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Partiti e politici

C’è differenza tra le intercettazioni di Berlusconi e le gallery di gattini?

di Jacopo Tondelli
5 Marzo 2015

Per un attimo abbiamo avuto un dubbio: il dubbio di aver perso la memoria, di trovarci in un passato che non passa, come è capitato al povero professore Pierdante Piccioni, che dopo molti mesi di coma si è svegliato serbando ricordi retrodatati solo fino al 2001. Oppure, per esagerare, come capitò nella grandiosa epica picaresca di Non ci resta che piangere, dove i nostri eroi della commedia all’italiana si svegliavano a Frittole, nel 1492, anno di grazia in cui si poteva perfino sperare di sventare, ancora per qualche mese, la scoperta dell’America. Solo che per nostra fortuna non eravamo nel coma dopo un trauma, né nel cuore di una storia che ha fatto la storia del nostro immaginario cinematografico. Era invece davvero un giorno del 2015, e aprivamo i principali giornali italiani, e leggevamo una nuova infornata di intercettazioni colate fuori dagli uffici giudiziari di Bari. Si parlano Berlusconi e Tarantini, in quei carteggi, e si parlano la lingua che ormai sappiamo. “Ho due bambine” (nel testo si legge poi che entrambe erano maggiorenni), “le mando un angioletto contro la strega (quella del colpo, ndr)”, e via via, sempre più giù. Lungo sentieri che, ormai, conosciamo bene, perché per anni li abbiamo seguiti, volenti o nolenti, scandalizzati o no, perché riguardavano la vita privata del più potente uomo politico italiano, mentre governava il paese dentro a una crisi economica epocale.

Ognuno, allora, si fece la sua legittima opinione, legittima, naturalmente, purché formatesi in buona fede. C’era chi riteneva che lo scandalo privato solo privato non fosse e, anche prima di arrivare a ipotizzare e provare fatti di reato, un uso così spregiudicato della propria libertà non fosse compatibile con il ruolo ricoperto e le responsabilità connesse. C’era chi, invece, riteneva che la libertà del cittadino Berlusconi fosse il bene primario, perché tutelando lui ci tutelavamo anche noi. C’era chi riteneva che i giornali stavano solo facendo il loro dovere, e chi invece argomentava che il nostro lavoro non è solo pubblicare brogliacci di procura. Sia come sia, tutte quelle vicende contribuirono alla costante e definitiva erosione della presa di Berlusconi sul palazzo e sul paese che governava, fino a che Mario Monti fu incaricato premier. Non rimpiangiamo certo l’epoca dell’inazione pubblica e dell’interesse privato di Berlusconi, anche se vorremmo un confronto sereno, col distacco degli storici, su quali interessi portarono a un cambio di passo, e secondo quali modalità. Un confronto franco sul significato della parola democrazia.

Ma il punto, oggi, non è questo. Oggi siamo davanti all’ennesimo leak di materiale giudiziario su Berlusconi, materiale a sfondo sessuale, che non rivela nulla di nuovo nè niente di ulteriormente rilevante. Tanto più che un’epoca è (fortunatamente) finita, e i destini di quel passato sono già scritti, in attesa di un giudizio – appunto – storicamente e culturalmente maturo. Non ne sappiamo più di ieri, oggi, se non che Berlusconi aveva un problema e “amici” improbabili assai pronti a vivere del suo problema. Era indegno di governare? Era legittimo che facesse quel che voleva con le ragazze che gli portava Tarantini? Torniamo alle legittime opinioni di cui prima dicevamo, senza aggiungere nulla. E insomma, perché torniamo a parlarne, perché per i giornali questa vecchia, ritrita storia, è ancora così importante? Perché un’industria in crisi non sa come vendere copie e come fare click. Non è funzione civile, non è missione deontologica. È un tentativo un po’ così di portare a casa la pagnotta. Come mettere le fotogallery dei gattini o quelle (perché no) delle Olgettine mezze nude. Diciamocelo, e poi, per favore, parliamo del presente e del futuro. Fanno meno click, forse, ma sono più importanti.

intercettazioni silvio berlusconi
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