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Calcio

Conte è stato bravo, ma niente illusioni: c’è da ricostuire la Nazionale

di Stefano Iannaccone
4 Luglio 2016

Un grande merito va attribuito ad Antonio Conte. Da “ct antipatico”, accolto con ostracismo da quasi tutti (juventini esclusi), ha saputo far appassionare gli italiani alla Nazionale, nonostante l’eliminazione ai quarti di finale di Euro 2016. Ma, ora che la mente è più fredda rispetto al groviglio di emozioni post partita, è possibile fare un’analisi più razionale. E che, in prospettiva, non offre granché di positivo. Certo, Conte è riuscito a cavare sangue dalle rape. Perché con una squadra limitata dal punto vista tecnico ha sconfitto – in maniera netta – due avversarie più dotate e più quotate come Belgio e Spagna. Smentendo anche il refrain dell’Italia catenacciara. Poi ha portato ai rigori i campioni del mondo.

Ma, a onor del vero, l’evoluzione del gioco si è bloccata ai quarti: già contro la Germania si è rivista una squadra “vecchio stampo”. La Nazionale ha proposto il modulo “in 10 dietro la linea della palla” e tentativi di ripartenze in contropiede per mettere in difficoltà gli avversari. Nemmeno il gol di Bonucci su rigore, fischiato su gentile concessione di Boateng, ha dato una scossa: appena realizzato il pareggio l’Italia è tornata nella sua tana, attenta a non concedere un centimetro di spazio ai tedeschi. E pur di non modificare gli equilibri il ct ha lasciato in campo un Eder, generoso nel lavoro di “mediano” ma invisibile come seconda punta. Infatti Conte ha giocato la carta-Insigne in evidente ritardo nell’ottica di non intaccare i meccanismi. E proprio la volontà di avere una squadra a sua immagine e somiglianza ha portato al sacrificio di Jorginho e Bonaventura per lasciare spazio ad altri. Per carità, parliamo di onesti calciatori non di fenomeni. Ma, a conti fatti, sarebbero tornati più utili di altri inadatti (vedi Bernardeschi ed El Sharaawy) al modulo prescelto.

La questione vera, però, non è “quel che è stato fatto”. Perché – al netto di alcune imperfezioni – gli azzurri hanno perso tra gli applausi: un fenomeno non proprio frequente in Italia, specie se si parla di Nazionale. Il guaio è che, a differenza del mantra generale, la gestione-Conte non ha davvero gettato le basi per il futuro: il rendimento di questo gruppo è stato sostanzialmente positivo perché in panchina c’era lui. Tanto per essere chiari: Giampiero Ventura è chiamato a ricostruire la Nazionale, anche in fretta (nel girone c’è la Spagna e bisogna batterla), durante la qualificazione alla Coppa del Mondo in Russia. Deve cercare calciatori di qualità per essere competitivi e con loro costruire un nucleo vincente. Perché è bene dirlo con chiarezza: il mito del “gruppo” più importante di qualsiasi altro aspetto diventa pericolosa. Quel che conta, specie in competizioni brevi come Europei e Mondiali, è la necessità di puntare sul talento e di metterlo insieme. E, per fare un esempio pratico, è necessario investire su un Insigne, capace di risolvere una partita, invece di insistere su una seconda punta in versione mediano alla Eder.

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