, la mobilità sostenibile, l’istruzione, formazione e cultura. Questa è la parte programmatica che deve essere molto coinvolgente ma con questa situazione nel livello nazionale del Partito…

E il Campo progressista di Giuliano Pisapia è un campo comune o un’altra metà campo?
È una esperienza molto interessante, a mio avviso. Poi vedremo, io ovviamente osservo dall’esterno, dal Pd. Ma lì c’è l’idea di un centrosinistra largo sul modello che ci ha fatto vincere nelle amministrative degli scorsi anni. E per quel che riguarda la Lombardia mi interessa tutto quello che può coinvolgere i movimenti civici e i tanti sindaci indipendenti che hanno rotto con il centrodestra e con la Lega e vogliono ritrovare le ragioni di un buongoverno da progettare insieme a livello generale, regionale. Però per camminare su questa strada serve davvero un clima diverso dentro al PD, e un diverso spirito. Come diciamo nella lettera-appello, in alcuni nostri territori abbiamo già constatato come le divisioni si possano pagare a carissimo prezzo. Evitiamo gli errori del passato, nel locale e nel nazionale. E allora speriamo che le prossime siano giornate di saggezza, e non di pazzia…

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CAT: Milano, Partiti e politici

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