Quando il crimine si fa Stato: la Turchia di Kamer e Erdoğan

28 Gennaio 2021

Denizli, dopo la Grande Guerra, era una città dura. Una città di pastori e artigiani, sferzata dal gelo invernale ed affamata da un’agricoltura latifondista fatta di sudore, sangue ed umiliazione. A  comandare è un clan mafioso, chiamato Yiğitbaşı: un clan cresciuto con il contrabbando, i rapimenti, l’abigeato, e che nasceva dalla corporazione dei commercianti, che eleggevano un capo, detto appunto Yiğitbaşı, che stabiliva le regole, i prezzi, dava e toglieva le licenze commerciali, quelle della mezzadria, il diritto a ricevere il caffè dal bar nella propria bottega (ed essere quindi uomo di rispetto). Uno che decideva sulla vita e la morte, insomma[1].

Il potere dello Stato, dalle tristi ed arretrate province dell’altopiano dell’Anatolia, era stato spazzato via dal collasso dell’Impero Ottomano: dapprima, nel 1911, gli italiani avevano scacciato i turchi dalla Libia[2] (uno dei motivi per cui Erdoğan ha inizialmente sostenuto, economicamente e militarmente, i ribelli di Haftar e non Al-Sarraj[3]. Poi erano state perse le colonie in terra europea dopo la sconfitta nella guerra balcanica[4]. Infine, la Turchia aveva deciso di entrare in guerra dalla parte di tedeschi ed austriaci, e questa è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso: disfatta militare, collasso economico ed amministrativo, fame e miseria[5].

In quella situazione, mentre nasceva la repubblica laica della Turchia dalle ceneri dell’Impero, in ogni area depressa del paese, i nostalgici non hanno scelta: adeguarsi o combattere. A Denizli esistevano due famiglie sopravvissute al collasso – due famiglie che avevano una storia di dominio aristocratico di quasi 500 anni: gli Erdoğan Atabek ed i Karasungur[6]. La loro progenie, dopo la seconda guerra mondiale, sarà quella della riscossa, del banditismo, della guerra contro gli Yiğitbaşı. Una guerra infinita, che ora, dopo che quelle famiglie hanno preso il potere in tutta la Turchia, per teatro non ha più la sola Anatolia, ma il mondo intero.

E il mondo, timidamente, reagisce. Il 10 dicembre del 2020 l’Unione Europea ha decretato nuova sanzioni contro la Turchia[7], seguite da quelle americane[8]. I motivi sono noti: il regime di Erdoğan, scosso dalla crisi economica (aumento vertiginoso dell’inflazione, crollo del valore della lira turca, esplosione delle cifre della disoccupazione[9]) e da sette anni di profondo malcontento popolare[10], soffocato nella violenza e gli arresti dei giornalisti e dei critici[11], si difende aggredendo, occupando con la Marina Militare il Mediterraneo allo scopo di trivellare il petrolio vicino alle acque territoriali greche[12], sostenendo in modo tutt’altro che segreto l’invasione azera del Nagorno-Karabakh[13].

La crisi economica ha solo acuito un percorso, iniziato da oltre vent’anni dall’AKP, che fin dall’inizio aveva come scopo l’islamizzazione dello Stato, la cancellazione della democrazia, dell’indipendenza del giornalismo e della magistratura, come anche delle riforme laiche e l’instaurazione di una dinastia[14] – il tutto senza avere la benché minima idea di come risolvere le questioni economiche, usando lo Stato come cornucopia per la soddisfazione degli appetiti del dittatore e del suo clan, usando una politica estera aggressiva e ricattatoria per ottenere delle concessioni in deroga ad ogni accordo multilaterale siglato negli ultimi 70 anni[15].

Da Denizli al grande palco internazionale: il lungo viaggio di Atasay Kamer

Horoz Heykeli – la Statua del Gallo, il monumento più famoso di Denizli

Il destino dell’uomo è il suo carattere, scrive Eraclito[16], e la storia lo dimostra in tutte le sue infinite pagine. Il destino compone biografie eccezionali che iniziano magari da una coincidenza figlia del caso: come potrebbe essere nascere in uno sperduto paesino di frontiera sull’infinito altipiano della Turchia centrale… parliamo di Denizli[17], città bagnata dal fiume Meandro e nota storicamente per essere stata culla di insediamenti greci e romani (la famosa Laodicea, citata anche da Cicerone e Tacito, base per le conquiste di Adriano nell’Asia Minore, le cui rovine si trovano a soli 6 km da Denizli[18]), per poi, nel Medioevo, diventare la sede del principato medievale Beylikato di Ladik[19] di Anatolia.

Nel corso dei secoli Denizli è diventato una provincia nota a livello mondiale per ospitare alcuni siti monumentali, patrimonio dell’umanità, come Hierapolis[20] e Pamukkale e, soprattutto in epoca recente, per avere dato i natali a Recep Tayyip Erdoğan[21], attuale Presidente della Turchia. Il destino è andato a cercarlo fin lassù, su quell’altopiano lontano, dove è cresciuto insieme a coloro che poi sono divenuti i suoi “uomini ombra”, gli amici più fidati , i cui nomi, a livello internazionale, sono magari sconosciuti ai più, ma che in Turchia forse sono più famosi dello stesso Presidente Erdoğan: Atasay e Cihan Kamer[22].

Quando Atasay Kamer nasce[23], dieci anni prima di Erdoğan (1941), nella campagna intorno a Denizli, quella era una regione in cui regnavano la fame, il freddo, la miseria più nera. Il giovane Atasay inizia fin da subito a farsi notare per il suo carisma e la sua capacità di fare carriera in seno alla malavita locale, specializzandosi, già durante l’adolescenza, nel contrabbando e falsificazione dei gioielli[24]: è il figlio primogenito del capo clan mafioso della provincia di Denizli ed è cresciuto all’ombra del fondamentalismo islamico[25] – che da sempre Atasay, in polemica con il Padre della Patria, Mustafa Kemal Atatürk, considera l’unica via di salvezza per il destino della Turchia[26].

Atasay educa suo figlio Cihan esattamente a questi due principi morali: sii un criminale astuto, spietato e carismatico, sii un guerriero di Allah, fai sempre, per prima cosa, gli interessi del clan e della famiglia[27]. Oggi, invecchiato e sostituito dal figlio alla testa dell’impero familiare, Atasay Kamer cerca solo pace e tranquillità, al punto che stupisce con delle sue interviste in cui afferma persino che “il possesso è fuoco” – una cosa che, detta da questo anziano capomafia, è a dir poco surreale[28].

La fortuna del clan nasce negli anni ’70: in Turchia si assiste ad un vero e proprio boom del commercio di oro e gioielli, usati come bene-rifugio, al posto della debolissima lira turca, per le decine di migliaia di emigranti che sfuggono la miseria e vanno a lavorare in Francia e in Germania – primi fra tutti i curdi, intrappolati dagli accordi internazionali in una nazione che li percepisce come nemici e vorrebbe sterminarli[29]. Si fugge dalla miseria, dalla fame, dal freddo, dalla persecuzione etnica, e si vende tutto ciò che si ha. Per persone senza scrupoli come Atasay e poi suo figlio Cihan, questo fenomeno rappresenta una miniera d’oro: comprano a prezzi stracciati, da persone disperate, e rivendono ad un prezzo doppio o triplo[30].

Una grande amicizia per tutta una vita: Recep Tayyip Erdoğan (sinistra) e Cihan Kamer (destra)[31]

Atasay Kamer non parte da zero[32]: negli anni ’30, suo padre Haci Mustafa Kamer[33] aveva creato la Kamer Jeweler[34] e commerciava gioielli e drappeggi pregiati. All’epoca Atasay era un ventenne pieno di voglia di fare e di dimostrare la sua bravura, sia al padre, sia ai suoi coetanei. Nella leggenda si racconta che una volta guidasse una vecchia Opel piena di gioielli di contrabbando fino in Svizzera, e che venne arrestato dalla polizia di frontiera al confine turco[35].

Ma quelle sono ragazzate, rimaste senza conseguenze: Atasay Jewelry oggi è tra le prime dieci aziende a livello mondiale del settore, con circa 20 tonnellate di capacità produttiva e 107 negozi sparsi nel mondo oltre a una fabbrica in Turchia di oltre 10.000 metri quadri[36]. Un vero e proprio impero[37], specie da quando, nel 1985, i Kamer fondano Asgold ed Atagold[38], specializzate nella compravendita di oro e lingotti di oro, che esporta anche in Arabia Saudita e che apre succursali ovunque nelle quali vende ancora merce di contrabbando, avvalendosi dei legami storici del clan con la criminalità organizzata[39].

L’idea di Atasay è chiara: bisogna uscire dall’ambito angusto dell’Anatolia e crescere in tutta l’Europa: per questo motivo, dopo il matrimonio Atasay decide di trasferire la famiglia in Svizzera, e di porre alla testa di tutte le nuove imprese nate dall’espansione di Atasay Jewelry il figlio Cihan[40] e gli altri membri del clan familiare[41] – come del resto vuole la tradizione[42]. Nell’organigramma aziendale appaiono da decenni i nomi, oltre che di Atasay e Cihan Kamer, anche di Cigdem Kamer, Simay Kamer[43]. Ma anche quello di Erdoğan. Sì, proprio quell’Erdoğan.

Un trampolino d’oro per il nuovo sultano

Le foto ufficiali del matrimonio tra una delle figlie di Tayyip Erdoğan, Sumeyye, con Selçuk Bayraktar, l’ingegnere che costruisce, grazie ad un appalto statale, i primi droni armati per l’esercito turco. Nella foto appaiono il primo ministro Nawwaz Sharif, l’ex primo ministro Ahmet Davutoğlu, il capo di Stato Maggiore dell’esercito Hulusi Akar, l’ex presidente turco Abdullah Gül – il matrimonio è stato officiato dal sindaco di Istanbul, Kadir Topbaş[44]

Quando entra in scena, Tayyip Erdoğan non è ancora Presidente del paese, ma solo giovane intraprendente ed appassionato di politica: lui ed Atasay si conoscono da quando Tayyip iniziava la scuola ed Atasay era il suo punto di riferimento. Più tardi, quando Erdoğan finisce la scuola dell’obbligo, Atasay Kamer lo assume e gli insegna il mestiere di gioielliere, con tanto di registrazione ufficiale presso la Camera dei gioiellieri di Istanbul (IKO): Tayyip è registrato come “gioielliere venditore” tra il 16 aprile 1993 e 25 febbraio 1994 (numero di registrazione 068677)[45]. Poi il futuro presidente ha smesso, perché il 27 marzo 1994 è stato eletto a Sindaco dell’area metropolitana di Istanbul[46].

L’investimento in capitale umano di Atasay non è casuale, ma ispirato al concetto di clan familiare del giovane Kamer, che sceglie sempre parenti o persone di famiglie di Denizli legate tra loro da generazioni[47]. Un calcolo giusto, visto che Erdoğan, quando negli anni ’90 il gruppo Atasay Jewelry entra in crisi per il collasso della bilancia commerciale turca e l’ondata di fallimenti che stronca la borghesia[48], per il crollo del mercato interno dell’immobiliare e della gioielleria e di quello internazionale del contrabbando a causa delle nuove leggi europee e dell’implementazione delle forze di polizia[49], è stato Tayyip Erdoğan, giovane politico rampante con le mani in pasta in diversi appalti statali, a salvare il business della famiglia Kamer[50].

Il legame tra la famiglia Erdoğan e la famiglia Kamer non è più solo amicizia, ma diviene legame familiare: i due sono cugini[51], e con il passare del tempo i legami si rinsaldano, da un lato, con i matrimoni dei figli (nel 2015 Erdoğan e sua moglie Emine sono stati testimoni di nozze di un figlio di Cehin e, quindi, in base alla tradizione turca, hanno uno status paragonabile a quello di genitori putativi[52]); dall’altro, con la sponsorizzazione miliardaria che il gruppo Kamer concede all’AKP di Tayyip Erdoğan[53]. Quando quest’ultimo viene eletto presidente, le due famiglie fondano un’azienda comune, la Atakulche[54], che gestisce una raffineria d’oro di provenienza estera, alla testa della quale vengono nominati figli e nipoti, e che è già oggetto delle attenzioni delle polizie internazionali[55].

I matrimoni divengono essi stessi occasioni per cementare alleanze politiche e commerciali, come quello sfarzoso della figlia di Atasay, Simar[56] con Ahmet Uras, figlio di un comune amico, il professor Cihan Uras[57]. Il matrimonio viene celebrato dall’allora sindaco di Istanbul Kadir Topbaş[58], ed alla cerimonia da mille e una notte sono presenti anche il Presidente di TürkMedia Ethem Sancak[59], il vice primo ministro Ali Babacan[60], il ministro dell’economia Nihat Zeybekçi[61] e il governatore di Istanbul Vasip Şahin[62].

Appare evidente che tutta la costruzione della rete di potere che circonda il regime di Tayyip Erdoğan, come nella tradizione monarchica, è basata su una strategia attenta e coerente dei matrimoni. Erdoğan e sua moglie Emine hanno quattro figli: due maschi (Ahmet Burak e Necmettin Bilal) e due femmine (Esra e Sumeyye)[63]. Quest’ultima ha sposato, nel 2016, l’ingegnere Selçuk Bayraktar[64], il controverso inventore del drone armato turco che, secondo la stampa di diversi paesi, è stato illecitamente impiegato a fianco dell’esercito azero nell’invasione dell’Artsakh nell’estate del 2020[65].

Non si tratta di una novità: il drone era stato già usato (illegalmente) durante la guerra civile in Siria[66] e nei massacri contro il popolo curdo[67]. Fin dall’inizio, il drone era già molto discusso, perché si temeva che venisse impiegato contro singoli civili per combattere in modo illegale gli oppositori politici del regime di Erdoğan[68] – tant’è vero che, uno dopo l’altro, i fornitori della tecnologia usata da Selçuk Bayraktar e dall’azienda della sua famiglia, la Baykar Savunma Sanayi AŞ Istanbul[69]), hanno cancellato i contratti di fornitura[70].

Atakulche, il progetto per il futuro

Agosto 2020: Il presidente Erdoğan scrive col pennarello una dedica ai droni costruiti dal genero e che partono per bombardare le città del Nagorno-Karabakh e l’esercito armeno che le difende[71]

Siccome In Turchia tutti considerano le aziende della famiglia Kamer e della famiglia Erdoğan come bande criminali che rivende oro rubato o contrabbandato per finanziare il traffico d’armi, per la generazione successiva il presidente ha mosso tutte le sue leve del potere politico per cercare di lavare la reputazione dei figli propri e del suo socio, prendendo insieme ai suoi figli e ai figli di Atasay un aereo per Londra per ottenere la ambitissima “London Good Delivery Certificate”, quasi impossibile da ottenere senza forti appoggi politici[72]. Persone vicine ad Erdoğan raccontano che il Presidente ottenne il certificato grazie ai suoi legami personali con l’allora Primo Ministro Tony Blair, ma non ci sono fonti ufficiali che confermano la notizia e si sa, la vita di un leader è contornata anche da leggende che ne aiutano a legittimare la capacità di ottenere l’impossibile.

Atakulche è stata la prima azienda turca a ricevere, tra mille polemiche, l’agognata certificazione LBMA [73]. Ma le discussioni passano e il certificato rimane, dando una patina di rispettabilità all’intero gruppo. La famiglia Kamer ora guida veramente un impero globale, che investe in oro e commodities in tutto il mondo ed in tutte le principali borse del pianeta[74], un conglomerato industriale e commerciale fatto di oltre un centinaio di aziende diverse e presente nei più disparati settori: dal tessile alla gioielleria, dall’oro all’immobiliare, dall’agroalimentare al turismo, dal trading petrolifero alla pesca, dal militare al farmaceutico: oggi, in Turchia, non esiste nessun gruppo multinazionale paragonabile ad Atasay/Atakulche, ed in alcuni settori il gruppo ha ottenuto un monopolio di posizione che, ovviamente, finché Erdoğan resterà al potere, nessuna commissione antitrust metterà mai in discussione[75].

Naturalmente, quando si è raggiunto un tale livello di impunità e potere, è meglio impegnarsi anche nelle opere di beneficenza: Cihan Kamer, per esempio, ha pagato e fatto costruire, nel distretto di Çivril di Denizli, il liceo professionale Atasay Kamer[76], affiliato alla Pamukkale University; insieme al padre ha progettato e pagato un centro sanitario a Rize, intitolandolo alla madre di Erdoğan, Tenzile[77].

Il presidente non è solo grato, ma socio: Tayyip Erdoğan possiede il 20% del Gruppo Atasay, e da quando è diventato Primo Ministro qualsiasi attività industriale o iniziativa imprenditoriale, sostenuta dal finanziamento pubblico, deve passare dal Gruppo Atasay[78], dai suoi figli Billal (i cui problemi con la giustizia sono continui, anche con quella italiana[79]) e Sema, oppure dalle mani dei figli di Cihan Kamer[80]: Simay, Cigdem e Judy[81].

Oggi oltre una dozzina di membri del clan di Erdoğan si guadagnano da vivere con il mercato dell’oro in Turchia e in Europa[82]: a ciò si aggiungono i contratti miliardari di trading petrolifero o auditing finanziario (che, indirettamente, da ad Erdoğan la supervisione ed un’esaustiva informazione su qualunque entità economica rilevante della Turchia) – contratti garantiti dallo Stato, e per i quali ogni singola azienda paga un contributo elettorale all’AKP, tant’è che Cihan Kamer, dai detrattori, viene soprannominato “l’uomo d’oro di AKP”[83].

Per noi, che viviamo lontani da Ankara ed Istanbul, sembra un incubo incredibile: centinaia di lotti di terreno, contratti miliardari per lavori pubblici e partenariati e collaborazioni a numerosi zeri, una lista apparentemente interminabile… pochi esempi: il progetto Savk Elektrik[84] insieme all’imprenditore Aydinli Omer Bagci con cui Atasay/Atakulche ha ottenuto, nel 2004, il permesso di importare energia elettrica dall’Iran dal Ministero dell’Energia[85]. Dopo qualche mese Cihan ha fondato una nuova piccola società di trading energetico, e questa, senza alcuna garanzia di alcun tipo, è stata una delle quattro (37 le partecipanti) vincitrici della gara di distribuzione di gas naturale di Botas[86].

I confini tra ciò che è dello Stato, ciò che è dei Kamer e ciò che è degli Erdoğan è sempre più sottile, fino a divenire indistinguibile… un esempio: la villa di Uskudar (Istanbul) in cui risiedeva Erdoğan apparteneva alla famiglia Kamer, poi è stata rilevata (per una cifra multimilionaria) dallo Stato[87]. Chi paga l’affitto e quali società ci siano dentro come sede legale tutt’ora non è chiaro[88].

Questa scoperta fu una vera e propria bomba negli anni ’90, quando Erdoğan era appena stato eletto; oggi nessuno, in Turchia, fa più caso al fatto che la targa dell’auto su cui viaggia Erdoğan abbia il simbolo della azienda “AK” e, come l’auto privata della famiglia Kamer, abbia anche la targa con il simbolo “Presidenza del Consiglio”, simbolo riservato ai collaboratori del Primo Ministro[89]. Il sodalizio tra le famiglie è talmente profondo, che nessuno si indigna o si sorprende quando i figli del presidente Erdoğan, Necmettin Bilal e Sema, ottengono una licenza speciale ed un finanziamento pubblico per aprire una catena di negozi di gioielli ed una di fast-food negli aeroporti turchi oppure, insieme ai figli di Cihan Kamer, aprono la nuova catena di ristoranti chiamata Hugga[90].

Le scoperte dei Panama Papers

Fattah Tamince (secondo da sinistra, mentre abbraccia il figlio) festeggia, accanto al Presidente Tayyip Erdoğan (al centro), l’apertura dell’ennesimo Hotel del gruppo Rixos, costruito con i proventi dell’evasione fiscale del sistema offshore del presidente e dei suoi complici[91]

La grande quantità di aziende costituite negli anni in Turchia, e la provenienza spesso illecita delle sue merci e dei suoi proventi, ha ovviamente significato la creazione di una serie di società offshore nei paradisi fiscali. Si tratta di un mutamento attraversato dall’intera economia turca, e che si è palesato alla pubblica opinione con la bancarotta fraudolenta della Pamukbank (e la condanna a sette anni di prigione per il suo presidente, Mehmet Emin Karamehmet)[92], e poi con lo scandalo sulla corruzione politica esploso con lo scandalo Susurluk ed il coinvolgimento dell’ex Primo Ministro Tansu Çiller[93].

La carriera politica di Erdoğan ha conosciuto un enorme balzo in avanti a causa di questi scandali, perché l’AKP si presentava (originariamente) come il partito populista che avrebbe restaurato l’onestà[94] – ma, con gli anni, specie dopo che nel 2013 diversi ministri sono stati coinvolti in uno scandalo di corruzione[95], la cittadinanza turca si è accorta che le cose sarebbero andate in modo completamente differente da quanto promesso.

Quando ICIJ ha iniziato ad analizzare i documenti sottratti alla società fiduciaria panamense Mossack y Fonseca[96], sono subito state scoperte due di queste società offshore, la Universe Ventures Holding Inc. Victoria (Seychelles)[97] e la Fair International Capital Ltd. Tortola (Isole Vergini)[98], che hanno aperto conti bancari presso Credit Agricole e Bank of Inter Maritime, entrambe a Ginevra, tra i cui beneficiari c’erano il presidente Erdoğan e sua nuora Sema a Ginevra[99]. Quei conti ricevevano denari, tramite la Horizon Investment SA Ginevra[100], dal gruppo Atagold, di cui Cihan Kamer, il figlio di Erdoğan Bilal, la moglie dell’altro figlio Burak, Sema Erdoğan erano azionisti fino al dicembre 2014, quando la cosa divenne troppo imbarazzante e l’azienda è stata trasformata in società per azioni con un unico socio: la holding Atasay[101].

Unica entità a sopravvivere è la Charitable and Goodwill Foundation SA Panama[102], che appartiene personalmente a Cihan Kamer ed è tuttora attiva. Il resto viene nascosto attraverso una società turca di tre amici della famiglia (Okan Beygo, capo dell’ufficio delle imposte di Beşiktaş[103], la signora Burcu Boso, capo dell’ufficio delle imposte di Kozyatağı[104], Gonca Kayasu, capo dell’ufficio delle imposte di Büyükçekmece[105]), la Rotaforte Reklam Fuar Organizasyon Tanıtım Ticaret Enternasyirimece[106]. Questa società viene chiusa nel 2014, il suo patrimonio, come quello della Rotaforte Publishing e quello della Rotaforte Uluslararası Fuarcılık, viene trasferito all’ennesima società offshore, la United Exhibitions Ltd. Qormi (Malta)[107].

Dal 2015, la famiglia Kamer e la famiglia Erdoğan assumono una persona responsabile per ampliare, amministrare e controllare una crescente area offshore dell’impero finanziario, Fettah Tamince[108], che gestisce tuttora un numero imponente e non ancora completamente scoperto di società nei paradisi fiscali[109]. Costui deve la vita al presidente, che lo ha graziato quando stava per essere arrestato con l’accusa di far parte di un gruppo terroristico[110]. Con la sua fetta di guadagni, Tamince ha fondato un gruppo alberghiero, Rixos Otelllerinin, che è apertamente sponsorizzato dal Presidente Erdoğan[111] – tanto che si sospetta che lui ed il suo amico Kamer siano soci occulti del gruppo Rixos[112].

Del resto, ICIJ sta ancora analizzando le centinaia di scatole cinesi che compongono l’universo offshore dei due compari di Denizli: In questa sede sarebbe esagerato enumerarle tutte, specialmente perché ognuna di esse ha un partner differente, estraneo al gruppo Atasay, e questi partner si trovano in un numero imponente di paesi differenti: Iraq, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Stati Uniti, Unione Europea, Isole Vergini, Panama, Seychelles, Giordania, Messico, Canada, Russia, Colombia, Belgio, Olanda, Lussemburgo, Uruguay, et cetera[113]…

Recep Tayyip Erdoğan: una minaccia globale

Soldati turchi ed azeri si stringono la mano dopo un attacco contro i civili del Nagorno-Karabakh: un’immagine della propaganda di Erdoğan che mostra una volta ancora i muscoli al popolo turco ed alla comunità internazionale[114]

Quando un gruppo mafioso prende il controllo di un territorio e si sostituisce allo Stato, costringerlo alla resa è quasi impossibile. Erdoğan non costruisce il consenso con fatti positivi, ma terrorizzando la parte propositiva del suo popolo ed offrendo vittorie propagandistiche a coloro che non posseggono i mezzi intellettuali per comprendere cosa stia accadendo[115]. Quando, nel 2017, la stampa ha scoperto dei soldi nascosti al fisco con cui il Presidente costruisce il suo potere a Malta e nell’Azerbaijan, molta parte del popolo turco lo ha osannato per questo[116].

Le brucianti umiliazioni degli anni precedenti la sua vittoria elettorale, con gli scandali politici e finanziari, ed il costante rifiuto dell’Unione Europea di accettare la Turchia all’interno della federazione di Bruxelles, così come le sanzioni inflitte per il continuo massacro del popolo curdo, sono cose del passato. Dal momento che il peggioramento della situazione sociale ed economica in Turchia viene soffocato dalla brutalità della repressione o dai successi della propaganda, il presidente se ne frega della comunità internazionale, e di è organizzato, grazie al proprio clan criminale, in modo di non essere danneggiato dalla crisi economica[117].

Ha anche un asso nella manica che funziona benissimo: molti profughi, in arrivo dal Medio Oriente o dal Nordafrica, che cercano di raggiungere l’Unione Europea, vengono contenuti in campi di concentramento sul suolo turco – una misura con cui Erdoğan ricatta Bruxelles: lasciatemi in pace, o apro le gabbie e ve li accompagno fino al confine. Può perfino permettersi di sostenere goli avversari del governo libico sostenuto dalle Nazioni Unite, e di posizionare le navi da guerra turche ovunque, nel Mediterraneo, per mettere paura a tutti[118]. Funziona.

Sicché Kamer ed Erdoğan continuano a gestire proprie milizie mercenarie, e, in tutta l’area del Mediterraneo, il contrabbando delle armi, delle sigarette, della prostituzione, della droga e della immigrazione clandestina: in Libia, in Siria, in Russia, ovunque[119]. In un caso come questo, il mancato consenso in patria non cambia nulla: il dittatore controlla una fitta rete economica e commerciale che affonda le sue radici in un clan familiare – un clan che non ha bisogno di elezioni, ma solo di patti tra consanguinei, ed abbastanza pragmatica violenza nel farli rispettare. Come accade sempre, in una terra in cui comanda il sistema mafioso (come in Sicilia, in Nigeria o in altri esempi contemporanei), il progresso economico e scientifico viene ignorato, o usato per un unico fine: riportare la società civile al Medioevo, quando la sopraffazione dei clan era l’unica legge esistente.

 

[1] Süleyman Altiparmak, “Cumhuriyet Dönemi Denizli’nin sosyal tarihi (1923-1950)”, Afyon Kocatepe Üniversitesi Sosyal Bilimler Enstitüsü, Afyon 2008, page 132-133 – see also in https://acikerisim.aku.edu.tr/xmlui/bitstream/handle/11630/3473/S%C3%9CLEYMAN%20ALTIPARMAK%20Y%C3%9CKSEK%20L%C4%B0SANS%20TEZ%C4%B0.pdf?sequence=1&isAllowed=y
[2] Philip Mansel, “Costantinopoli: splendore e declino della capitale dell’Impero ottomano: 1453-1924”, Mondadori, Milano 1997, pages 341-346
[3] https://ilmanifesto.it/erdogan-lafricano-sbaraglia-haftar-e-si-riprende-la-libia/ ; https://www.repubblica.it/esteri/2020/12/09/news/libia_haftar_sequestra_una_nave_turca_erdogan_lo_minaccia_se_ci_colpite_voi_diventate_nostri_obiettivi_legittimi_-277581138/ ; https://www.repubblica.it/esteri/2020/12/10/news/libia_haftar_libera_la_nave_turca_dopo_le_minacce_di_erdogan-277802991/
[4] Philip Mansel, “Costantinopoli: splendore e declino della capitale dell’Impero ottomano: 1453-1924”, Mondadori, Milano 1997, pages 341-346
[5] Philip Mansel, “Costantinopoli: splendore e declino della capitale dell’Impero ottomano: 1453-1924”, Mondadori, Milano 1997, pages 347-356
[6] Süleyman Altiparmak, “Cumhuriyet Dönemi Denizli’nin sosyal tarihi (1923-1950)”, Afyon Kocatepe Üniversitesi Sosyal Bilimler Enstitüsü, Afyon 2008, page 44-45 – see also in https://acikerisim.aku.edu.tr/xmlui/bitstream/handle/11630/3473/S%C3%9CLEYMAN%20ALTIPARMAK%20Y%C3%9CKSEK%20L%C4%B0SANS%20TEZ%C4%B0.pdf?sequence=1&isAllowed=y
[7] https://www.repubblica.it/esteri/2020/12/11/news/i_leader_europei_contro_la_turchia_scattano_nuove_sanzioni-277864258/
[8] https://www.agi.it/estero/news/2020-12-15/sanzioni-usa-turchia-sistema-missilistico-russo-10680601/
[9] https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/turchia-incubo-economia-erdogan-28508 ; https://www.huffingtonpost.it/entry/erdogan-cambia-uomini-ma-la-crisi-economica-turca-non-si-ferma_it_5faa3f41c5b6f21920df3942 ; https://lospiegone.com/2020/09/18/turchia-la-crisi-di-una-fragile-economia/
[10] https://www.ilpost.it/2013/06/03/perche-proteste-turchia/ ; https://www.ilpost.it/tag/proteste-turchia/ ; https://www.dinamopress.it/news/resistere-alla-kayyumizzazione-dissenso-nella-turchia-erdogan/
[11] https://www.amnesty.org/en/latest/campaigns/2017/02/free-turkey-media/ ; https://www.hrw.org/news/2020/10/14/turkey-press-freedom-under-attack ; https://www.dw.com/en/tough-times-for-journalism-in-recep-tayyip-erdogans-turkey/a-51988660
[12] https://www.repubblica.it/esteri/2020/10/12/news/la_turchia_rimanda_la_nave_della_discordia_a_kastellorizo-270298339/?ref=search ; https://www.youtube.com/watch?v=rgpcdR45F90 ;  https://www.repubblica.it/esteri/2020/12/11/news/i_leader_europei_contro_la_turchia_scattano_nuove_sanzioni-277864258/
[13] https://www.swp-berlin.org/10.18449/2020C53/ ; https://www.bbc.com/news/world-europe-54903869
[14] https://freedomhouse.org/sites/default/files/2020-02/SR_Corruption_Media_Power_Turkey_PDF.pdf
[15] https://foreignpolicy.com/2019/05/13/turkish-democracy-cant-die-because-it-never-lived/ ; https://www.iai.it/sites/default/files/gte_pb_19.pdf ; https://freedomhouse.org/sites/default/files/2020-02/SR_Corruption_Media_Power_Turkey_PDF.pdf ; https://www.brookings.edu/research/the-rise-and-fall-of-liberal-democracy-in-turkey-implications-for-the-west/ ; https://www.jstor.org/stable/44482209?seq=1
[16] https://www.incoaching.it/ethos-anthropoi-daimon/
[17] https://www.expedia.it/Denizli.dx6054845
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[25] https://www.sabah.com.tr/yazarlar/kadak/2014/11/19/atasay-kamer-vakfini-kurdum-artik-gonlumce-hayir-yapacagim
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[114] http://www.asianews.it/news-en/Nagorno-Karabakh,-Turkish-weapons-in-support-of-the-Azeris-in-the-war-with-the-Armenians-51308.html ; https://nationalinterest.org/blog/middle-east-watch/nagorno-karabakh-why-turkey-sending-syrian-mercenaries-war-azerbaijan-169849 ; https://www.middleeastmonitor.com/20201113-turkeys-strategic-victory-in-nagorno-karabakh/
[115] Soner Capagtay, “Erdogan’s Empire: Tureky and the Politics of the Middle East”, IB Tauris/Bloomsbury Publishing, London/New York 2020 – see also in http://tabyincenter.ir/wp-content/uploads/2020/05/Soner_Cagaptay_Erdogan%E2%80%99s_Empire_Turkey_And_The_Politics_Of_The_Middle.pdf
[116] https://theblacksea.eu/stories/malta-files/erdogan-family-in-secret-offshore-ship-deal/
[117] Soner Capagtay, “Erdogan’s Empire: Tureky and the Politics of the Middle East”, IB Tauris/Bloomsbury Publishing, London/New York 2020 – see also in  http://tabyincenter.ir/wp-content/uploads/2020/05/Soner_Cagaptay_Erdogan%E2%80%99s_Empire_Turkey_And_The_Politics_Of_The_Middle.pdf
[118] https://www.bloomberg.com/news/articles/2020-09-07/turkey-s-muscle-flexing-in-the-med-isn-t-just-about-gas
[119] https://www.bloomberg.com/news/articles/2019-03-07/mapping-the-turkish-military-s-expanding-footprint-quicktake

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CAT: Criminalità, Partiti e politici

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