Il piano Gutgeld è aria fritta: la vera riforma è far pagare medicine e ricoveri

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27 Luglio 2015

Non è che sia una patacca il piano Gutgeld sulla spending rewiev e il relativo sottopiano sulla Sanità, da cui raccattare voracemente almeno una decina di miliardi. È che non c’è. O meglio, interrogato da Repubblica, l’interessato non ha risposto. O meglio ancora: ha messo insieme una serie di parole e di frasi che, alla fine, non sostanziavano nulla. Il nulla. A questo punto, preoccupa soprattutto il silenzio di un tipo molto, molto, serio come il professor Perotti, ordinario di Economi alla Bocconi, uno che sulla Voce.info era puntuale e severo nelle critiche al governo, e che da qualche mese affianca (affiancherebbe?) l’ex McKinsey, oggi deputato pd e consigliere di Renzi, nella ricerca spasmodica di quelle sacche di inefficienza da tagliare.

Ha detto talmente poco Yoram Gutgeld nell’intervista a Rep che nonostante questo è riuscito nell’impresa titanica di allarmare regioni (per gli eventuali tagli) e associazioni di medici (per l’abuso della medicina difensiva). Per questo, oggi è dovuta intervenire anche la Lorenzin. Per dire sostanzialmente due cose. La prima: ovviamente sui servizi non c’è più nulla da tagliare. La seconda, nota: si risparmia razionalizzando la spesa e armonizzando i servizi. Insomma, il cittadino deve presentarsi in ospedale (pronto soccorso) solo se ne ha piena necessità. Sennò, fuori dalle balle.

Fa certamente piacere sapere che sulla Sanità si giocano molte delle carte di un Paese civile. E due interviste così pesanti a stretto giro di posta, di autorevoli personalità di governo, stanno lì a testimoniarlo. Ma visto che si gira sempre intorno ai soldi, soldi che mancano, soldi che si sprecano, soldi che si cercano, è davvero incredibile che non si acceda culturalmente come Paese all’unica riforma possibile. L’unica riforma possibile, non esattamente gradevole per una parte di Paese, è semplice, quanto inesorabile: far pagare medicine, prestazioni, ricoveri (ovviamente a seconda del reddito). Questo sarebbe un esercizio virtuoso di sanità pubblica, che oggi invece è esattamente Assistenza Pubblica, Spreco Pubblico. (negli emendamenti al decreto “omnibus” si può notare la mancanza di coraggio: il ministero stilerà la lista di esami e analisi prescrivibili, fuori da questi si paga. O anche: nuove soglie nei ricoveri per riabilitazione, oltre tot giorni si pagherà in percentuale).

L’idea che la Sanità italiana sia sostanzialmente gratuita è un equivoco straordinario su cui tutti campano (materialmente). La sanità pubblica così concepita diventa per un tortuosissimo complesso di cose: una sanità a pagamento, sotto naturalmente altre forme. Il rovesciamento culturale dovrebbe avere il passo di una crescita collettiva, secondo cui ognuno concorre alla sua sanità secondo i suoi mezzi. Perché, faccio il mio caso così nessuno si offende, il mio ricovero dev’essere completamente gratuito per il mio portafoglio ma non per il portafoglio di tutti gli altri e così a catena? Prendiamo la famosa medicina difensiva, per cui un medico ti “ammolla” tutte le prescrizioni che vuoi per proteggersi da magagne di qualunque tipo (anche giudiziarie). Se il cittadino quegli esami, quelle analisi, fosse costretto a pagarsele il patto “scellerato” medico-paziente verrebbe naturalmente meno.

Ci dev’essere una forma atavica di paura nel chiedere ai cittadini di sostenere una cosa pubblica, dev’esserci forse un interesse elettorale, perché ormai è passata l’idea che se la sanità italiana è un vanto, sotto il profilo di certe eccellenze, è perché non si paga e la paga lo Stato (noi quindi sotto forma indiretta). Visto che l’Italia, per quanto riguarda il comparto medico, è la terra delle diseguaglianze, è giusto che quelle eccellenze, che già esistono, aumentino ancor di più, si spalmino con più equilibrio sull’intero territorio, senza quei dislivelli regionali inaccettabili.

Si può avere un mondo diverse, se chi ne ha la possibilità si paga (in parte) medicine, prestazioni, ricoveri. Ma ecco dove arriva il collo di bottiglia: la rilevazione dei soggetti “sensibili”. Tutto ciò ha grandemente a che fare con la lotta agli evasori, a quelli che nascondono abilmente i proprio redditi, ai nullafacenti e ai nullatenenti che invece hanno un sacco di cose e un sacco di soldi. Per fare pagare le medicine a persone che hanno un (buon) reddito fisso (e a cui le tasse vengono trattenute alla fonte) devi «sembrare» giusto, alzando l’asticella dei controlli in modo inflessibile.

Sia dunque gentile, Yoram Gutgeld. Si attivi in questo senso, senza inseguire gli aquiloni.

TAG: riforma sanitaria, spending review, yoram gutgeld
CAT: Tasse

Un commento

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  1. marcogiov 9 anni fa

    “ognuno concorre alla sua sanità secondo i suoi mezzi”, infatti la sanità è finanziata con le tasse. Chi ha maggior reddito (o minore possibilità di evasione) dovrebbe a) pagare la sanità pubblica con le tasse e b) poi pagare le prestazioni?

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