La vera grande questione pubblica a Milano è quella dell’abitare

13 Giugno 2019

Fra i pochissimi mercati immobiliari molto vivaci in Italia, quello di Milano orma attira investimenti nazionali (la massa del risparmio di un paese di 60 milioni di abitanti) ed internazionali (Milano attira quasi il 50% degli investimenti internazionali) in una misura che inevitabilmente condiziona e di molto la possibilità degli abitanti attuali e potenziali di procaccaciarsi un’abitazione. La popolazione locale “compete” con i super-rich globali – che sono arrivati anche con le grandi operazioni di trasformazione ormai concluse e che erano orientate anche a loro (City Life, Porta Nuova) – e anche con le strategie di investimento del ceto medio-alto nazionale che manda i propri figli a Milano a studiare e/o ad avviarsi al lavoro.

Inoltre, al di là delle grandi trasformazioni urbanistiche, in questi anni si sono prodotti imponenti, diffusi processi di valorizzazione – prevalentemente in virtù di investimenti privati, ma non solo, oltre che per la generale crescita della città (i casi dell’area della Bocconi o forse meno di Piazzale Lodi per Fondazione Prada, e ora arriva la valorizzazione generata da Linea 4) – rispetto ai quali l’attore pubblico non ha strumenti per ragionevolmente internalizzare parte dell’aumento della rendita (catasto non aggiornato, prima casa non tassata diversamente da quanto avviene in tutti i paesi OECD).

In tutto questo la città e l’area metropolitana crescono e crescono per una rinnovata dinamica demografica che coinvolge gruppi sociali che cercano case in affitto (giovani lavoratori, studenti, famiglie monogenitoriali) mentre contestualmente la trasformazione demografica – con l’esplodere dei nuclei mono-familiari – rende del tutto inadeguata l’offerta in affitto per tali nuclei (anziani soli non proprietari, giovani lavoratori single) ed ormai appare problematica anche per le coppie del ceto medio.

L’offerta in housing sociale è in crescita ma con un’incidenza ridottissima e, come noto, è in grado di rispondere solo a determinati profili “di mezzo” mentre quella pubblica non cresce ed anche esperienze virtuose come la gestione del canale concordato rimane su numeri ridotti. Tutto questo pone degli evidenti problemi di equità perchè 1) tutti letteralmente tutti produciamo la valorizzazione della città, ma ad oggi sono solo i proprietari ad incamerare la gran parte di questi processi collettivi di creazione del valore, 2) gli investimenti pubblici in questo sistema accrescono non solo la qualità della vita ma anche ma anche i processi già molto forti di valorizzazione della proprietà (quindi attenzione a dire che la crescita immobiliare deve essere orientata agli investimenti pubblici in “periferia” perchè questo produce ulteriore valorizzazione, mentre dobbiamo puntare sull’inclusione orientando gran parte di quella spesa all’abitare pubblico e sociale oltre che a servizi fondamentali quali la scuola), 3) a queste condizioni l’accesso all’affitto ed alla proprietà appare problematico per i ceti popolari e per parte dei ceti medi (un bilocale in affitto a 700 euro, come accade in zone semiperiferiche, è molto problematico per redditi medi e fissi). E pone anche dei problemi di sviluppo, perchè la crescita demografica di questi anni non potrà andare avanti a lungo se le condizioni di accessibilità peggioreranno significativamente.

Questi sono grandi problemi che implicano soluzioni con grandi numeri e grandi cambiamenti nelle regolazioni (dovrebbero essere nazionali, ma a livello locale molto si può fare). E non è detto che si debbano risolvere alla scala comunale, anzi direi che è impossibile, ma ad una qualche scala vanno affrontati (quella metropolitana è inevitabile, bisogna però che sia una strategia e non l’esito non governato di un processo). Anche in Europa sta diventando a tutti molto chiaro che il cleavage sociale emergente nelle grandi aree metropolitane è quello fra affittuari e proprietari, perchè è quella la condizione che regola l’accesso alla città (ovviamente con tutte le articolazioni interne a quei due macro-gruppi). Direi che ormai è chiaro anche a Milano. Bisogna agire con rapidità ed efficacia, pena la trasformazione stessa della città da città del lavoro a città della rendita.

TAG:
CAT: Milano, Qualità della vita

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