Cibo

Sapori d’Italia

14 Dicembre 2025

L’Italia è universalmente conosciuta per la sua ricchezza “di contenuti” che, a 360°, spaziano da quella culturale e paesaggistica alla sua storia – dalla lingua alla politica alla musica. Moda e design parlano di stile ed eleganza, lo stile di vita, il cibo e il buon vino, sono mix che rendono unico il nostro Paese che ha sempre suscitato l’interesse dei visitatori e conquistato i palati di tutti i paesi esteri: l’Italia è un luogo desiderato dove poter realizzare l’arte di godersi la vita. Nella nostra penisola, dall’identità poliedrica che affascina il mondo, il cibo ha sempre ottenuto i primi posti nelle classifiche internazionali fra gli esperti di gastronomia, per i piatti e le specialità regionali, queste ultime caratterizzate dall’uso di ingredienti semplici e di alta qualità. Le ricette, dalla preparazione semplice, ma affidate alle mani laboriose di chi amalgama gli ingredienti, non solo come un mero intreccio di pesate, ma con “l’amore” per i prodotti, realizzano piatti unici dal gusto inimitabile. Una cucina variegata, quella italiana, riconosciuta per la qualità degli ingredienti, per l’equilibrio dei sapori, una vasta gamma di piatti – dai salati ai dolci più prelibati – realizzati con materia prima protetta da denominazione di origine (DOP) o indicazione geografica protetta (IGP).

La materia prima, ha ottenuto il giusto coronamento e riconoscimento dal Comitato intergovernativo dell’Unesco, riunito a New Delhi, in India: la cucina italiana è stata inserita nella Lista del Patrimonio Culturale Immateriale della Convenzione UNESCO, riconosciuta nella sua interezza, una pratica culturale che vive di elementi della natura capaci di sprigionare aromi e sapori, elementi in grado di favorire creatività, partecipazione e dialogo tra generazioni e culture. É lungo l’elenco degli ingredienti, solo per citare alcuni condimenti essenziali, l’olio extravergine d’oliva, il pomodoro, la mozzarella, il basilico, il prosciutto, il parmigiano, il tartufo, il gambero rosso, infiniti elementi che non creano “solo piatti” ma vere e proprie esperienze sensoriali. Tra i piatti celebri e più richiesti della cucina italiana, detengono il primato la pizza Margherita, la pasta alla carbonara, le lasagne, il risotto alla milanese, il tiramisù, ricette che, seppur rivisitate, custodiscono le ricette tramandate di generazione in generazione perché rappresentano non solo il risultato della creazione degli chef, ma sono il momento della convivialità e della condivisione che ci unisce a tavola. Dalle mani della massaia più esperta e appassionata a quelle dello chef stellato, pur reinterpretando e innovando le ricette, le tradizionali regionali non perdono mai l’autenticità e la genuinità perché rappresentano piatti unici della nostra cucina.

La storia e la tradizione culinaria del nostro Paese affondano le radici nell’antichità, quando l’Italia era abitata da popoli come gli Etruschi, i Greci e i Romani, civiltà che hanno lasciato ingredienti semplici e un’impronta duratura sulla nostra cucina, che allora includeva principalmente grano, olive, uva e legumi.  I Romani cominciarono ad importare spezie esotiche, frutta, verdura e carni per il loro Impero perché erano già noti per la loro passione per il buon cibo e la loro cucina sofisticata. Basti pensare che al tempo erano già presenti le prime forme di pasta, e diverse fonti romane citano una specialità chiamata “lagana”, diretta antenata dell’attuale lasagna. I salumi erano un alimento essenziale nella dieta quotidiana e i Romani avevano sviluppato tecniche di conservazione della carne, tra cui la salatura e l’essiccazione, la carne di maiale come citato da Ippocrate, risultava quella che forniva al corpo umano più forza rimanendo più digeribile. Gli Ostrogoti, i Longobardi e i Bizantini hanno successivamente introdotto nuovi ingredienti, ma fu durante il Medioevo e ancor più nel Rinascimento che la cucina raggiunse la sua massima espressione e le nostre ricette italiane hanno segnato la storia del sapore del Belpaese.

I piatti più iconici sono stati spesso celebrati nelle pellicole di film che hanno accompagnato la storia cinematografica del Paese, dove il cibo ha espresso metaforicamente le problematiche, la storia, la convivialità, il lusso o la precarietà di tempi che hanno rappresentato il substrato sociale e l’evoluzione giunta fino ai giorni nostri. Il rapporto con il cibo è spesso sfaccettato – siamo ciò che mangiamo – con una maggiore consapevolezza verso l’alimentazione sana, più attenzione al consumo di frutta, verdura e prodotti genuini, ma il cibo è purtroppo sempre legato a comportamenti disfunzionali della gestione delle emozioni quando diete ed estetica prendono il sopravvento. Come non ricordare la scena esilarante di “Miseria e nobiltà”, dove il grande Totò, in un eccesso di fame dovuto alla situazione di miseria vissuta in famiglia, trasforma gli spaghetti in un momento di ballo casalingo, riempiendo le tasche di spaghetti. Il film “Un americano a Roma”, riporta ad Alberto Sordi in preda al mito esterofilo dell’America…dopo una disavventura, si accanisce sul piatto di maccheroni con rabbia per esprimere il conflitto tra la sua americanizzazione posticcia mantenendo le radici italiane. E sono decine e decine i film che con “i protagonisti essenziali” –  pane, cioccolato, fior di latte, ragù, minestrone, polpette e amatriciana – hanno reso celebri capolavori italiani che mai tramonteranno: da Sorrentino a Pasolini, da Francis Ford Coppola a Monicelli, le tematiche legate ai momenti significativi della vita di tutti i giorni, segnati dalla guerra e spesso associati alla carenza di cibo e alla fame, erano interpretate a tavola dai grandi attori del tempo come Mastroianni e Gassman: questi ultimi e la loro banda di ladri nel film “I soliti ignoti“, a causa di un colpo malriuscito, sono costretti a rinunciare al colpo a notte tarda, approfittando di un buon piatto di pasta e ceci, già pronto nella casa da “scassinare”.

Dunque gli ingredienti italiani sfamano la curiosità sia di chi ama il cinema sia di chi ama la buona cucina magari sulla tavola imbandita delle festività imminenti che diventa un’occasione di incontro e di confronto familiare, un’occasione di gusto per un’intima chiacchierata tra amici. Purtroppo assistiamo ancora a scene, drammaticamente reali e non cinematografiche, legate al cibo. Nei luoghi di guerra, sono assenti i momenti di convivialità e si osservano immagini dirette e con un linguaggio non subliminale che sottolinea la tragica situazione ancora vissuta dai bambini e dal popolo ucraino e israelo-palestinese, scene dolorose che parlano ancora di devastazione, laddove non esistono scene di cucina, mense e banchetti e il cibo, in questi contesti, è il protagonista assente e più richiesto, assieme alla pace e alla tregua: uomini, donne e bambini malnutriti accanto alle macerie, si accalcano disperatamente verso gli aiuti umanitari, nel tentativo di ricevere un mestolo di zuppa.

Le feste intanto bussano alle nostre porte, ogni regione preparerà piatti irrinunciabili e della tradizione che da sempre definiscono il nostro stare insieme a Natale con pranzi che assumono le sembianze di una maratona godereccia e interminabile con i “2-3 chili in più” come zavorra di stagione che dovremo smaltire. Ma siamo il popolo del cin-cin, amanti della buona forchetta ed è fondamentale rispettare il folklore locale, sedersi a tavola con la propria famiglia, e come sosteneva Cicerone :”ciò che mangiamo in buona compagnia è metabolizzato”. Dunque bando al training pre-natalizio, sfociando negli estremismi, magari cuocere qualche grammo di pasta in meno dinanzi a numerose portate può essere utile, il celebre detto di Totò parla chiaro:“ Si dice che l’appetito vien mangiando, in realtà viene a star digiuni” quindi giungerà con calma il tempo per smaltire i bagordi festivi perché sedersi a tavola è un rituale, un momento che ci lega a ricordi vicini e lontani, una parentesi di stacco dalla frenesia quotidiana, senza tralasciare che la tavola dovrebbe essere il luogo privilegiato, in famiglia, per comunicare ed educare.

E visto che il cibo ci descrive e fa anche diplomazia, alla luce della necessità di pace, non dimentichiamo che nel cibo c’è la pace, chi mangia bene pensa meglio: se è vero che tutte le rivoluzioni cominciano per strada e finiscono a tavola e non esistono problemi che non possono essere risolti attorno a un tavolo – purchè ci sia volontà e fiducia reciproca o anche paura reciproca – l’augurio è che gli chef sappiano preparare con amore pietanze dai sentori di dialogo e di riconciliazione, perché un piatto preparato con rancore diventa strumento di violenza e preludio di un futuro pericoloso.

 

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