Il Ticino vieta il burqa, ma non è così che si aiuta l’integrazione

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25 Novembre 2015

Il parlamento del Canton Ticino, in Svizzera, ha approvato con 56 sì, 6 no e 9 astensioni, la cosiddetta legge anti-burqa. La norma vieta la “dissimulazione del volto” per ragioni di sicurezza e ordine pubblico. Come si legge nell’intervento, del 23 novembre, di Natalia Ferrara Micocci, la modifica proposta dall’iniziativa costituzionale elaborata del 15 marzo 2011, è stata già accolta con ampio margine in votazione popolare il 22 settembre 2013. Le cittadine e i cittadini ticinesi, in misura di oltre il 65%, si sono, infatti, espressi a favore dell’introduzione nella Costituzione cantonale di un articolo che vieti la dissimulazione del viso e di una norma transitoria che ne determini l’entrata in vigore contestualmente alla nuova Legge di applicazione.

Le infrazioni saranno punite con sanzioni pecuniarie fino a diecimila franchi e il divieto riguarda anche i turisti; la legge potrebbe entrare in vigore dal mese di aprile. Una scelta, quella anti-burqa, mossa da motivazioni che, secondo la relatrice rientrano nel campo della volontà di assicurare maggiore libertà. Un divieto che genera, o perlomeno dovrebbe generare, libertà e favorire l’integrazione, perché “decidere di far mostrare il viso a qualcuno non permette più di far finta di non vederlo”.

La Legge sulla dissimulazione del volto negli spazi pubblici […] ha come scopo di preservare le condizioni fondamentali del vivere assieme, nel senso della garanzia della libera interazione sociale, quale elemento della protezione dei diritti di ciascuno e delle libertà altrui. Ossia il diritto, ma anche dovere, di ciascuno di mostrarsi, di interagire con gli altri attraverso il suo volto, e la libertà di ognuno di vedere in volto gli altri. Il divieto di dissimulare il volto persegue lo scopo di favorire l’interazione e, in questo modo, costituire una premessa per l’integrazione sociale. Non siamo solo noi a chiedere ad altri di mostrare il loro volto, anche noi ci impegniamo a guardare queste persone in faccia, cioè a dare una chance di stabilire un contatto, magari anche solo breve ma tale. […] Decidiamo che il volto deve essere libero e quella che imponiamo è perciò una libertà. E’ però anche un segnale: diciamo no a obblighi che non rispettano un’idea della libertà individuale, della parità dei sessi e della libera convivenza che riteniamo universale e perciò difendiamo. Ma, come ogni libertà che sia tale, anche quella di questa legge, fa nascere dei doveri. Fonda un divieto per altri ma anche una responsabilità per noi: decidere di far mostrare il viso a qualcuno non permette più di far finta di non vederlo. […] Vedere qualcuno è il primo modo per accoglierlo, invece di escluderlo dalla nostra società. Una lettura emarginatrice della nuova norma le toglierebbe, invece, il senso e la legittimazione ultima. […] E allora mi permetto di dire che il divieto di coprire il volto non è un’operazione di polizia, ma soprattutto di libertà.

Ma vietare alle donne musulmane di indossare burqa e niqab non è una violazione di un diritto piuttosto che un dovere responsabile del vivere democratico? La scelta di indossare burqa e niqab, peraltro, non è certamente, come appare troppo spesso agli occhi degli occidentali, una mera imposizione maschile. L’imprenditore Rachid Nekkaz, uomo d’affari francese ma di origini algerine, proponendosi di pagare tutte le eventuali multe prodotte in Ticino in futuro, come sta facendo in Belgio e in Francia, intervistato in primis dalla tv Svizzera, fa notare: “Una parte importante delle donne multate in Francia (ndr dove il divieto è già in vigore) non sono donne immigrate, bensì francesi convertite”. E continua Nekkaz, “Vogliono rimanere integrate, ma vivere e vestirsi nel modo che ritengono giusto. Cosa c’è di sbagliato in questo?”.

Intanto, la legge anti-burqa approvata in Ticino, riapre il dibattito anche nella vicina Varese, perché all’amministrazione comunale di Attilio Fontana l’iniziativa piace. Piero Galparoli, consigliere comunale di Forza Italia, aveva proposto, infatti, una mozione per proibire ogni strumento che non rende visibile il volto di una persona. La proposta anti-burqa era stata anche approvata in Consiglio comunale con i voti di Lega, Forza Italia, Udc e Nuovo centrodestra, ma non è mai stata applicata.

 

(Foto di copertina: Michał Huniewicz)

TAG: burqa, Canton Ticino, legge anti burqa, niqab, svizzera, Ticino, Varese
CAT: Integrazione

4 Commenti

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  1. mariolino 8 anni fa

    mi sembra una delle solite stupide discussioni Italiane.
    si risolve con un silogismo

    1- tutti devono rispettare la legge italiana
    2- la legge vieta coprirsi il volto in luoghi pubblici
    3- non puoi coprirti il volto.
    e facile, no?
    credo que i mussulmani sono i primi a dire in tutti i Talk show, che sono i primi a volere ubbidire la legge italiana, senza se me senza ma.
    e allora lo facciono.

    ciao

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    1. Francesco.Fabietti 8 anni fa

      In realtà la legge che si occupa della questione (L’articolo 5 della legge 22 maggio 1975, n. 152) recita:
      “È vietato l’uso di caschi protettivi, o di qualunque altro mezzo atto a rendere difficoltoso il riconoscimento della persona, in luogo pubblico o aperto al pubblico, senza giustificato motivo”e più volte é stato ribadito che, piaccia o meno, la religione costituisce valido motivo.
      Varie amministrazioni locali hanno provato a bypassare la questione con la scusa della pubblica sicurezza ma nel corso degli anni prefetti,TAR e anche il consiglio di stato hanno bloccato tutte le ordinanze.
      Se la questione quindi é “che si rispetti la legge del paese ospite” beh chi indossa un velo non la infrange.

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  2. pistis-luigi 8 anni fa

    “vogliono rimanere integrate, ma vivere e vestirsi nel modo che ritengono giusto. Cosa c’è di sbagliato in questo?” pontifica questo nekkar. C’è di sbagliato che ogni libertà ha dei limiti; se una ragazza pretende di andare a scuola in bikini o un ragazzo in perizoma e infradito gli è, a mio parere, giustamente vietato. Simili paludamenti io li vieterei non solo per ragioni di sicurezza e di ordine pubblico, ma anche per ragioni estetiche. Veder gente che circola in simili scafandri alle nostre latitudini, non è proprio un bel vedere!

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  3. umbertob 8 anni fa

    Parafrasando l’autore dell’articolo mi chiedo cosa ci sia di sbagliato nel vietarlo e quale integrazione può aiutare il consentire a una persona di girare completamente coperta rendendo impossibile qualsiasi riconoscimento. Sotto un burka può esserci chiunque, uomo, donna, persona ricercata, e possono essere nascoste armi e oggetti offensivi. E’ questa l’integrazione. L’integrazione è consentire libertà di culto nei limiti delle norme di legge e di buon senso. Il principio è sempre lo stesso, chi viene nel nostro paese deve essere disposto ad accettarne le regole, reclamare il rispetto dei diritti ma rispettare i doveri. Nessuna donna italiana si permetterebbe di girare per le strade di una paese musulmano discinta o di prendere il sole nuda sulla spiaggia. Perchè questo non dovrebbe essere reciproco? Risibile l’argomento che “Una parte importante delle donne multate in Francia non sono donne immigrate, bensì francesi convertite”. E quindi cosa cambia?

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