“La ricchezza delle emozioni”, economia e letteratura in un libro di Scarpelli

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26 Marzo 2015

“ L’economia è il nostro destino” avvertiva  il grande intellettuale e industriale tedesco Walther Rathenau. E un vecchio adagio ricorda “chi non ha non è” a comprova che dimensione economica e proiezione esistenziale fanno spesso tutt’uno nella nostra occasione terrena. Già Thomas Piketty nel suo “Il capitale nel XXI secolo” che tanto successo ha avuto l’anno scorso faceva  notare, con l’aiuto dello studio delle serie storie statistiche e precisi riferimenti a opere letterarie, che ciò che sta accadendo oggi  in termini di accumulazione delle ricchezze in pochissime mani è già successo ai tempi di Balzac e di Jane Austen. Ai romanzi dei due autori e di altri, alla società patrimoniale classica del XIX secolo, Piketty dedica un  capitolo del suo lavoro allo scopo di sottolineare le sorprendenti analogie con la nostra epoca..

Adesso giunge  questo libro appena uscito in libreria di Giandomenico Scarpelli dal titolo formidabile quanto preciso “La ricchezza delle emozioni. Economia e finanza nei capolavori della letteratura” (Carocci, Roma  2015) che si pone come ambizioso e temerario obiettivo, con “qualche pretesa di completezza”, di repertare tutti quei luoghi della letteratura occidentale degli ultimi tre secoli ove la “scienza triste” dell’economia trova il modo di dire la propria giocando nella vita dei protagonisti dei romanzi con la stessa forza di un’agnizione.

Invero è un tour de force notevole questo libro di Scarpelli che addensa in dodici capitoli le tematiche economiche – cito a spaglio: dalle leggi e il metodo dell’economia alle forme di mercato e la determinazione dei prezzi; dal lavoro, la produzione e il progresso tecnico alla determinazione dei salari e la distribuzione della ricchezza e del reddito; dal liberismo e protezionismo alla moneta, speculazione, imposte ecc., -riuscendo a trovare per ogni argomento,  un dialogo di romanzo, un’osservazione di una voce narrante,  un riscontro in un altro testo letterario o in una dottrina economica, talché tutto il libro è un’ariosa sarabanda tra  Verga e Thomas Mann, De Foe metà romanziere e metà uomo d’affari per parte sua,  i “Viceré” di De Roberto e i mercantilisti e i fisiocratici, le “Anime morte” di Gogol’ e “La ricchezza delle nazioni” di Smith nonché “Tempi difficili”  di Dickens, i trattati di economia politica di J. S. Mill  e le osservazioni dubbiose di Tolstoj o quelle cachinnanti di Dostoevskij ecc.  Centinaia di romanzi e romanzieri, economisti e teorie economiche radunati in questo libro che sembra una vociferante valle di Giosafat ove tutti, letterati e romanzieri, scoprono di aver  parlato in vita e nelle loro opere delle stesse cose con modulazioni espressive diverse e con minore o maggiore grado di precisione, spesso i letterati anticipando le intuizioni degli economisti e questi ultimi utilizzando il lavoro dei letterati per chiarire i propri assiomi, asseverando  il vecchio motto che nel mondo dei libri e degli uomini tout se tient.

Ma il pregio principale del volume, oltre alla passione equamente distribuita tra letteratura ed economia, è la chiarezza espositiva, la leggerezza del tratto redazionale, l’ispirazione di fondo che è “di servizio” di dare ossia precisi ragguagli sul dibattito economico tuttora in corso,  la capacità di uncinare il lettore che provenendo dagli studi economici forse ha trascurato quelli letterari tanto quanto  i lettori di romanzi hanno ignorato le dottrine economiche; un felice invito a coniugare l’esprit de géometrie dell’economia con l’esprit de finesse della letteratura, risorse di cui abbiamo estremo bisogno in questi anni convulsi di una crisi della quale non si vede mai la fine.   Dopotutto letteratura e scienza economica hanno più di un punto di contatto: uno potrebbe essere che entrambe ci dicono esattamente chi siamo e dove ci troviamo (descrizione) ma poco possono dirci su che cosa esattamente ci accadrà (prescrizione) o, come è detto nel libro, danno alle nostre interrogazioni risposte “corrette ma inutilizzabili”. Ma sono le domande quelle che contano e il libro zampilla di questioni non chiuse sia nella dottrina economica come nei dialoghi dei protagonisti dei romanzi, una per tutte quella che riguarda i poteri  da “mago favoloso” – come dice ironicamente un personaggio gogoliano – assegnato alla “mano invisibile” di Adam Smith.

Un libro che suggerirei a  tutti quei manager o duri uomini d’azienda che ritengono sconveniente farsi sorprendere con un romanzo in mano, ritenendolo forse un genere letterario di esclusiva pertinenza delle signorine e non uno straordinario scrigno di conoscenze, anche economiche, come Scarpelli ampiamente dimostra con dovizia di particolari e sorprendente capacità di cogliere squisiti dettagli anche in opere minori come  il romanzo “Shirley” di Charlotte Brontë, che francamente ignoravo,  ove l’autore cattura questa osservazione che ha  l’incisività di un aforisma: «Tutti gli uomini, presi singolarmente, sono più o meno egoisti: presi per categorie lo sono ancor più. Mercanti e imprenditori britannici non fanno eccezione, bensì confermano la regola in modo sorprendente». E rivolta alle nostre corporazioni italiane sembra una massima scolpita nel marmo.

Giandomenico Scarpelli – leggo in quarta di copertina – è un dirigente della Banca d’Italia. Consola apprendere che anche nella confusa e arruffata  Italia esistono individui che sanno muoversi con uguale destrezza tra le cifre come tra  le lettere. Nell’Europa fredda s’è insediata  da tempo una Bildungsbürgertum, una borghesia colta  che, per esempio in Francia, fece la fortuna degli Impressionisti, i cui quadri vennero acquistati a man bassa da funzionari del Ministero delle Finanze; nella Germania anseatica di Thomas Mann i protagonisti dei suoi romanzi venivano colti nel tormento tra il commercio delle granaglie e l’angoscia instillata dalla musica, e infine nella Cacania di Musil dell’ “Uomo senza qualità”, Arnheim, il brillante deuteragonista ispirato alla figura di Rathenau,  vi  è definito come un misto di “anima e di prezzo del carbone”. A cos’altro potrebbe aspirare un individuo se non alla letteratura e all’economia congiunte in un’unica mente per raggiungere una lacerante completezza – perché in fondo si tratta di attrarre a sé delle forze che in altri sono totalmente divaricanti-, in cui il denaro e l’anima, la sensibilità e il calcolo,  possano premere con uguale cogenza?

TAG: Balzac, Dostoevskij, Economia politica, Giovanni Verga, moneta, Tolstoj
CAT: Letteratura

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