La cronaca nera sbarra (o spiana?) la strada alla campagna elettorale

1 Agosto 2022

È ovviamente una coincidenza. Una macabra coincidenza, diremmo. Ma da quando siamo improvvisamente è ufficialmente piombati in campagna elettorale, le notizie di cronaca nera di moltiplicano e ci circondano, invadendo  le prime pagine di giornali online e offline, di telegiornali e le timeline dei social.

Ce n’è – come sempre – per tutti i (dis)gusti. Dalla morte insensata di due ragazzine travolte da un treno, a quella non meno inaccettabile di un mendicante nigeriano massacrato a Civatonova da un 32enne italiano. Passando per la storia di una madre che abbandona la figlia fino a farla morire, nella periferia di Milano, che come da tradizione “non si ferma” a riflettere su quanto male e quanta solitudine si porta dietro il suo, il nostro modo di stare “bene” al mondo. In mezzo, mille sfumature di dolore e tante interpretazioni sociologiche o semplici pruriti. C’è l’economia digitale, che impone di scegliere gli argomenti delle pagine dei siti in base ai trend rilevati sui motori di ricerca per fare più click, e c’è la paura di essere giudicati o la voglia di guardare il dolore degli altri, con l’illusione che alleggerisca il dolore di ciascuno di noi.

Ma poi, dopo, c’è altro. La cronaca ne sa sempre di più di chi la scrive, un po’ come la letteratura. Perché quei buchi di serratura da cui spiamo spesso e volentieri il mondo, sono in realtà microscopi che schiudono universi di paranoie, solitudini, coincidenze e casi della vita. Da quelle crepe inattese e sfortunate spesso leggiamo un paese sfibrato e volenteroso, abbandonato e in cerca di compagnie, paranoico o irrazionalmente speranzoso.

La cronaca ci riporta lungo le strade di una nazione impossibile eppure millenaria, seppure a modo proprio, e riporta in prima pagina la vita e la morte della gente normale. Quella che si alza e va al lavoro, che suda sangue assediata dal cambiamento climatico mentre anela qualche giorno di ferie. Che abita le strade popolate dalla stanchezza, dalla coda lunga della pandemia, dal razzismo: ma non è detto che nessuno di questi ingredienti sia davvero decisivo, per spiegarci la cronaca, le cronache.

Che sono – o almeno sembrano – l’unico strumento per riportare sul tavolo dell’attenzione pubblica e del dibattito politico la vita della gente normale. Per cui si passa in poche ore dai retroscena per drogati di politica a casi di cronaca per appassionati di disastri esistenziali. I due mondi, le due galassie, si incontreranno da qualche parte, un giorno? Succederà che la vita della gente normale interesserà a giornalisti e politici anche quando non si concretizza in tragedie che generano milioni di visualizzazioni? Viene spontaneo essere molto pessimisti, sul punto. Intanto, però, lasciamo che la cronaca ci interroghi sul niente che sappiamo di un paese sempre più stanco e nevrotico. Forse, prima di correre a fare un post su Instagram, potremmo concordare sulla necessità di conoscerne storia, demografia e geografia.

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CAT: costumi sociali

Un commento

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  1. silverio-allocca 2 anni fa

    Fino ad un anno fa io insegnavo occupandomi professionalmente di elettronica ed automazione di bordo per aeromobili civili e militari sicchè, alla mia ‘tenera’ età di 63 anni ho potuto prendere atto di un qualcosa che ai più sfugge, ossia della singolare circostanza che in poco più di 40 anni ha visto il mondo cambiare ad una velocità tale da risultare difficilmente decifrabile non solo da parte dei più ma anche da parte di coloro che governano le diverse realtà e, dulcis in fundo, proprio da coloro – i protagonisti della carta stampata – che professionalmente quel cambiamento avrebbero dovuto inverarglielo, spiegarglielo, illustrarglielo passo dopo passo per, in primo luogo, civicamente parlando, mettere i singoli nella condizione di poter esercitare al meglio il proprio diritto di voto. Nulla di tutto questo è avvenuto e la ragione risiede nel fatto che in poco più di 40 anni, ossia nell’arco temporale di una generazione, è avvenuto quanto solitamente ne avrebbe richieste 5 se non addirittura 6: una tempistica che poco si concilia con quella media di adeguamento al nuovo che avanza. Per non parlare, poi, delle chiavi di lettura storiche ed economiche necessarie per una lettura adeguata di fatti, eventi, circostanze e delle inferenze tra queste: tutte cose che al giorno d’oggi non possono esaurirsi nel padroneggiamento della sola storia patria ed al più, summa capita, di quella europea e dei fondamenti di un paio di ideologie o di una spicciola conoscenza della classica psicologia da bancone, vista la vastità delle attuali problematiche finanziarie, economiche, politiche, strategiche, paraideologiche, protoideologiche scientifiche, tecnologiche … di questo mondo globalizzatosi prima che i più si rendessero conto di cosa questo significhi e comporti. Se aggiungiamo a questo che perfino le leadership mondiali continuano a ragionare ed agire secondo i vecchi schemi (prova ne sia l’attuale scontro tra Russia, Stati Uniti, Europa e Cina ufficialmente rubricato e gestito alquanto riduttivamente come conflitto russo ucraino). di fatto non ci resta che piangere. La differenza la fanno pochi giornalisti e poche testate, pochi come te e poche testate come la tua che hanno capito che oggi fare giornalismo non è il dare velocemente la notizia spiccia diffusa dalla tale o talaltra agenzia di stampa e fatta rimbalzare, malamente per lo più, perfino dai social in tempo reale, quanto piuttosto quello di fornire analisi oggettive di tutto quanto a quei fatti ha condotto tralasciando il gossip granguignolesco del momento che vede in lotta le più disparate testate fare a gara a chi offre i particolari, i dettagli e le immagini più crude ed inquietanti: da qui quello che tu giustamente sottolinei. E la politica politicante attuale, a corto come è di argomenti e vere proposte, accoglie di buon grado tutto questo per discettare del nulla che parla alle pance di coloro che non interessa manco governare ma che si inseguono al solo scopo di farsi eleggere per … godere dei privilegi derivanti dall’appartenenza alla casta dei galli sopra la monnezza del pollaio Italia. L’ultima considerazione la dedico al fatto che la forza di un giornale sono i suoi lettori: sono questi che conferiscono la necessaria autonomia editoriale in quanto se la loro sopravvivenza di una testata è legata ai contributi di Stato beh, di quale informazione vogliamo parlare ? Di quali approfondimenti ? Di quelli inesorabilmente e doverosamente stigmatizzanti la pelosa mano che li nutre ?
    Alla fine la causa di tutto questo altro non è che il frutto avvelenato dell’abbassamento del livello culturale medio, da cui discende la progressiva disaffezione alla lettura con quanto ne consegue: un tema decisamente ignorato quasi sistematicamente da tutti … purtroppo !

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