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Bioetica

La coscienza del fine vita

di Monica Mandico
8 Aprile 2017

Negli ultimi tempi, il dibattito sul tema del testamento biologico o DAT (disposizioni anticipate di trattamento) si è di nuovo acceso. Dopo anni di discussioni, progetti di legge, battaglie legali e quant’altro, in parlamento si affrontano ancora le molte perplessità che bloccano l’approvazione di questa necessaria legge che tuteli in maniera incontrovertibile il diritto dell’uomo all’autodeterminazione.
Ricordiamo che un biotestamento rappresenta la possibilità per una persona (il testatore), ancora nel pieno delle proprie facoltà mentali, di predisporre la volontà di accettare o rifiutare trattamenti sanitari proposti ( il consenso informato), nel caso in cui dovesse subentrare, conseguentemente a malattie o lesioni traumatiche cerebrali irreversibili o invalidanti, malattie che costringano a trattamenti permanenti con macchine o sistemi artificiali che impediscano una sia pur minima vita di relazione, un’incapacità mentale.
Nonostante, come già accennato, sia al vaglio dell’Assemblea della Camera dei Deputati, il disegno di legge C. 1142-A e abb. che consta di 6 articoli e che contiene norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento, in Italia continua ad esserci un vuoto legislativo che sembra difficile colmare sul tema delle volontà individuali per affrontare fasi terminali di malattie invalidanti. Gli eventi mediatici che si sono susseguiti negli anni, il caso Welby, Englaro e in ultimo quello di Fabiano Antoniani da tutti conosciuto come Dj Fabo, hanno smosso nuovamente il terreno impervio del “fine vita”.
Le coscienze sembrano di nuovo scosse, ma dovrebbero esserlo soprattutto quelle di coloro che dovrebbero tutelare i diritti umani sanciti dalle più autorevoli fonti del diritto nazionali e sovranazionali ( La Costituzione, La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea – carta di Nizza, La Convenzione sui diritti umani e la biomedicina, firmata a Oviedo il 4 aprile 1997).
Sul tema ha riscosso grande successo di partecipazione il convegno sul testamento biologico organizzato il 25 marzo scorso a Napoli dall’Associazione “ Divorzio al Volo”, che capeggiata dall’avvocato Rosanna Buonanno, insieme agli altri avvocati fondatori, sta sostenendo il cammino del DAT verso l’approvazione legislativa. A tal fine al convegno è intervenuto Beppino Englaro, padre di Eluana, che ricordiamo dovette affrontare in stato vegetativo undici anni di processi, quindici sentenze della magistratura italiana e una della Corte Europea, l’opposizione del governo, le manifestazioni e gli appelli di numerose associazioni, in gran parte cattoliche prima di vedere riconosciuto il proprio diritto all’autodeterminazione.
Da me intervistato, Beppino Englaro così dichiara: «All’epoca di Eluana ho trovato il deserto, ma la proposta attuale è ben impostata e ci sono tutte le premesse per fare una buona legge sull’autodeterminazione. Eluana aveva chiare le proprie volontà nel caso di un’eventualità come quella che l’ha purtroppo colpita. La risposta sulla dibattuta questione dell’alimentazione e dell’idratazione sempre dovute è stata data a mio parere dalle associazioni scientifiche tanto nazionali quanto internazionali, poi l’ultima parola spetta alla persona e non al medico. E’ chiaro che ci deve essere il dialogo, ma vale ciò che la persona interessata esige o ritiene giusto in base ai propri convincimenti, ovviamente nei limiti della ragionevolezza».
Il confronto durante il convegno ha consentito di approfondire temi e diversi punti di vista, non solo sul piano tecnico-giuridico, ma anche sulle implicazioni etiche della questione. Per l’avvocata Rosanna Buonanno «l’associazione Divorzio al volo intende proseguire sulla strada tracciata, con l’approfondimento e il dialogo aperto su temi di particolare importanza per il diritto di famiglia. Fermo restando la propria funzione specialistica, l’avvocato può e deve accettare la sfida del cambiamento ed aprirsi ad un confronto sociale esteso in un ruolo sempre più ampio, sebbene sempre coerente con i sedimentati valori dell’avvocatura tutta».

legge monica mandico testamento biologico
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