Scuola
Ci sono alternative! Insegnare la pace a scuola
Quali comportamenti possono reagire al cantiere in corso per la scuola del futuro presso il nostro ministero dell’istruzione e del merito che ignora l’insegnamento della pace
«Se la nostra memoria collettiva non conserva che i fatti violenti, è evidente che le soluzioni che troveremo per l’oggi al problema della guerra non potranno che essere soluzioni militari. Al contrario se recupereremo dal passato le tracce di un’altra storia, di un’altra difesa, di una resistenza non militare che ha mostrato qua e là la propria efficacia nel corso dei secoli, allora il moderno discorso sulla difesa non potrà che essere radicalmente trasformato» (Jacques Semelin)
Dare uno sguardo al cantiere in corso per la scuola del futuro presso il nostro ministero dell’istruzione e del merito, potrebbe in questi tempi difficili per la causa della pace, produrci qualche sconforto.
L’associazione EIP Italia Scuola strumento di pace, invitata in audizione dalla Commissione tecnica per la definizione delle Linee di indirizzo dei nuovi curricoli ha fatto notare che nelle 154 pagine del documento Nuove Indicazioni 2025 la parola “pace” non compare neppure una volta mentre “guerra/guerre” ricorre 10 volte.
E’ solo un problema di parole?
Per superare la pura questione nominale occorre immaginare la scuola oltre il ruolo di trasmettitore di informazioni e nozioni.
Se intendiamo la scuola come un laboratorio di pensiero ecco che lo scenario cambia.
Per il più grande scienziato della pace Johan Galtung la pace non è solo l’assenza di guerra – che è una delle forme nelle quali si esprime la violenza – ma è l’assenza, e la progressiva riduzione, di ogni tipo di violenza, attraverso la trasformazione nonviolenta di tutti i conflitti.
There are alternatives! (ci sono sempre alternative!), è lo slogan felice di Galtung. Un conflitto si può trascendere, andando oltre gli obiettivi delle parti contrapposte, favorendo la formazione di obiettivi superiori, inizialmente impensabili, che non escludano nessuna delle parti in gioco.
La pace spesso corrisponde alla capacità umana di immaginare un nuovo inizio, immedesimandosi nelle ragioni dell’altro, superando gli egoismi, le pigrizie mentali, le rigidità ideologiche, attivando la creatività nel ricercare le alternative possibili, imparando, insomma, a trascendere i conflitti.
Insegnare e far sperimentare creatività a scuola è già insegnare la pace. Così come è essenziale diffondere la strumentazione del pensiero critico in grado di contrastare e superare luoghi comuni, pensieri scontati, racconti strumentali.
E’ poi decisivo vivere la scuola come laboratorio di relazioni, come luogo di sperimentazione di modalità di vita comune capaci di permettere l’espressione del conflitto come elemento connaturato alle relazioni umane e la sua gestione come elemento costruttivo e non distruttivo.
Così come vivere la scuola come officina di analisi e diffusione di comportamenti basati su un approccio cooperativo e non competitivo in un vivere insieme capace di costruire accoglienza e ascolto, agendo contro ogni nazionalismo, sessismo, razzismo che sono i veicoli della propaganda e del linguaggio bellicista.
Vi è poi una questione decisiva che è la coltivazione della memoria.
L’occasione della Giornata della memoria, il racconto dello scoppio della bomba atomica di Hiroshima e Nagasaki si prestano a costruire patrimonio condiviso di rifiuto della guerra.
Ma poi c’è la possibilità di raccontare i grandi testimoni della non violenza: Gandhi, Martin Luther King, Mandela, Aldo Capitini, Danilo Dolci, don Lorenzo Milani, don Tonino Bello. Sono tutte storie che aprono alle alternative.
Per tutti quelli che vogliono informazioni sui processi di militarizzazione della formazione scolastica in Italia è disponibile l’instancabile attività di coloro che collaborano, associazioni o singoli, all’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università (qui) con una gran quantità di dati e di esempi che rendono chiaro a chi vuole prenderne atto quanto sia presente nelle nostre scuole il “partito della guerra”.
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