Marco Missiroli: “il mio romanzo sull’intimità, in un Paese conservatore”

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20 Giugno 2015

Ci sono libri che si fanno leggere con naturalezza, libri che smuovono le viscere. Atti osceni in luogo privato è uno di questi. Marco Missiroli, scrittore trentaquattrenne originario di Rimini trapiantato a Milano, ha costruito la storia di Libero Marsell, giovane italo parigino degli anni settanta, solo in una ventina di giorni; l’ha scritta velocemente, istintivamente, e si legge nello stesso modo. “E’ un libro autentico”, il percorso di crescita di un adolescente, insicuro e ferito dalla separazione dei suoi genitori, che insegue se stesso. Quella di Libero è una corsa ricca di ostacoli, probabilmente incompiuta, ma anche per questo vera. Un viaggio nell’eros e con l’eros di un giovane timido e impaziente, che si muove tra Parigi, New York e Milano, tre città che scandiscono i momenti della sua vita, come e quanto i tre libri che lo guidano, Il deserto dei Tartari, Lo straniero e Mentre morivo. C’è molto nel quinto libro di Missiroli, c’è la letteratura, la solitudine, la paura e la voglia giovanile di perdersi nel sesso e nell’amore; c’è la passione, la gelosia e lo strazio, e infine il sentimento, la vita a due. “Libero sposerà Anna per amore, e per come scopa. Oltre l’eros, oltre la sua insuperabile attitudine a farlo sentire vivo, le ha chiesto la mano un giorno di settembre per avergli restituito il nome”, ma si sa, chi conosce l’inquietudine, difficilmente riesce ad abbandonarla.

Incipit

“Avevo dodici anni e un mese, mamma riempiva i piatti di cappelletti e raccontava di come l’utero sia il principio della modernità. Versò il brodo di gallina e disse – Impariamo dalla Francia con le sue ondate di suffragette che hanno liberalizzato le coscienze. – E i pompini. La crepa fu questa. Mio padre che soffiava sul cucchiaio mentre sentenziava: e i pompini. Mamma lo fissò, Non ti azzardare più davanti al bambino, le sfuggì il sorriso triste. Lui continuò a raffreddare i cappelletti e aggiunse – Sono una delle meraviglie del cosmo”.

©valentinavasi

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L’immagine di copertina del tuo libro è evocativa, rimanda alla sessualità senza troppi indugi. Perché l’hai scelta?

L’ho scelta perché fa parte del romanzo e perché rappresenta una piccola parte del suo spirito, quella sessualità esibita, ma mai volgare, nuda, ma mai esagerata, naturale. Nel momento stesso in cui Libero Marsell, il protagonista del libro, vede questa fotografia (ndr di Erwin Blumenfeld “Holy Cross – in hoc signo vince”) al Moma di New York capisce che non vuole più consumare “corpi carnali” ma desidera “corpi sentimentali”. E’ un passaggio fondamentale per lui.

Atti osceni in luogo privato è un viaggio nella vita di un ragazzo che diviene uomo, scoprendo se stesso e il mondo attraverso l’erotismo. Quanto influisce il sesso nella costruzione dell’Io e nel rapporto con gli altri secondo te?

Il sesso è fondamentale, chi lo nega è perché non lo fa, perché non ha quel codice di trasmissione. La parte erotica nella crescita è importantissima e le reazioni che nascono dal non viverla o invece sperimentandola sono significative nella vita di una persona. Questo non è un romanzo sul sesso, ma attraverso il sesso. Libero vive tutto attraverso questa lente d’ingrandimento, perché all’inizio non ce l’ha, e come tutte le cose che sfuggono anche questa diventa grande e importante per capire. Non si tratta tanto della sessualità ma di uno sguardo, il suo.

Il protagonista perde la “verginità dell’anima” quando prende coscienza della crisi sentimentale dei suoi genitori in modo diretto, quasi violento. Quanto questo momento influenzerà il suo rapporto con le donne?

Per lui quella è una cosa totale, una ferita che deve riparare attraverso il femminile che rincontra. In casi come questi, una persona ha due tipologie di comportamenti potenzialmente attuabili: un’aggressività nei confronti delle donne per riscattare la ferita che tua madre ti ha causato, oppure una curiosità per ripararla quella ferita. Libero sceglie la seconda, diventa un uomo curioso delle donne, non le conosce, ma riesce a introiettarle, attraverso una rincorsa felice e timida verso di loro. Questa è un po’ la chiave del romanzo. E’ un libro nudo, molto diretto, a volte duro, ma la vita è così. Se ci mettessimo a raccontare ciò che avviene nel nostro privato, verrebbe fuori, seppur con sfumature diverse, tutto questo. Inoltre, la percezione maschile a volte è ancora più diretta di quella femminile.

Sono tanti i passaggi in cui il sesso e la sua immaginazione travolgono il lettore. Con eleganza affronti argomenti che, se non riguardano gli altri, ancora oggi per alcuni sono tabù. Accettiamo la quotidiana volgarizzazione dei corpi ma non abbiamo il coraggio di misurarci liberamente con la sessualità e l’educazione alla sessualità. Perché accade questo? 

E’ verissimo, per me incredibile. Non si ha paura della volgarità, ma dell’intimità. Atti osceni in luogo privato è un romanzo sull’intimità. Sembra che abbia urlato chissà che cosa, mentre 50 sfumature di grigio o altre cose più dozzinali sul sesso, da molti, vengono viste come di costume. Il mio libro è stato visto, non dico con scandalo, ma sicuramente con stupore, come troppo diretto. Viviamo in un paese conservatore. La mentalità è ancora chiusa.

Gli atti osceni di Libero sono quelli che permettono al ragazzo, con fatica, di sviluppare la sua personalissima etica non curante della morale comune. Cosa sono gli atti osceni per te? 

Gli atti osceni in luogo pubblico li conosciamo tutti e rispondono ad un codice chiaro di offesa nei confronti di chi guarda, quelli in luogo privato sostanzialmente non esistono, ammesso che non si considerino le violenze. Però, nella sessualità, l’atto osceno in luogo privato, se c’è, è consensuale, allora diventa quello che per noi stessi è osceno, in base all’educazione che abbiamo avuto. Per un ragazzo che perde la verginità a vent’anni guardare una donna che cammina davanti a sé e guardarle il sedere diventa quasi un atto osceno in luogo privato, perché non è abituato, ma per un altro che invece l’ha persa a quattordici anni vedere una persona che cammina davanti a sé, è solo vedere una persona, anche se le guarda il culo. E’ tutto molto relativo, per questo gli atti osceni di Libero, in realtà, possono essere relativissimi, dal tradimento della donna in discoteca a New York, al dare uno sguardo alla desiderata amica Marie. E’ un discorso di percezione soggettiva. Per me gli atti osceni sono le piccole libertà e le felicità che ognuno di noi si concede sbattendosene del giudizio degli altri.

E per il tuo personaggio qual è l’atto osceno più significativo nel suo percorso di crescita?

La masturbazione. O meglio, l’immaginazione usata nella masturbazione.

Scrivi: “Passavo dalla prima persona singolare alla prima persona plurale”. Cosa intendi per prima persona plurale?

Il noi. Il legame. L’Io diventa Noi. Il mio personaggio vive le fragilità, gli amori, i legami e tutto il resto.

Quindi non vale più la regola secondo cui per star bene con gli altri si debba prima stare bene con se stessi?

Non è un personaggio equilibrato Libero. Molti ne hanno scritto diversamente, descrivendolo come uno a cui va tutto bene nella vita, in realtà io non lo trovo per niente un soggetto in equilibrio nella vita, ma è in bilico. Se non ci sono gli altri, lui non sta bene da solo e non ha un baricentro autosufficiente. Ha sempre bisogno di qualcosa, una letteratura, una persona, un cane. Non è vero che è un perfettino, ma è molto insicuro invece e viene portato a destra e a sinistra dai venti della vita. Stare bene con se stessi è fondamentale, lui sta cercando di farlo, di diventare se stesso e ce la farà solo in parte. Sfiora sempre l’abisso, non è mai a posto e comunque bisogna vedere cosa succede dopo, il libro finisce che ha solo trentacinque anni.

Perché hai scritto il libro in prima persona?

Era l’unico modo. Se non hai la prima persona manca quel grado di intimità che devi avere con il lettore ma anche con il personaggio mentre scrivi il libro.

Quanto c’era e quanto c’è oggi di Marco in Libero?

Un cinquanta per cento. Questa è la risposta giusta. Molti credono sia un libro autobiografico, non lo è, ma comunque è buon sintomo perché vuol dire che lo sentono come autentico. L’ho scritto “di pancia” questo libro.

Oggi attraverso il sesso si vende. Non ci hai mai veramente pensato?

Il problema è che io ho scritto il libro più autentico dei miei nella fase più inautentica della narrativa per quanto riguarda l’eros. Se l’avessi scritto prima di 50 sfumature di grigio, nessuno avrebbe detto che il mio era un libro furbo. Invece, adesso Atti osceni viene calato in questa sorta di contesto ormai ben preciso, per cui, non l’ho di certo scritto in un momento facile da questo punto di vista, e prima di pubblicarlo c’ho pensato mille volte. E’ un romanzo molto intimo. L’unica cosa che mi infastidisce è quando mi dicono che è un romanzo furbo, perché non lo è, è quello più vero e autentico che ho scritto, è spontaneo. Non ho pensato una volta di scrivere le cose che ho scritto. Le ho scritte direttamente, non le ho mai premeditate.

Perché non hai partecipato al Premio Strega 2015?

Perché io e il mio editore (ndr Feltrinelli) abbiamo pensato che Atti osceni in luogo privato non fosse il libro giusto. E poi non mi sono soffermato su questa possibilità, ho solo scritto il mio libro. Certo, sarebbe bellissimo se vivessimo in un paese in cui un romanzo con queste caratteristiche e questi contenuti fosse adatto alla partecipazione ad un premio di così grande valore.

©valentinavasi

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TAG: Atti osceni in luogo privato, eros, feltrinelli, libri, Marco Missiroli, premio strega, sesso, sessualità
CAT: Letteratura

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