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Costume

La risposta a Bertolaso sono gli eroismi lamentosi e conformisti delle donne?

di Michele Fusco
16 Marzo 2016

Dice Laura Lepetit, fine intellettuale (co-fondatrice di Linus, per esempio, e questo la consegna direttamente alla storia) e memorabile femminista di quegli anni, che gli eroismi sono questione tutta maschile. Del suo universo necessario. Convinta evidentemente che per essere definite eroine le donne debbano fare ben altro e anche quando quel “ben altro” lo hanno fatto, evitare con cura di fregiarsi del titolo perché hanno sulle spalle qualche secolo di pudore in più. Per questa antica filosofia, diremmo fondativa, siamo davvero stupefatti di quest’orgia femminile di eroismi politicamente corretti, rivestiti da glassa conformista, che ci stanno piovendo sul capo, a noi maschi intendiamo, come pioggia acida. Soprattutto perché non ci siamo abituati, noi malinconici tenutari di gesti solo definitivi, di fughe per la vittoria, di occultamenti progressivi della dignità travestiti da bene supremo.

Per dirla come la raccontano tutti (tutti) i giornali – i quali o stanno gabbando la buona fede delle donne oppure ne sono complici – è in atto una rappresentazione paradossale della realtà, nella quale ciò che per una donna un tempo era l’assoluta normalità (perfettamente raccontata qui da Ilda Curti), oggi, per via di quella povera anima di Bertolaso che ha aperto le danze, diventa l’Eccezionale, lo Straordinario, l’Incredibile. E dunque fioccano le pagine in cui donne più o meno consapevoli, più o meno famose, ci raccontano dell’eroismo di lavorare sino all’ottavo mese, di allattare anche durante i periodi lavorativi, di badare contemporaneamente a figli e lavoro, di essere persino in buoni rapporti con un compagno che generalmente, secondo il termometro pateticamente populista di Roberto Giachetti, non avrebbe mai cambiato neppure un pannolino. Questa rivolta molto italiana, molto all’italiana se permettete, ha un suo inizio preciso (speriamo anche una fine) con le parole del fine candidato-sindaco Bertolaso Guido, che ha “invitato” Giorgia Meloni a dedicarsi soltanto al mestiere di mamma lasciando stare l’eventuale incombenza della sindacatura. Troppo faticoso, due lavori assolutamente inconciliabili, come peraltro sottolineato anche dal Capo Sgavazzatore, il quale, come racconta l’Olgetteide, ha sempre avuto per le donne un’attenzione fuori dal comune. Possiamo solo immaginare come le femministe di quel tempo avrebbero ridotto Bibì&Bibò, mentre abbiamo decisamente sotto gli occhi cosa sta succedendo ora, con una chiamata alle armi degna di miglior causa, soprattutto perché quell’Eccezionale le donne ci hanno sempre insegnato a considerarlo virtuosa normalità.

Fai la mamma e non occuparti del resto, dice l’infame provocatore, più o meno come un tempo si sollecitava a “fare la calza”, incombenza evidentemente femminile mai passata di moda. Gli inviti a dedicarsi a qualche attività, diciamo così, “laterale” rispetto al centro del mondo maschile, sono generalmente rivelatori di una subalternità culturale e antropologica, che in qualche misura nella storia ha rappresentato luminosamente la differenza di dignità e pudore tra il mondo maschile, che quell’invito rivolge con esasperata continuità, e il mondo femminile, che quell’invito non raccoglie, consapevole della sua diversità. È in questo contesto che l’esibizione di eroismi anche un po’ lamentosi, veicolati poi nella guazza politica che tutto rende sempre meno luminoso, dà il sapore amaro del conformismo, di un nuovo vestito di vecchio, di paradossale rovesciamento dei ruoli, in cui la donna che sottolinea le sue fatiche maggiori scopre il fianco a una debolezza che non le veniva riconosciuta. Mai ammessa, ma soprattutto mai opposta.

bertolaso donne giorgia meloni Roma
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