
Scuola
I monologhi della vagina in scena in un liceo, ma i Pro-vita vogliono metterci il bavaglio
In quel di Torino il Liceo Cavour osa ospitare “I monologhi della vagina”, opera teatrale che imperversa ovunque da anni, nell’ambito del festival Teatro e Scienza. I Pro-Vita mettono mano alla mail e chiedono di fermare tutto: la vagina non deve parlare a scuola.
In quel di Torino, città che evidentemente non dorme mai, quando si tratta di cultura, accade l’inaudito: il Liceo Cavour, nell’ambito del festival Teatro e Scienza, osa ospitare I monologhi della vagina, celebre opera teatrale che da decenni imperversa in tutto il mondo con la sua carica di ironia e sincerità anatomica (nella foto di copertina, la celebre opera di Coubert, inquadrata a debita distanza).
A difendere la virtù scolastica interviene solerte l’associazione Pro Vita & Famiglia, che con tono allarmata scrive una PEC (la forma più elevata di protesta digitale, si sa) al dirigente scolastico, non dimenticando di mettere in copia conoscenza mezza Repubblica. Chi manca? Forse solo il Papa, ma quello forse è stato informato per le vie brevi. «Il portavoce, Jacopo Coghe, parla di “genitori allarmati” – e qui il tono si fa quasi apocalittico – per l’inquietante prospettiva che i loro figli possano ascoltare parole come “orgasmo” o “prostituta dominatrice” senza prima averne letto su internet o scoperto via TikTok. «Ci chiediamo – scrive – quale sia il fine educativo di un progetto che parla agli studenti con nomi tribali e volgari dei genitali femminili, di orgasmi e tradimenti coniugali, che racconta di richieste di attenzioni sessuali per raggiungere l’orgasmo, ma anche di dialoghi tra bambine di sei anni e i loro genitali, di ‘prostitute dominatrici’ e mettendo persino in scena gemiti espliciti». Va da sé che ci si aspetta che «l’Ufficio Scolastico Regionale e il Ministero dell’Istruzione intervengano con la massima attenzione sul caso e che Comune e Regione ritirino il patrocinio».
Si invoca un controllo, si esige un intervento, si auspica una restaurazione del silenzio genitale.
Il vero punto, però, non sembra essere tanto cosa si dice, ma dove. Il problema non è I monologhi della vagina – che probabilmente molti dei contestatori non hanno mai letto né visto – ma che vengano portati in scena in una scuola.
Ma viene da chiedersi: se non si può parlare di corpo, di sessualità, di identità e perfino di desiderio con i ragazzi, allora quando? Quando saranno già adulti, disinformati e un po’ confusi, magari proprio grazie a quel silenzio pedagogico che chiama “protezione” ciò che somiglia troppo a censura?
E poi, sia detto senza offese: a scuola si è sentito e si è visto di peggio e di molto più scandaloso: come un balletto di studentesse per accogliere niente di meno che un Ministro dell’Istruzione.
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