Scuola
Impegni di scuola
É giunto al termine l’anno scolastico e, per milioni di studenti, la fine di un ciclo di studi: come nella foto di fine anno, si attinge ai ricordi e alle esperienze indimenticabili vissute con i compagni, tra le fatiche di interrogazioni, compiti in classe, dubbi e incertezze per la scelta del percorso di studi futuro. Ad occupare i banchi, divenuti spogli e silenziosi, sono i docenti, alle prese tra impegni e attività extrascolastiche, aggiornamenti, scrutini ed esami. Adempimenti e attività per gettare le basi sugli intenti e le linee guida da adottare con il prossimo anno scolastico e la sua attività educativa e formativa.
Tra programmazioni e tematiche da affrontare, sono tanti gli argomenti e i momenti delicati che incidono sul percorso degli studenti nel corso dell’anno. I progetti sono ormai i protagonisti assoluti della quotidianità e della politica scolastica, infarciti di notizie o scarni nei contenuti, talvolta disorientanti, talvolta sono gestiti da esperti in materia non sempre vicini alle metodologie di insegnamento ma la scuola è ormai divenuta sinonimo di progettificio didattico, prediligendo questi momenti che sottraggono tempo alla didattica e si ripercuotono sulla qualità degli apprendimenti. Ma la scuola va avanti, tra classi sovraffollate e programmi di studio da rivisitare, cercando di uniformarsi all’ideale di scuola europea, una scuola che si trova ancora paradossalmente a fare i conti spesso con chi, provenendo da percorsi di studio differenti, non è sempre formato sull’insegnamento a bambini e ragazzi, con una concentrazione sempre più alta di fragilità e bisogni specifici. La scuola assume sempre più sembianze multietniche, con “capitale umano” che richiede accortezze comunicative differenti, conoscenze della lingua universale – l’inglese – per la comprensione dei contenuti immediati e che necessita di una miglior fruizione dell’italiano per eliminare le diversità e le difficoltà nello scambio comunicativo tra pari nell’ambiente di scuola.
Come non giustificare le difficoltà che si evincono nella coniugazione di verbi, nella lettura, nell’incapacità di scrivere una frase semplice se tuttavia più che aumentare i tempi del potenziamento si accresce l’affastellamento di attività progettuali che non accrescono le abilità linguistiche e al tempo stesso, penalizzano la comprensione e l’acquisizione più dettagliata dei contenuti di matematica, la materia sempre poco accolta sui banchi di scuola. Ma la scuola va avanti: si parla sempre più spesso delle discipline STEM – acronimo di scienze, tecnologia, ingegneria e matematica- che nel mondo dell’istruzione e della formazione lavorativa, acquisiscono un ruolo sempre più importante. Si “cerca” di incoraggiare la vocazione scientifica, di facilitare l’approccio verso queste discipline, ostili ai più, con attività innovative, ma i programmi ministeriali andrebbero rivisitati in parti concettuali, a partire dal primo ciclo di studi della scuola primaria, laddove già si innesca la scintilla del gradimento verso l’una o l’altra disciplina. Non si può infondere la scienza o comandare una mente a pensare come uno scienziato, un ingegnere o un matematico se la propria intelligenza innata si basa su pilastri e genio da musicista o letterato, dunque tenendo conto dei talenti e delle potenzialità dei ragazzi e delle forme di intelligenza multiple identificate da Gardner. Ma la scuola è ormai completamente diversa rispetto a quella del passato, la scuola segue i cambiamenti del futuro, negli aspetti positivi e negativi.
I docenti non sono più gli unici detentori del sapere perché piccoli e grandi preferiscono l’innovazione tecnologica ai programmi di studio sui libri di scuola, nel mondo iper stimolante di Internet è impensabile essere motivati andando alla ricerca di contenuti con metodologie ormai obsolete quali enciclopedie e vecchie pagine ingiallite non al passo con i tempi. L’informazione, giusta o sbagliata, è ormai di dominio pubblico, con il semplice click del cellulare alla mano e ChatGPT – lo strumento che “inventa cose che sembrano giuste”- i suggerimenti sono garantiti a 360°, i compiti possono essere svolti con invidiabile velocità e facilità, purtroppo con ripercussioni sull’utilizzo critico e personale delle proprie facoltà intellettive. Ma rigettare e rifiutare le innovazioni non è neppure la strada giusta e, sul tavolo delle infinite discussioni del mondo dell’istruzione, le riflessioni sono tante, quali l’idea di declinare una scuola aperta con orari dilatati e ad oltranza nei mesi estivi, piuttosto che pensare ad una riforma metodologica, che rifletta sulla qualità degli apprendimenti degli studenti italiani che risulta sufficiente se paragonata agli altri paesi europei.
Con un’ulteriore aggravante discriminatoria: si ritiene che la qualità degli apprendimenti dei nostri ragazzi e ragazze è soggetta, a una grande variabilità, per via di molteplici divari e disuguaglianze, addirittura territoriali, con il Sud in “ritardo”, come sostiene il Rapporto Invalsi del 2022: in alcune regioni del Sud uno studente su due non raggiunge un livello accettabile di apprendimenti in matematica, quasi a dire che le caratteristiche geomorfologiche di un’area geografica montuosa rispetto ad una tipicamente pianeggiante risultassero svantaggiose per l’apprendimento, con le scuole del Nord e del Centro che necessitano di insegnanti di matematica, la cui maggioranza e i candidati che possiedono i requisiti sono proprio i docenti specializzati in discipline scientifiche e umanistiche che risiedono al Sud. E la scuola va avanti senza tralasciare il tema dell’inclusione e dei Bisogni Educativi Speciali. L’uso eccessivo dei dispositivi elettronici potrebbe influire sulla capacità di concentrazione degli studenti, interferendo con lo sviluppo naturale delle abilità attentive e logiche, dunque ogni anno cresce il numero di allievi affiancati dai docenti di sostegno che si destreggiano ricorrendo allo strenuo delle proprie forze fisiche per gestire patologie problematiche e comportamenti imprevedibili e pericolosi.
Giunti poi a conclusione dell’anno gli scrutini rappresentano il momento cruciale degli esiti scolastici…è in questi momenti che vacillano gli intenti mettendo in luce poca compattezza nel gruppo di lavoro. Team in cui, tenuti sotto la cenere i disaccordi e non considerando l’individualità altrui, emergono personalità con stili relazionali diversi che anche nella condivisione dei voti mostrano osservazioni discordanti. Così i docenti assumono le vesti degli esperti di docimologia, a ricordo dei sistemi di valutazione anticipati negli anni’20 da Henri Piéron, lo psicologo francese che aveva sperimentato tale scienza di valutazione delle prove e degli allievi. Solo a conclusione dell’anno, si ammette che più che decantare il ruolo positivo dell’intelligenza artificiale nello sviluppo dei nostri giovani, si deve pensare alla scuola quale comunità fondata sulle relazioni umane.
La scuola osserva la presenza di docenti spesso di età avanzata, alle prese con bambini e ragazzi altamente attuali, e i docenti devono affrontare le numerose problematiche adolescenziali spesso scatenate dai social e l’utilizzo smodato delle tecnologie, spesso quando la supervisione dei genitori sia manchevole o inesistente. Lo psicanalista Galimberti sostiene “Forse siamo al punto cruciale. Oggi i piccoli si formano come capita. I genitori lavorano e rincasano a casa tardi, il bambino è sommerso di impegni extrascolastici, è affidato alla baby sitter, davanti alla televisione o allo smartphone, non c’è più il tempo di capire quali siano le sue mappe emotive, o guardare il disegno fatto a scuola. I figli vengono su come possono”, dunque i cambiamenti che la società comporta spesso destabilizzano anche la scuola e la sua funzione educativa.
Accantonati i faldoni di verifiche del lungo anno scolastico – ricordando gli sguardi trepidanti degli alunni e l’ingegnosità nell’affrontare compiti ed interrogazioni – si giunge alle anelate e sudate vacanze, sempre tanto demonizzate dai più. Sancito dall’art.36 della costituzione (Consiglio di Stato- parere del 13.6.1966, n.338), le ferie o vacanze, si configurano come un diritto soggettivo irrinunciabile di garantire l’integrità psicofisica del dipendente contro il logorio conseguente alla prestazione del servizio per un certo periodo di tempo, e bisogna sottolineare quale sia il logoramento psichico e fisico cui è sottoposto il docente nel compiere il suo lavoro e quale lenta consunzione, spesso senza accorgersene, sono sottoposti gli educatori. Ma il mestiere d’insegnare, supera ogni stress e fatica…La prima cosa che fa un insegnante è aiutare ad incidere i primi solchi di un percorso di vita che proseguirà lontano. Non è tanto la materia che si insegna, il complemento oggetto, il verbo o l’equazione da risolvere, ma far affiorare in ciascuna giovane mente quel talento potenziale, a volte inaspettato, che è nascosto ed attende di venire fuori. La pausa estiva? É la meritata ricarica per gli insegnanti e gli alunni, è la condizione ideale per far emergere desideri, idee e “buoni propositi”, ed è anche il tempo per maturare!
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