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Partiti e politici

Grillo perde pezzi nella “sua” Liguria. La gestione totalitaria del M5S non paga

di Fabio Salamida
30 Gennaio 2017

«Tutti hanno il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione” (art 21 della costituzione) senza dover chiedere il consenso ad un esperto di comunicazione o ad un capo politico. Abbiamo provato a chiedere di riprendere il volo che avevamo iniziato, ma nulla ci è stato risposto, se non un vago e perentorio “il movimento è cambiato, se non ve la sentite ci sono tante altre cose da fare nella vita”. Abbiamo creduto nelle competenze e nel merito come criteri guida per individuare le persone giuste per ogni ruolo anziché le raccomandazioni o le convenienze. Avremmo potuto accettare in silenzio, ma eravamo e rimaniamo convinti che la critica costruttiva sia l’unica possibilità di crescita possibile. Avremmo potuto difendere, senza farci domande, la posizione del “partito” e dello “staff” e scegliere di solleticare la pancia della città, a discapito della consapevolezza dei nostri concittadini, ma noi non siamo né abbiamo mai voluto essere questo. Oggi sembra ci venga richiesto di raggiungere il ‘consenso’ che dà il ‘potere’ privilegiando una comunicazione da televendita, a scapito dei contenuti e della necessità di capire e approfondire».
Questo un estratto del comunicato con cui i consiglieri comunali di Genova Paolo Putti, Mauro Muscarà e Emanuela Burlando hanno lasciato il Movimento 5 Stelle, in polemica con “l’editto” di Beppe Grillo che impone a tutti gli eletti di non comunicare nulla senza l’approvazione dei responsabili della comunicazione gestiti da lui e Davide Casaleggio. I tre fuoriusciti hanno formato il gruppo “Effetto Genova”, richiamando l’esperienza dei loro colleghi di Parma e hanno ricevuto il messaggio di solidarietà del consigliere regionale ligure Francesco Battistini, che disobbedendo agli ordini del comicoleader ha rilasciato un’intervista a Repubblica dove ribadisce la sua solidarietà – già espressa con un post su Facebook – al consigliere genovese Putti: «Tutti noi, Paolo compreso, abbiamo intrapreso un sentiero che ci portava verso una direzione. Adesso il M5S, secondo me, questo sentiero lo sta abbandonando e lo ha abbandonato. Paolo invece sta continuando a camminare sulla strada giusta, Paolo sta mettendo in campo la coerenza».
Pronta la “purga” di Grillo dal “sacro blog”, dove in un post dal titolo #EffettoCadrega, ha bollato i fuoriusciti come personaggi “ancorati a una poltrona e a uno stipendio” e ha annunciato un’azione disciplinare contro il consigliere regionale: «è stata avviata la procedura per far valutare al collegio dei probi viri la condotta del consigliere regionale M5S in Liguria Battistini». Il diretto interessato, prevedendo una probabile espulsione per l’intervista incriminata, aveva già lanciato un messaggio chiaro: «Se mi cacciano, devo poter portare a termine il mio incarico».
Da Strasburgo a Genova, passando per i casi meno recenti alla Camera e al Senato e ovviamente per Parma, il partito fondato da Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio continua a perdere pezzi ovunque. la motivazione di chi esce è sempre la stessa: “il Movimento è cambiato” ed è evidente che sia così. L’esigenza di “mettere in riga” migliaia di politici improvvisati, spesso eletti con poche decine di voti di parenti e amici, ha reso necessaria una forma organizzativa, ma né Grillo né la Casaleggio Associati hanno intenzione di strutturare il partito, perché ne perderebbero il controllo assoluto. Da questo deriva una gestione sempre più “totalitaria” del Movimento e da questo derivano i tanti addii. I partiti – dipinti come la peste da Grillo e seguaci – sono spazi dove la leadersip può diventare contendibile (l’esempio più recente è Matteo Renzi) e dove possono nascere sacche di dissenso di cui tener conto. Ma una società privata che utilizza la politica come voce di bilancio di tutto questo non ha bisogno…

beppe grillo casaleggio casaleggio associati movimento 5 stelle
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