Teatro

“Bidibibodibiboo”, ma che bella società!

5 Febbraio 2025

CAGLIARI _ C’è l’aria di decadenza dei giorni in cui viviamo, l’angoscia e lo spirito di resa che coglie chi sente vicina la catastrofe, dentro la pièce scritta da Francesco Alberici, “Bidibibodibiboo”, attualmente in tournèe nazionale. Il titolo è ripreso da quello di una installazione di Maurizio Cattelan (uno scoiattolo suicida in una tavola di formica anni sessanta) e vede al centro due fratelli, a cui l’autore, ma anche regista e interprete, capovolge i ruoli a fasi alterne, collocandoli al centro di una vicenda del nostro tempo. Storia, in verità, piuttosto milanese, laddove alberga il meglio/peggio del nuovo capitalismo: in questo atto teatrale i due sembrano aver smarrito la dimensione della realtà, figli di un senso comune costruito negli ultimi due decenni di anestetici messaggi televisivi. Cresciuti cioè in un’epoca in cui è stato progressivamente trasformato il rapporto tra produttori e capitale in uno strisciante schiavismo fatto di competizione e svuotamento di personalità. Sono i nuovi “Tempi moderni” dove chi lavora per una multinazionale – qui non si fanno nomi, ma si dice solo che si occupano di fiori- si deve impegnare ad ottenere il maggior profitto per l’azienda, anche a costo di annullare se stessi, i propri sogni e desideri.

Gli anni Settanta sono lontani. Una infinità di tempo, da quando cioè lo scontro tra le classi era netto e trasparente. Uccisi e dilapidati gli ideali di riscatto sono rimasti solo i simulacri di una società del benessere dove per guadagnare denaro si deve dare di più, pena l’espulsione e il rigetto come scorie di un qualunque ciclo produttivo. Soprattutto senza pagare dazio, come accade nel caso di un licenziamento mascherato, frutto di una astuta manipolazione che mostra quanto la realtà odierna sia in una fase di detestabile trasformazione antropologica. I nuovi schiavi, geek o nerd, sono condannati a finire dentro un ingranaggio che come un Moloch li divorerà.

Una scena da “Bidibibodibiboo” di Francesco Alberici interprete dello spettacolo teatrale con Maria Ariis, Salvatore Aronica, Andrea Narsi, Daniele Turconi (Fotografia De Capitani)
“Bidibibodibiboo” di Francesco Alberici interprete dello spettacolo teatrale con Maria Ariis, Salvatore Aronica, Andrea Narsi, Daniele Turconi (Fotografia di Francesco Capitani)

L’antefatto.

2020: in pieno Covid, confinati in casa, i due fratelli comunicano attraverso le mail (il cui testo, riprodotto in un libretto viene distribuito all’ingresso in sala). Daniele è un regista e vorrebbe mettere in scena la vicenda del fratello Piero, travet degli anni Duemila, vittima di un mobbing strisciante che lo spreme fino in fondo. Come una goccia cinese lo condurrà alla perdita del posto di lavoro. La forma è una uscita volontaria, nella sostanza un licenziamento con i guanti bianchi, senza cioè lasciare traccia.

La “chiave”, assieme all’opera di Maurizio Cattelan, servita ad Alberici come ispirazione per questo atto teatrale è il saggio della studiosa inglese Judy Wajcman, “La tirannia del tempo” , focalizzato sull’accelerazione della vita ai tempi del capitalismo digitale. Alberici cita la studiosa che nella prefazione del libro racconta di una esperienza vissuta da giovane in un villaggio della Nuova Guinea. L’anedotto riguarda la preparazione del latte di cocco che, secondo Wajcman, poteva essere velocizzata con delle  modifiche. Ma gli abitanti del villaggio -racconta nel libro- la guardarono perplessi: “Che fretta aveva?” Perchè cambiare l’organizzazione di un lavoro che aveva sempre avuto bisogno di una giornata? A distanza di quarant’anni la studiosa, si chiede così perchè allora avesse dato per scontato che “risparmiare tempo fosse una proprietà insindacabile, un bene in assoluto”. Judy Wajcman comprese alla fine “che le cose che contano davvero nella vita non potranno mai essere quantificate né cronometrate, misurate o accellerate”.

In primo piano Francesco Alberici, autore e interprete della pièce Bidibibodibiboo” questi giorni in tournée nazionale (Fotografia di Francesco Capitani)

Questo è il contraltare di un cambiamento che silenziosamente sta mutando le modalità di produzione. Una trasformazione incardinata in una inedita disciplina del lavoro che si intreccia strettamente al profitto. In un alternarsi delle parti l’espulsione dal lavoro diventa così l’oggetto di quell’atto teatrale che Daniele intende portare a teatro.

La vicenda psicologica e personale di Piero è insomma l’occasione per raccontare a teatro una “ingiustizia” del mondo del lavoro. Il regista santa di maneggiare roba delicata e segue per questo motivo  i consigli di un avvocato (Andrea Narsi). Oltre all’avvocato sul palco la manager (Maria Ariis) manipola d’altra parte Piero (“non ti stiamo licenziando chiaro? ma ti stiamo proponendo una via d’uscita, una “exit strategy”). La stessa attrice impersona anche la madre di Piero, responsabile agli occhi del figlio, di non avergli lasciato la possibilità di seguire la sua passione per la musica. La scena viene costruita pezzo per pezzo in tempo reale dagli attori stessi che “sbucciano” cartoni d’imballaggio dai quali spuntano fuori ora un pianoforte -dove Alberici esegue un brano di Chopin-, ora un tavolo con le sedie, un lavabo e uno scaldino che replicano visivamente l’installazione di Cattelan; ma pure un frigorifero per uffici distributore di acqua e bibite.

Fin qui la prima parte. La seconda, enfatizzando il gioco del teatro nel teatro vede protagonisti  solitari due fratelli -vestiti con abiti identici- protagonisti di un inevitabile corpo a corpo. Daniele, prossimo al debutto rivela che sarà lui stesso a interpretare la figura del fratello nel ruolo di vittima della multinazionale. Ma Piero ha cambiato idea e non vuole più che la pièce sia mostrata al pubblico. Apriti cielo! La retromarcia dà vita a un serrato confronto tra i due (ma la tensione non sale d’intensità e si resta sul solco di un tranquillo recitato) che si conclude con la decisione del regista di gettare la spugna (per amore fraterno?). Al pianoforte, un (vero) pianista eseguendo musiche dal tono rarefatto in dissolvenza fa calare la temperatura. Sipario.

Francesco Alberici e Andrea Narsi in una scena dello spettacolo “Bidibibodibiboo” scritto da Alberici stesso (Fotografia Francesco De Capitani)
Francesco Alberici e Andrea Narsi in una scena dello spettacolo “Bidibibodibiboo” scritto da Alberici stesso (Fotografia di Francesco  Capitani)

Tutto qui? Sì. E no.

Quello che si è palesato davanti agli spettatori sembrebbe il racconto di una capitolazione. Fuga di entrambi i fratelli dalle proprie responsabilità motivata al fondo da un equivoco, un misunderstanding. Piero pensa che l’essere stato licenziato alla fine è stato un bene. Potrà buttarsi sulla musica allontanando i clamori mediatici sulla sua storia, paradigmatica in realtà di tanto andazzo dei nostri giorni. Questioni di calcolo, assenza di coraggio, paura per il proprio presente e futuro?.

Daniele, l’artista e l’intellettuale che con questa pièce pensava di dare un segnale di denuncia per la cancellazione dei diritti, davanti alla famiglia, alle richieste del fratello vacilla. Non sa cosa fare e forse ha paura anche lui della multinazionale. In silenzio chinerà il capo. Piero e Daniele, due “uomini senza qualità” che riflettono il proprio, tempo. Il nostro.

Un aiuto per comprendere meglio questa singolare piéce dai tanti interrogativi, potrebbe venire dalla lettura del citato saggio di Judy Wajcman. Esiste oggi una pressione del tempo che porta allo smarrimento. Le vite di ciascuno sono cioè schiacciate nell’oggi con un tale ritmo parossistico che sconvolge e disorienta. Inevitabile cercare il rifugio nella fuga, magari dedicandosi al proprio privato. Sensazioni sempre più evidenti in giorni di proliferazione di tecniche e strumenti digitali dove si avverte una generale sorta di de-privatizzazione. Furto di identità e del tempo: difficile trovare così una sintonia con gli altri che stanno intorno: amici, colleghi o parenti. Sono segni di mutamento difficili da leggere. La stessa difficoltà percepita dal regista che rinuncia alla prima teatrale perchè intuisce il disagio profondo del fratello che poi è anche il suo. Cioè quello di passare in tempi brevi da una posizione al suo contrario come accade con il movimento di una pendola che oscilla da due punti opposti. In questi personaggi si riscontra quindi la perdita d’orientamento, una diffusa percezione di precarietà, quella che un sociologo, Zygmunt Bauman, definisce tipica di una società “liquida” come è appunto la nostra, in cui gli uomini hanno una sensazione di dissolvimento e di conseguente confusione o incapacità nel dare una direzione precisa alle proprie vite.

Un attore impugna un estintore per domare un principio di incendio nella pièce teatrale “Bidibibodibiboo” (Fotografia Francesco Capitani)
Un attore impugna un estintore per domare un principio di incendio nella pièce teatrale “Bidibibodibiboo” (Fotografia di Francesco Capitani)

Inevitabile non leggere in tutto questo un esempio di alienazione della società attuale. Nei “Grundisse” (1857-1858) scritti preparatori del “Capitale”, Carl Marx osservava che l’alienazione è una lente utile per leggere i rapporti di classe: «Il dominio dei capitalisti sugli operai non è se non dominio delle condizioni di lavoro autonomizzatesi contro e di fronte al lavoratore» .

E ancora più precisamente negli stessi scritti il filosofo di Treviri sosteneva che nella società capitalistica “lo scambio generale delle attività e dei prodotti, che è diventato condizione di vita per ogni singolo individuo, il nesso che unisce l’uno all’altro, si presenta ad essi stessi estraneo, indipendente, come una cosa. Nel valore di scambio la relazione sociale tra le persone si trasforma in rapporto sociale tra cose; la capacità personale, in una capacità delle cose”.

Sul piano teatrale “Bidibibodibiboo” è un’opera dove alberga l’ironia senza presentare scosse emotive. La sensazione generale è che rimanga un po’ sulla soglia, incerta sulla strada da prendere. Il tema è ovviamente di quelli ingombranti: pone interrogativi ai quali è difficile rispondere ma riesce – forse per un solidale senso di condivisione?- a catturare in modo intelligente per oltre un’ora e trenta l’attenzione del pubblico.

Al di là di qualche carenza “Bidibibodibiboo” è quindi un atto che sollecita la riflessione collocando lo spettatore davanti a realtà scomode. E questo, già di per sé, è un fatto meritorio che conferma ancora una volta come il teatro sia una possibile zona franca per gli uomini che intendono rimanere liberi. D’altra parte nell’attuale scena tricolore non sono così tanti coloro che hanno il coraggio di rappresentare i tempi e i problemi della società in cui viviamo. Questa constatazione in questo modo fa di loro delle persone speciali degne di stima e rispetto. Impegnate sulla scena mostrano i segni del coraggio. Scusate, se di questi tempi è poco.

 

Bidibibodibiboo” visto al Teatro Massimo di Cagliari, per organizzazione Cedac. La regia e la drammaturgia sono di Francesco Alberici; aiuto regia Ermelinda Nasuto; scene Alessandro Ratti. luci Daniele Passetìri. Con Francesco Alberici in scena: Maria Ariis, Salvatore Aronica, Andrea Narsi, Daniele Turconi. Realizzazione scene e costumi Officina Scenotecnica Gli Scarti produzione Scarti Centro di Produzione Teatrale d’Innovazione in coproduzione con Piccolo Teatro di MilanoTeatro d’Europa, CSS Teatro stabile di innovazione del Friuli Venezia Giulia, Ente Autonomo Teatro Stabile di Bolzano con il sostegno de La Corte Ospitale .

Prossima rappresentazione il 26 febbraio 2025, Teatro Comunale, Pergine Valsugana

Francesco Alberici, autore e interprete principale dello spettacolo teatrale “Bidibibodibiboo” è solo al centro della scena (Fotografia di Francesco Capitani)
Francesco Alberici, autore e interprete principale dello spettacolo teatrale “Bidibibodibiboo” è solo al centro della scena (Fotografia di Francesco Capitani)
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