Esteri

Chi odia Charlie Hebdo odia il cuore dell’Europa

7 Gennaio 2015

Un giornale. Un giornale satirico e dissacrante. Una rivista che da 45 anni, dal cuore di Parigi, mette sotto tiro il potere, tira dritto dritto di fronte ai santi di ogni religione e tiene a bersaglio i fanti. Niente armi, solo la parola e il disegno. Così Charlie Hebdo è diventata un’istituzione. È una storia di uomini e donne, quella di Charlie Hebdo, e quindi non mancano gli errori, le contraddizioni, i dubbi di qualche umana debolezza e differenza di trattamento. Ci mancherebbe, nella storia e nelle sue contraddizioni ci siamo tutti.

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E però, Charlie Hebdo, la sua assenza radicale e fondativa di tabù, il suo nascere nell’alveo della sinistra francese non per fiancheggiarla, ma per punzecchiarla, restano un modello. Resta un modello la pluralità di opinioni, anche fortemente contrastanti tra loro, che maturavano all’interno della rivista e che, in modo spesso dissonante, divergente, venivano poi diffusi dalla rivista stessa. Non un giornale-chiesa, come quelli cui ci siamo tristemente abituati ma, al contrario, un giornale antidogmatico. Radicalmente. Con la Ragione a dirigere l’orchestra per conservare l’unica luce: dopotutto, sempre, quella della Libertà.

In questo contesto, la difesa strenua dei valori laici e quindi la capacità di denunciare ogni mentalità teocratica, ovunque si annidi, sono state per Charlie Hebdo una doverosa e naturale conseguenza. Restano agli annali le copertine impetose, urticanti, nei confronti di Papi, Rabbini e, naturalmente, Imam e Profeti. Restano agli annali ma non sono il cuore di quel progetto culturale: solo la necessaria conseguenza dei principi di libertà da cui quella storia cominciò.

Negli ultimi anni, mano a mano che il livello di scontro tra l’Islam radicale e la società europea si alzava, era stato proprio un certo mondo islamico e francese ad alzare la voce (e la mira) contro Charlie Hebdo. Oggi, dopo l’attentato, non possiamo tacere lo sconforto e il dolore per quelle vite spezzate. Ma non possiamo, meno che mai, abbassare la testa e la voce per la paura. Noi tutti che proviamo a fare informazione; noi tutti che proviamo a informarci; noi, in questo mondo che sempre meno distingue chi fa informazione e chi la fruisce, e sempre più favorisce lo scambio e l’osmosi tra portatori di informazioni. Mai come adesso abbiamo bisogno di credere al dovere della libertà, dell’indipendenza, del coraggio che serve per difendere chi informa e chi dà spazio ad opinioni, anche quelle che ci appaiono più fastidiose. Per questo l’attentato a Charlie Hebdo ci riguarda, tutti e da vicino.

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Tutti in piedi, a testa alta: vicino a Charlie Hebdo, in difesa dei valori per i quali, orgogliosamente, dopo tutti i totalitarismi, abbiamo deciso di chiamarci Europei.

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