Colpevoli di salvare vite umane

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2 Luglio 2019

È il comportamento del governo italiano a violare le norme internazionali, non la Sea Watch. La surreale criminalizzazione del soccorso in mare e la realtà rovesciata. Carola Rackete ha vinto.

 

 

Al termine di oltre due settimane di ansia continua e di dibattito surreale sulla pelle di quarantadue naufraghi ammassati sotto la coperta di una nave a tredici miglia dall’Italia e dall’Europa sovvengono alcune considerazioni su diritto, etica pubblica e senso del dovere e delle istituzioni, nella consapevolezza che l’esito della vicenda è stato, in fin dei conti, positivo.

 

Come spiegano in maniera semplice ed efficace Vitalba Azzollini su Linkiesta e il Prof. Pasquale De Sena su Avvenire, il governo italiano avrebbe dovuto concedere il “place of safety” alla Sea Watch, mentre il decreto sicurezza bis utilizzato contro la nave dell’Ong viola le convenzioni internazionali (Sar, Solas, Rifugiati), che la Costituzione, tramite gli articoli 10, 11 e 117, considera sovraordinate alla legge nazionale. A nulla può servire l’acrobazia giuridica di definire la richiesta di approdo del capitano Rackete un “passaggio non inoffensivo”, in quanto la pretesa attività di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina imputatale è palesemente priva di fondamento, avendo ella tratto in salvo persone su un barcone in difficoltà e avendo chiaramente comunicato le proprie intenzioni consistenti nel terminare l’operazione di salvataggio in collaborazione con le autorità italiane. Nemmeno può essere invocata la mancata rotta verso la Libia, la Tunisia, Malta (questa non esente spesso da contraddizioni e comportamenti discutibili in materia di soccorso in mare) o altri stati, essendo questi paesi dove, alternativamente, è stato ampiamente dimostrato lo stato di grave pericolo in cui i migranti verrebbero a trovarsi, non vengono rispettate le convenzioni su asilo e condizioni di accoglienza, o non sono i più vicini (tanto meno Olanda e Germania, citate da Salvini) al luogo di raccolta dei naufraghi stessi. Una volta avviato il processo alla comandante tedesca il decreto sarà facilmente impugnabile per incostituzionalità.

 

 

Ad ogni modo, al di là dell’aspetto giuridico e stendendo un velo pietoso sulla campagna di vomito e bile lanciata sui social contro il capitano Rackete, come su alcune farneticanti uscite di primari leaders politici, incluso il Ministro degli Interni, rimane la coraggiosa assunzione di responsabilità di una donna che rischia personalmente per portare a termine un salvataggio di quarantadue (!) PERSONE, di cui lei, e solo lei, può conoscere e giudicare lo stato psicofisico in cui versano, nonostante l’allucinante opposizione di autorità statali che avrebbero il primario basilare dovere di garantirle la collaborazione. Opposizione giunta al punto di ordinare ad una motovedetta della Guardia di Finanza di frapporsi davanti a una banchina con annessi movimenti finalizzati a ostacolare l’attracco ormai imminente di un’imbarcazione di cinquanta metri di lunghezza in ore notturne, con chiari rischi per l’incolumità dell’equipaggio. Con buona pace di chi parla di speronamento.

 

Quello a cui stiamo assistendo in Italia, senza dimenticare la scarsa solidarietà di buona parte dei paesi europei in anni in cui arrivavano più di 100 mila migranti dalla Libia, è un rovesciamento di prospettiva lunare, dove chi salva PERSONE è considerato criminale da un governo che in tutti i modi tenta di impedire di portare a termine il soccorso, perfino quando avrebbe potuto mettere in atto le misure di multa, sequestro e incriminazione (ci spiace per l’On. Meloni, ma l’affondamento ancora non è incluso) previste dal decreto già citato. Per di più in una fase in cui non vi è alcuna emergenza, dato che dall’estate 2017 i flussi si sono notevolmente ridotti e sono ora di qualche centinaio di persone al mese, alcune delle quali peraltro giungevano su barchini a Lampedusa nei giorni e nelle ore in cui la Sea Watch era in attesa davanti al porto. Tale contrasto dovrebbe suscitare ilarità, se non fosse altamente drammatica la situazione descritta.

 

 

Di fronte ad una tale propagandistica mistificazione della realtà è consolante che, alla fine, nonostante tutto, Carola Rackete ha raggiunto il suo obiettivo: i naufraghi sono stati fatti sbarcare. Il capitano Rackete ha vinto. I migranti sbarcati anche. Ora succeda quel che deve succedere e la giustizia faccia il suo corso.

 

Bacioni all’altro “capitano” (quello con le virgolette).

 

 

Francesco Linari

TAG: Carola, governo, italia, lampedusa, Libia, mare, mediterraneo, migranti, ong, Rackete, rifugiati, salvataggio, salvini, SAR, sea watch, soccorso, Solas, vite umane
CAT: Governo, immigrazione

9 Commenti

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  1. evoque 5 anni fa

    Condivido parola per parola il contenuto dell’articolo, salvo nel punto in cui la Meloni viene chiamata omaggiata col titolo di onorevole. Credo che non ci sia alcun obbligo di chiamare onorevole un parlamentare, men che meno il soggetto in questione: onorevole associato al nome della parlamentare mi sembra un ossimoro.

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  2. alding 5 anni fa

    Non credo sia il caso di santificare la Carola il cui obiettivo non credo fosse quello di salvare i naufraghi che aveva a bordo bensì quello di sollevare da sinistra una aspra polemica con il Ministro Salvini Supportata poi dai vari Del Rio e compagni). Se avesse voluto veramente salvare rapidamente i naufraghi avrebbe avuto molte possibilità più corrette e sicure. Ha fatto la sua libera scelta, se ne è assunta le conseguenze e per questo va rispettata, ma non santifichiamola, per favore.

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  3. francesco-linari-82 5 anni fa

    Vi era una certa dose di ironia.

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  4. francesco-linari-82 5 anni fa

    Nessuna santificazione. Solo riconoscimento di meriti. Quanto alla possibilità di fare altre scelte nel pezzo si spiega perché non erano possibili. Sull’obiettivo di creare un caso politico invece di salvare i migranti è un processo alle intenzioni che non ha alcun fondamento.

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  5. silvia-bianchi 5 anni fa

    Non credo che la comandante Rackete volesse polemizzare con nessuno: ha fatto semplicemente ciò che le leggi internazionali prevedono – ha tratto in salvo i naufraghi, ha evitato di riportarli in Libia in quanto non è un ‘place of safety’, ha chiesto al MRCC che aveva preso il comando (quello italiano) l’assegnazione di un porto sicuro di sbarco, come previsto dalla Convenzione di Amburgo. La comandante della Sea Watch 3 è stata fin troppo paziente, attendendo per 15 giorni al confine delle acque territoriali italiane, in posizione tale da poter ricevere la necessaria e doverosa assistenza (rifornimenti, sbarco dei malati), ciò che il nosro MRCC doveva garantirle da subito, cioè l’approdo e lo sbarco.

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  6. silvia-bianchi 5 anni fa

    Non credo che la comandante Rackete volesse polemizzare con nessuno: ha fatto semplicemente ciò che le leggi internazionali prevedono – ha tratto in salvo i naufraghi, ha evitato di riportarli in Libia in quanto non è un ‘place of safety’, ha chiesto al MRCC che aveva preso il comando (quello italiano) l’assegnazione di un porto sicuro di sbarco, come previsto dalla Convenzione di Amburgo. La comandante della Sea Watch 3 è stata fin troppo paziente, attendendo per 15 giorni al confine delle acque territoriali italiane, in posizione tale da poter ricevere la necessaria e doverosa assistenza (rifornimenti, sbarco dei malati), ciò che il nosro MRCC doveva garantirle da subito, cioè l’approdo e lo sbarco.

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  7. francesco-linari-82 5 anni fa

    Considerazioni perfette, Silvia Bianchi.

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  8. francesco-linari-82 5 anni fa

    Ora, a parte che io sono tutt’altro che comunista, fidati… Questo utente qui sopra che insulta e minaccia andrebbe segnalato e magari rimosso.

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  9. evoque 5 anni fa

    silvia-bianchi Come purtroppo è toccato di vedere, il servilismo tutto italiano verso il potente di turno è uscito anche in questa occasione: finanzieri che si frappongono, all’ultimo minuto, fra la Sea Watch e la banchina, quando ci sono pochissimi metri, ovviamente su ordine di chi temeva di scontentare il ministrello; prefetti che emanano ordini di espulsione quando i procedimenti a carico di Carola Rackete non si sono del tutto conclusi. Che fanno il paio con gli abusi di potere, reiterati, delle forze dell’ordine contro chi espone striscioni di dissenso, per lo più sarcastici Un Paese di cui vergognarsi.

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