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Parlamento

Le rose appassiscono presto nei giardini del Quirinale

di Marco Bennici
28 Gennaio 2022

La prima rosa è sbocciata ieri mattina presto, era fatta di tre petali, più uno nascosto. A porgerla al centro-sinistra è stato un Matteo Salvini orgoglioso, sono nomi di livello, andava dicendo, mentre allungava la mano che teneva quei nomi in seno: Nordio, Moratti, Pera. Tenendosene una in serbo, la più importante, quella di colei che siede sullo scranno più alto di Palazzo Madana, Maria Elisabetta Alberti Casellati, attuale Presidente del Senato. Perché la tentazione di puntare un blitz su di lei alla quarta o quinta votazione è forte. Ma altrettanto forte è stato l’argine che hanno posto i leader del Partito Democratico e del Movimento 5 Stelle, minacciando che uno strappo del genere avrebbe fatto venire giù tutto. Sul nome della Presidente del Senato erano forti però la resistenze anche di Forza Italia e il rischio per il leader della Lega insistendo su quella strada era quello di andare a sbattere.

La seconda rosa è già aperta da qualche giorno, senza però che il segretario del PD la ostenti in maniera parimenti forzata. E’ una rosa, mai formalmente offerta, fatta di molti più petali, Draghi, Casini, Amato, Cartabia, Riccardi, Mattarella (bis). La terza rosa è piena di spine, è quella tirata fuori stamani, dopo averla tenuta dietro la schiena ieri per tutto il giorno. In molti si raccomandano di lasciarla al suo posto, ma il leader della Lega ci prova lo stesso, e con un gesto sfrontato la offre ai voti del Parlamento in seduta comune. Gli altri contendenti si girano dall’altra parte e sbattono i piedi. No, lei no, dicono in molti astenendosi dalla urne o tornando a votare scheda bianca, piuttosto che incoronare la Presidente del Senato. Di voti per lei ce ne sono solo 382 nelle ceste, e il risultato finale era atteso, considerato il fuoco di fila che si era levata già dalle prime ore di oggi nei suoi confronti.

Da oggi le sedute di voto raddoppiano, e già ce ne sono altri due in agenda anche per domani. Adesso il gioco si fa quanto mai incerto. Il centro-destra sembra avere esaurito tutte le cartucce che aveva a disposizione, però dopo la forzatura di stamani sul nome della Cesellati è molto difficile che il quadro si ricomponga su qualcuno dei nomi che ha in mente il centro-sinistra, a meno che Salvini non ammetta di essere già andato a sbattere e tenti di riportare anche Forza Italia e FdI a riconsiderare un quadro unitario. Di petali da tirare via dal fiore del Quirinale ne restano forse solo tre, e torniamo casella di partenza: Casini, Draghi, Mattarella (bis). E sarebbe il momento di concentrarsi davvero non tanto sulle doti (e gli inevitabili distinguo) dell’uno e o dell’altro, quanto sul quadro d’insieme che porterà il prossimo Capo dello Stato al Colle.

Conte Draghi elezioni Letta Mattarella quirinale salvini senato
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