Partiti e politici
Votanti a destra, astenuti a sinistra
L’astensionismo non favorisce più il centrosinistra, ormai lo sappiamo: da almeno quattro-cinque anni, dalla vittoria di Salvini alle Europee del 2019, meno gli elettori vanno a votare, più la destra risulta vincente. Una volta, si diceva che il popolo della sinistra fosse più desideroso di partecipare, più sensibile al dovere civico. Oggi, perfino nei ballottaggi, resta invece più volentieri a casa, lasciando campo libero agli avversari. Chi non è motivato ad andare al voto in questo periodo è dunque l’elettore medio di centrosinistra.
Ma un ulteriore elemento sta rafforzando questo momento sfavorevole all’area di sinistra, qualcosa che non è più legato solamente al momento della scelta se recarsi o meno alle urne, se partecipare attivamente al voto o rimanersene a casa. Oramai l’astensionismo o l’indecisione demarcano una netta differenza tra destra e sinistra anche nelle intenzioni di voto (o non-voto) ratificate dai sondaggi. Tra gli elettori di destra, solo il cinque per cento, di spiccata provenienza Forza Italia, si definisce astensionista o incerto. Nel campo dell’opposizione, aleggia al contrario una sorta di insicurezza, indecisione, incapacità di vedersi interprete attivo della vita democratica, quanto meno attraverso l’espressione del voto.
Come se le motivazioni per inserirsi nell’agone partitico-elettorale stiano venendo meno: il sol dell’avvenire (tanto caro al Moretti dei nostri giorni) appare al popolo di sinistra, radicale o riformista che sia, un miraggio lontano, senza appigli concreti, appannato e con poche speranze, almeno nel breve periodo.
Allora, a domanda, quasi il 20% di chi si era recato alle urne lo scorso anno (e già non erano poi molti…) si dichiara oggi incerto, defezionista, possibile o probabile astensionista, disilluso dall’offerta politica presente, di certo non entusiasta di tornare presto a votare. Capisce che il clima generale sta dalla parte del centro-destra o della destra tout-court (in Italia come in molti paesi europei), che Meloni e i suoi alleati vincerebbero quasi sicuramente eventuali consultazioni elettorali da tenersi nei prossimi due-tre anni. Si rifugia quindi nello scetticismo, perfino nell’isolamento, disamorato della politica odierna ma con poche speranze anche in quella futura, nel breve-medio periodo.
Un domani più lontano, chissà. Vedremo…
Università degli Studi di Milano
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